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Quando giornalismo fa rima con sessismo

Giornalismo sessismo 3

Ogni giorno ci troviamo davanti a numerosi articoli di vario genere provenienti da qualsiasi tipo di giornale, cartaceo o online, ma quanti di questi hanno inconsapevolmente (o forse no) uno sfondo sessista?


Durante la settimana dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne ho deciso di analizzare tutti i principali giornali italiani, cartacei e online. Volevo vedere se, anche durante un periodo così importante, l’attenzione nei confronti delle parole fosse bassa come quella tenuta tutto il resto dell’anno.

Lunedì 23 novembre

Allarme al Bo a Padova: decine di ragazze tempestate via chat da messaggi hot (Il mattino di Padova)

Qui il discorso è breve. Alle ragazze in questione non arrivavano messaggi hot, ricevevano delle molestie. Le cose vanno chiamate con il loro nome, non si deve sminuire e sottovalutare un gesto del genere.

Rischiamo di fare una confusione non di poco conto. I messaggi hot si ricevono se entrambe le persone sono consapevoli e consenzienti della situazione. Le molestie arrivano solo da una parte e non provocano imbarazzo, ma forte disagio.

Sofia Richie fa la maialina in mezzo all’oceano (Tgcom24)

C’è poco da commentare. Il giornale in questione ha, dopo poco, cambiato il titolo, ma senza ricevere la grazia da parte del pubblico. Paragonare una donna a una maialina solo perché ci gioca insieme è un’offesa che dei bambini delle elementari riterrebbero infantile.

Il titolo in questione, tra l’altro, non rimanda minimamente al contesto che Sofia Richie stava vivendo. Ossia un momento di relax, su una spiaggia, in compagnia di quei simpatici animali.


Martedì 24 novembre

La ragazza stuprata da Genovese è stata ingenua (Libero)

Arriviamo all’articolo clou dell’analisi. Lo scalpore che Vittorio Feltri provoca con le sue parole non lo ritengo mai abbastanza considerevole. Parliamo di un cavallo di razza del giornalismo becero e sterile, Vittorio Feltri sa come far parlare di sé e sa come scrivere un articolo senza rigore e dignità. Ma analizziamo il pezzo in questione. Basterebbe il titolo, direte voi, e avete ragione. Io però voglio farvi conoscere cosa racchiude quel titolo, cercando di essere il più sintetico possibile.

Cito testualmente:

“Questo stile di vita notturna è abituale […]. Ciò che fa schifo nella sua condotta è l’abuso della micidiale polverina bianca” e “Chi si incammina sulle piste della coca perde la coscienza e la capacità di autogestirsi”.

Vittorio Feltri

Mi soffermo prima su queste frasi perché racchiudono il pensiero di Feltri sulla questione, cioè che la colpa di tutto sia da imputare alla cocaina. Sarò schietto: Alberto Genovese ha stuprato quella ragazza, così come tante altre, perché Alberto Genovese è prima di tutto uno stupratore.

Poi, dopo essere uno stupratore, è anche un drogato. Mettere la droga in primo piano, renderla protagonista della storia, giustifica indirettamente qualsiasi comportamento dello stupratore. Sminuisce la gravità del gesto in maniera infima e irrispettosa nei confronti della vittima. Santifica uno stupratore che prima di essere definito tale “va detto che…”. Ecco, il “va detto che…” non deve mai più esistere.

Quanto alla povera Michela mi domando: entrando in camera da letto cosa pensava di andare a fare, a recitare il rosario? Non ha sospettato che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele?

Vittorio Feltri

Ancora una volta notiamo che la cultura delle parole non è tra i pregi di Vittorio Feltri. “Senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele”, perché sì, Michela, come tutte le donne chiariamoci, non ha libertà d’azione. Tu sei il proprietario di casa? Tu decidi come, dove e soprattutto quando far finire l’abuso che stai compiendo nei miei confronti. E questo noi non possiamo più accettarlo.

