Come si sta comportando il mondo del calcio di fronte all’emergenza Coronavirus? In particolare, come sta reagendo la Lazio al caos di positivi e tampone che l’ha appena travolta?
Il mondo è ancora una volta nelle mani del Coronavirus. Ovviamente è la sanità a subire il colpo più duro, con terapie intensive intasate e mancanza di operatori. Purtroppo anche gli altri settori sono in estrema difficoltà.
Il mondo sportivo, e specialmente quello calcistico, è nel caos più totale a causa degli infiniti controlli e tamponi. Sembra che le esperienze della scorsa stagione non siano servite a molto: le società stanno sbagliando allo stesso modo di come hanno sbagliato sei mesi fa. La prima a dover affrontare il problema dei tamponi è la Lazio: troppe le ombre sulle procedure usate secondo la giustizia sportiva ed ordinaria. Facciamo però un passo indietro.
Il focolaio laziale
Il focolaio laziale nasce pochi giorni prima del match di Champions League con il Club Brugge. Molti big della squadra, come Immobile, Leiva e Strakosha, non si presentano alla rifinitura. All’inizio si pensa ad una sorta di protesta per la mancata comunicazione dell’esito dei tamponi da parte della società. Verrà spiegato solo in seguito che questa è stata solo una forma di precauzione per evitare di danneggiare i compagni, ma lo sgomento è rimasto. I biancocelesti volano in Belgio con i giocatori contati e riescono a strappare un pareggio insperato.
Dopo la partita di UCL, vengono eseguiti i soliti tamponi di controllo prima della sfida contro il Torino della domenica successiva. A questo giro, Immobile risulterà negativo e quindi abilitato a giocare, tanto che Simone Inzaghi lo farà scendere in campo nella seconda frazione di gioco, capitalizzando anche un rigore.
Nella settimana successiva, le competizioni europee fanno nuovamente da padrone con l’incontro cruciale in Russia. Ancora una volta, però, i positivi di pochi giorni prima rimangono tali anche dopo il ciclo della UEFA. A questo punto interviene il Giudice Sportivo, insospettito dalle procedure poco consone usate da Lotito e compagni per il proprio roster. I dubbi riguardano l’affidabilità dei risultati provenienti dal laboratorio Futura Diagnostica, centro nell’avellinese sul quale si appoggia la Lazio da inizio stagione.
Alla ricerca della verità
Dalle indagini degli inquirenti sono emerse cause e condizioni che hanno fatto scattare l’inchiesta nei confronti di Walter Taccone, proprietario della clinica. Le forze dell’ordine hanno scoperto che i rapporti tra il presidente della Lazio e Taccone non sono del tutto neutrali. I due si conoscono da molto tempo e non è impossibile che ciò abbia potuto influenzare l’esito dei tamponi. L’ipotesi è che Lotito abbia avuto la possibilità di manipolare a suo piacimento i risultati, facilitando il ritorno in campo dei suoi giocatori. Ora il numero uno di Futura Diagnostica è sotto accusa per i reati di falso, truffa ed epidemia colposa.
L’udienza era prevista nella mattinata di lunedì 9 novembre, ma Ivo Pulcini, medico sociale dei laziali e figura chiave in questa situazione, non è mai arrivato in tribunale. Il dottore ha presentato un certificato con il quale presentava problemi di salute che rendevano impossibile la sua presenza. La seduta è stata rinviata a data da destinarsi. Tuttavia, già in una precedente convocazione, Pulcini era risultato assente per una mail arrivata in ritardo.
Ora la verità assoluta è ancora sconosciuta, ma tutto questo trambusto non è un bello spot per il nostro campionato. In un periodo come questo, avere delle certezze è fondamentale e la società biancoceleste sta dando tutto fuorché questo alla sua rosa. Anche se il campo non è dello stesso parere, serve una raddrizzata in casa Lazio.
Filippo Rocchi
(In copertina Claudio Lotito)