
Giornali, televisione, social network. Ogni giorno siamo bombardati da informazioni e notizie, molte delle quali non riusciamo a comprendere pienamente. Se solo ci fosse qualcuno, un Professore più sapiente di noi, a cui rivolgere i nostri interrogativi e con cui condividere le nostre riflessioni.

Le proteste
Mi scusi Professore, nella confusione attuale, tra zone che cambiano continuamente colore e il nuovo inquilino della Casa Bianca, mi sembra che nessuno stia prestando attenzione alla situazione calda che si è creata in Thailandia. Da mese, infatti, il movimento studentesco che rivendica democrazia e libertà protesta contro il governo di Prayut Chan-o-Cha. Ex generale golpista, il leader thailandese nel 2019 ha ottenuto un nuovo mandato grazie a una Costituzione di stampo militare redatta nel 2017. Proprio questa carta costituzionale è attualmente al centro degli scontri, sia politici che di piazza, tra la coalizione di governo e l’opposizione.
Le principali polemiche riguardano la composizione del Senato thailandese, i cui componenti sono nominati dalle Forze armate. Questa procedura garantisce all’esecutivo una solida maggioranza a proprio favore, come è stato dimostrato lo scorso 24 settembre in occasione della votazione su sei emendamenti costituzionali che avrebbero dovuto andare incontro alle proteste studentesche. I due terzi di dei parlamentari, però, si sono espressi a favore del rinvio della votazione. L’opposizione ha quindi lasciato l’aula per unirsi ai manifestanti.
Un esempio di solidarietà
I manifestanti, uomini e donne di tutte le età che da mesi riempiono le strade della capitale Bangkok. Vengono da ogni parte del paese, mangiano quello che trovano, alcuni dormono per strada. Si sa, Professore, la Thailandia non certo un paese ricco, tantomento lo è la maggior parte dei suoi abitanti. Con l’eccezione di una pausa in primavera a causa dell’emergenza Covid, però, il movimento di protesta sembra non volersi arrestare. Nonostante gli sforzi, tuttavia, non solo non viene ascoltato dalla classe dirigente, ma non è neppure preso in considerazione dall’opinione pubblica mondiale. Le proteste non hanno eco mediatica, i manifestanti non dominano le cronache come i dissidenti di Hong-Kong o i sostenitori di Black Lives Matter.
Mentre il resto del mondo le volta le spalle, però, la Thailandia ci sta mostrando un raro esempio di unità e solidarietà nazionale. Perché da qualche tempo i manifestanti di Bangkok non dormono e non mangiano più per strada, ma in letti veri, con pasti caldi. Questo grazie a una campagna mediatica locale, che ha avuto origine dal profilo Twitter di una ragazza. L’obiettivo è quello di riempire gli hotel, vuoti per mancanza di turismo, e gli ampi spazi costruiti durante l’emergenza sanitaria. In questo modo risorse inutilizzate possono essere spese per una buona causa, quella della democrazia. Ecco ciò che i thailandesi ci stanno insegnando: nessuno dovrebbe soffrire per far sentire la propria voce.
Clarice Agostini
Sulle strade di Bangkok è il ventinovesimo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Clarice Agostini.