Leosini, una leonessa nella gabbia della Rai (Libero)

Oggi Libero ottiene il bottino pieno. Si parla dell’intervista che Franca Leosini ha organizzato per il suo programma Storie maledette e che sarebbe dovuta andare in onda il 22 novembre. L’intervistato era Luca Varani, lo sfregiatore che nel 2013 ha gettato dell’acido sul viso della deputata di Italia Viva Lucia Annibali. Un’intervista del genere, pianificata proprio durante la settimana contro la violenza sulle donne, è evidentemente un passo falso da parte della Rai, che ha infatti cambiato la programmazione.

Non è di questo avviso Libero che afferma:

Bisogna denunciare gli orrori della cronaca nera.

Francesco Specchia, Libero

Ma certo, caro Libero, il problema è che denunciare non significa dare voce ai carnefici. La Cassazione si è espressa addirittura dicendo che Varani non mostrò il minimo senso di colpa per quello che fece. Come si può, mi chiedo, dare voce a una persona del genere dopo una sentenza? Lucia Annibali si è sentita chiaramente messa da parte, non considerata la vera protagonista della storia.

Vorrei confutare infine le ultime frasi dell’articolo. Francesco Specchia scrive:

Se non avessero reso noti i dettagli sui preti pedofili non ci sarebbe stato il caso Spotlight; se non si fossero rivelate con fastidiosa precisione le sevizie sul corpo di un ragazzo morto in una stazione dei carabinieri non ci sarebbe stato il caso Cucchi

Francesco Specchia, Libero

Il signor Specchia però non dice che, per quanto riguarda questi casi specifici, i dettagli e le interviste erano fondamentali per poi far uscire fuori un caso giudiziario e le diverse sentenze a seguire. Le interviste, le domande ai preti e ai carabinieri in questione servivano perché quelle storie erano sotto un cumulo di polvere. Il caso Varani-Annibali è stato già risolto da un giudice che ha decretato l’uomo colpevole. Non c’è alcuna finalità pratica o etica nell’intervistare una persona del genere. La deontologia non può diventare un punto di vista.


Mercoledì 25 novembre

Grillo vuole tornare in tv per far dimenticare i guai del figlio (La Verità)

Ancora una volta si tratta di un caso di stupro. Per chi non lo sapesse, il figlio di Beppe Grillo è stato accusato di aver partecipato a uno stupro di gruppo nei confronti di alcune ragazze. Queste ragazze sarebbero state costrette a bere dosi esagerate di alcolici per poi poter essere violentate a turno da Ciro Grillo e i suoi amici. Da sottolineare che questa per il figlio del comico fondatore del M5S non è neanche la prima accusa per stupro.

Ma torniamo al titolo. I “guai” che Grillo deve far dimenticare non sono, come ben capite, dei piccoli furti al Conad che dalla sera alla mattina ha perso tre pacchi di biscotti. Ciro Grillo ha potenzialmente commesso una violenza sessuale ai danni di ragazze innocenti. Scrivere “guai” significa sminuire, per l’ennesima volta, il possibile gesto compiuto. Sono reati, non sono guai.

Il caso Genovese: chi frequenta drogati poi si droga (Libero)

Torniamo al nostro giornale preferito: Libero. Dopo lo scandalo, assolutamente non creato di proposito, dell’articolo di Vittorio Feltri, il direttore Pietro Senaldi ha ben pensato di ergersi a paladino della giustizia secondo Libero. Ancora una volta, la colpa è di Genovese, ma la ragazza di certo non era una santa se andava a quelle feste; i genitori dovevano stare attenti e essere a conoscenza di dove andava la figlia; era una drogata come lui, non poteva fare una fine diversa da questa.

La ragazza era ingenua, i genitori sono stati i peggiori del mondo, le amicizie erano da evitare. Può essere tutto vero, ma nessuna donna, nessuna ragazza deve subire uno stupro perché irresponsabile. Nessun uomo può giocare con il corpo di una donna se questa non è cosciente. Nessuna persona può essere violentata perché si trova nel posto sbagliato. Non è stata derubata del portafogli, non le è stata tolta una collana, è stata vittima di uno stupro.

