Guardando le immagini in arrivo da Tirana, la memoria va subito alla tragica morte dell’afroamericano George Floyd. In seguito, milioni sono scese in piazza a manifestare al grido di Black Lives Matter in tutte le città americane. Ci risiamo, stavolta in Europa, e in un paese molto vicino a noi, l’Albania.
La vicenda
La vittima in questo caso si chiama Klodian Rasha, un giovane albanese di 25 anni ucciso barbaramente nella capitale per aver violato le misure di coprifuoco in vigore in tutto il paese per contrastare la pandemia da Covid-19. Secondo la polizia il ragazzo avrebbe reagito in modo violento disobbedendo agli ordini. Queste dichiarazioni hanno da subito fatto discutere ed infiammato gli animi; e l’agente coinvolto è stato da lì a poco arrestato.
L’Albania non è nuova a violenze di questo genere, ma stavolta sembra si stia muovendo qualcosa. Da subito migliaia di persone sono scese nelle piazze delle principali città in segno di protesta, invocando giustizia per il giovane e scontrandosi violentemente con la polizia, che ha risposto con i lacrimogeni.
Gli alberi di Natale e gli addobbi che hanno per pochi giorni decorato le città sono stati distrutti, messi alle fiamme in segno di protesta concreta, con la speranza di mandare un messaggio forte a quella politica che dalla caduta del regime comunista si è dimostrata il più delle volte fallimentare e liberticida. Non sembra esserci spazio per le festività in un’atmosfera già tesa a causa della pandemia. Intanto il clima non sembra distendersi, attirando anche l’attenzione dei media internazionali.
Le colpe della politica
Si chiedono le dimissioni dei vertici politici e si scopre, notizia di poche ore fa, che il ministro dell’Interno Sander Lleshaj si è dimesso. Il risultato ottenuto, però, non sembra bastare, con le manifestazioni che continuano, soprattutto di fronte agli edifici governativi.
Oggi Klodian, domani io e te.
Slogan
Le immagini e soprattutto i video che mostrano la violenza delle forze dell’ordine hanno fatto subito il giro della rete, indignando i milioni di albanesi residenti all’estero e non solo.
Il premier Rama, di ritorno da New York in seguito ad un incontro con i vertici della Pfizer al fine di portare il vaccino anti-Coronavirus nel paese, è divenuto il bersaglio principale, perché ritenuto colpevole indiretto dell’accaduto. Il primo ministro ha subito condannato il gesto dell’agente ma questo non ha di certo consolato i manifestanti.
Negli ultimi sette anni del governo Rama, leader del partito socialista, sono stati fatti molti passi in avanti, ma la corruzione, la formazione inadeguata e l’eccessiva aggressività delle forze di polizia sono problemi ancora troppo presenti e difficili da sradicare. Da anni ormai, per ricoprire certe posizioni, basta affidarsi, a quanto pare, a conoscenze, ad amici, magari in cambio di qualche favore. Certi vizi sono duri a morire.
Com’era prevedibile, questo ha portato e porta tuttora uomini senza nessuna formazione e facilmente corruttibili a vestirsi di una divisa, la stessa che in queste ore si sta bagnando di sangue e che sembra autorizzare a commettere inaudite violenze.
Il fallimento di una democrazia
Sono i giovani ad essere in prima fila, ad esigere delle libertà che altrove, poco lontano, sono garantite. Gridano, stanchi di un sistema politico marcio alle radici che costringe in molti ad abbandonare le proprie famiglie in cerca di un futuro migliore. Oggi come trent’anni fa: allora si chiedeva a gran voce la caduta del regime di Ramiz Alia e l’aiuto dell’Europa per diventare, dopo quasi cinquant’anni di feroce dittatura, una democrazia stabile.
Le elezioni libere, così fortemente volute, ci sono state e hanno introdotto il pluralismo politico, ma purtroppo la democrazia è sempre stata fragile e vulnerabile nel paese. In molti hanno semplicemente cambiato bandiera politica rinnegando la falce e il martello pur di mantenere saldo il potere. A pagarne le spese le migliaia di famiglie illuse da una libertà solo apparente.
Dagli anni ‘90 il paese non vive più isolato dal mondo, ma la gente parte senza fare più ritorno e la classe politica si dimostra anno dopo anno inesperta ed incapace di affrontare le nuove sfide di un processo di transizione che pare non ancora completo.
L’educazione alla democrazia sembra non aver portato i frutti sperati in un paese a lungo estraneo ad ogni forma di libertà e con un costante abuso di potere. Gli episodi di queste ore non sono altro che i sintomi di problematiche profondamente radicate nella società albanese.
Verso una nuova Albania
Ricordiamo che da qualche anno l’Albania è candidata a entrare nell’Unione Europea, ma forse è meglio che rimanga tale. Alla sua adesione si era recentemente opposta la Francia di Emmanuel Macron e in quell’occasione lo stesso premier Rama si era detto sorpreso e dispiaciuto da tale esito.
Le vicende a cui assistiamo ci mostrano uno stato ancora troppo debole, politicamente instabile e con scarsa fiducia delle istituzioni. L’appoggio al governo attuale è ai minimi storici e forse, incrociando le dita insieme a chi si è opposto alla violenza della polizia, è la volta buona per un cambiamento concreto.
La speranza è che una nuova Albania possa nascere secondo principi più democratici e sotto il segno dei giovani che conoscono bene le realtà europee, da sempre modello da seguire e sogno di un intero popolo.
Jon Mucogllava
(In copertina Reuters)