Biden si affida alla Draghi americana (La Stampa)

Questo titolo apparentemente è un complimento, giusto? Si lo è. Ma è davvero formulato nel modo corretto? No.

Perché un apprezzamento nei confronti di una donna deve essere basato su un uomo? Non si può elogiare Janet Yellen senza doverla paragonare alle qualità di un uomo? Si può, vi garantisco che è possibile. Allora iniziamo a farlo, una donna non è “brava come”, è brava e basta.


Giovedì 26 novembre

Disavventure giudiziarie per il figlio Ciro (Leggilo)

Torniamo al caso Grillo. Torniamo a dover sottolineare come la gravità di un gesto può essere spezzata dalle parole.

Voi che adesso sapete il potenziale reato commesso da Ciro Grillo potete giudicare inopportune le parole “disavventure giudiziarie“, ma una persona che non è a conoscenza del fatto come può interpretare dal titolo che si tratta di un possibile stupro? Non può. Non smetterò mai di dirlo, usiamo le parole giuste, non edulcoriamo un concetto inutilmente.

Aurelia Laurenti, la mamma innamorata dei suoi bambini (Gazzettino.it)

Entriamo nei dettagli di un altro episodio. Parliamo del femminicidio compiuto da Giuseppe Forciniti ai danni della moglie Aurelia Laurenti. L’assassino si è presentato in commissariato con le mani ancora impregnate di sangue e ha giustificato l’accoltellamento dicendo che la compagna per prima aveva preso l’arma in mano e la sue è stata legittima difesa. Versione che ha soddisfatto poco i carabinieri e che infatti si è rivelata falsa dopo poche domande di interrogatorio. Le coltellate, tra l’altro, sono state addirittura otto, non una come dichiarato da Forciniti.

Dopo questa premessa arriviamo al titolo sessista. La vittima, Aurelia Laurenti viene definita dal Gazzettino.it una “mamma innamorata dei suoi bambini“. Bisogna, per l’ennesima volta, sottolineare un fatto importante: una donna non è prima di tutto una madre. Sottolinearlo nel titolo significa mettere davanti alla figura di donna l’immagine della madre. Niente di più sbagliato.

Dobbiamo uscire da uno stereotipo tutt’altro che innocente, uno stereotipo che permette alla società di trattare una donna in base ai suoi impegni di mamma. Le donne devono essere libere di firmare un contratto e di accettare un lavoro in cui diventare mamma non è un deficit. Partiamo dal linguaggio, iniziamo a modificare queste piccole cose per poi arrivare a sostenere dei diritti ancora poco affermati.


Venerdì 27 novembre

Nome: Una / Cognome: Donna

Uso lo spazio del venerdì per richiamare tutti gli articoli, non segnalati per non essere prolisso, che quando devono indicare una notizia che vede una donna protagonista scrivono “una donna ha fatto questo”. Perché questo non succede negli articoli con gli uomini protagonisti, nei quali “Il professor Pallino ha fatto questo”?

Una donna ha un titolo riconosciuto, un nome e ha soprattutto un più formale cognome che deve essere utilizzato. Facciamo passare l’idea che è strano vedere il genere femminile, non una donna, un intero genere, creare qualcosa in cui si usa il cervello. Impariamo tutti e tutte a trattare una donna per quello che realmente è: un essere umano capace o incapace tanto quanto un uomo.


Sabato 28 novembre

Se per difendere le donne mettono alla gogna due donne (Il Giornale)

Ecco un altro scandalo che ha caratterizzato questa settimana: si parla dello stacchetto della “spesa sexy” realizzato nel programma Detto, Fatto di Rai 2. In questo articolo Il Giornale difende a spada tratta non tanto l’operato della conduttrice Bianca Guaccero e la modella Emily Angelillo bensì il loro diritto a non essere attaccate sui social e mediaticamente.

Per quanto si possa essere d’accordo su tale affermazione bisogna dichiarare con forza quanto di sbagliato ci sia stato in quel momento di televisione. Il fatto che a compiere questo gesto ci abbiamo messo la faccia due donne non le esime da nessun tipo di colpa, non vorrei passasse questo messaggio. Il fatto di far parte del genere leso dalla società non le rende automaticamente innocenti. Con questo voglio ricordare con forza che per sconfiggere questo sistema patriarcale nel quale viviamo abbiamo bisogno dell’impegno da parte di tutti, uomini e donne.

Femminicidio a Roveredo, la mamma dell’assassino: “Aurelia era sempre al telefono, mio figlio diceva di essere trattato come un cane” (TPI)

Torniamo al femminicidio ai danni di Aurelia Laurenti. TPI dà la parola alla madre del femminicida che, in modo giusto o sbagliato che sia, difende il figlio giustificandolo e facendolo passare come reale vittima della situazione. TPI purtroppo, a mio parere, sbaglia a dare voce alla parte colpevole della storia.

E ci tengo a ribadire come un lettore o una lettrice ignoranti del caso possano subito intendere come vittima il reale criminale. Anche dopo essersi informati adeguatamente si rimarrà sempre condizionati dalla visione di Aurelia come una donna cattiva che in fondo si è cercata i suoi guai. Voglio sottolineare come parta tutto da qui, come il linguaggio sia parte integrante della nostra società e possa condizionare il pensiero altrui. Dobbiamo sentire tutti la responsabilità di far passare il femminicida come unico colpevole, non ci sono mai scusanti, mai.


Domenica 29 novembre

È morta la moglie di

È di sabato la notizia della morte, causa Covid, dell’avvocatessa Veronica Stile. Telenuova in un post su Facebook, poi cancellato, il giorno dopo scrive:

Veronica, donna gentile, moglie innamorata, mamma premurosa. Era sposata con Rosario Stanzione, brillante giovane imprenditore che, grazie alle sue intuizioni, ha anticipato i tempi imponendosi a livello europeo […].

Telenuova, sul profilo Facebook

e continua ancora per molto l’elogio del brillante uomo. Mi sembra doveroso schierarmi dalla parte di una donna che prima di essere una moglie innamorata o una mamma premurosa era un’avvocatessa indipendente; prima di essere la moglie di Rosario Stanzione era Veronica Stile, e Veronica merita il 90% delle parole, non solo l’incipit del post. Perché c’è sempre quell’intenzione di mettere la donna un passo indietro, di farla passare in secondo piano anche se a morire è stata proprio lei.

La parola, la più potente delle armi

Le conclusioni che si traggono da una settimana di analisi sono evidentemente negative. Ho notato da parte di professionisti, da parte di gente che con il linguaggio lavora tutti i giorni, incoscienza totale. Ho esplorato varie situazioni, letto diversi casi e tutti hanno una fastidiosa sufficienza sul tema del femminismo.

Sarò chiaro, la nostra società è basata sul patriarcato, e questo dato di fatto è più grande di quanto immaginiamo. Lo accettiamo ogni giorno senza rendercene conto perché per noi è normale vivere così. Ma mi sono stancato, non riesco a vivere in un mondo dove chi ha privilegi non si impegna a fornirli agli altri. Non sopporto di vedere donne avere paura di uscire di sera, di camminare da sole, di parlare liberamente.

E concludo con una richiesta. Chiedo a tutti e a tutte un impegno costante, vi chiedo di non dimenticarvi delle donne e di quello che ogni giorno sono costrette a sopportare. Lottiamo per loro, lottiamo per un mondo migliore di questo, lottiamo per il nostro mondo. E solo quando saremo davvero tutti uguali, di fronte alla legge e sulla pubblica piazza, su un posto di lavoro o nelle private case, solo allora potremo dire di aver vinto.

Antonio Mazzotta

(In copertina illustrazione originale di Alexandra Guerra)


Quando giornalismo fa rima con sessismo è un articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.

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