
L’edizione 2020 del Nobel per la Chimica viene vinta per la prima volta nella storia esclusivamente da donne: Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.
” Il giorno della vittoria del Premio Nobel ho parlato con mio marito: mi ha detto che sarebbero cambiate molte cose per me dopo questo riconoscimento; che sarei diventata un’ambasciatrice della scienza, un simbolo, specialmente per donne e ragazze. Ero d’accordo con lui e sono rimasta colpita dal fatto che, quando ho raggiunto il mio gruppo di ricerca in laboratorio per celebrare la vittoria, molte studentesse si siano congratulate con me, specialmente le più giovani. Non potevo immaginare una cosa del genere finché non l’ho vista. Devo essere sincera: non ho mai aderito ai movimenti per le donne nella scienza, ho sempre pensato di essere una scienziata che è nata donna. Mi sono sempre concentrata sul mio lavoro e non mi è affatto piaciuto quando mi è stato detto che ho vinto il Nobel perché donna; a giudicare dalla sua storia, direi che il Comitato non ragioni in questo modo.”
Jennifer Doudna, 22 ottobre 2020
Charpentier e Doudna
L’edizione 2020 del Nobel per la Chimica è la prima ad essere stata vinta esclusivamente da donne: Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, rispettivamente sesta e settima donna a ricevere questo riconoscimento in virtù delle loro ricerche sul sistema CRISPR/Cas9, a fronte di 160 vittorie maschili; e sicuramente il Comitato del Nobel non le ha scelte per questa ragione.
Era lo scorso maggio quando, alle battute finali del corso di Genetica Molecolare, ho affrontato per la prima volta in maniera approfondita l’argomento CRISPR/Cas9. Per introdurre la lezione, il professore ha glorificato il lavoro delle due ricercatrici, l’una francese e l’altra statunitense, che hanno “perseverato dove i colleghi uomini si sarebbero disinteressati”, aggiungendo poi che “è solo questione di tempo per l’assegnazione del Premio Nobel ad entrambe”. Di tempo ne è passato davvero poco, tutto sommato.
Cos’è la CRISPR/Cas?
Ma lasciamo lo spazio ad una piccola spolverata nozionistica.
La CRISPR-Cas è un complesso ribonucleoproteico usato dai batteri per difendersi dagli attacchi virali. CRISPR è l’acronimo di “Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats”; in sostanza, sequenze (virali) separate tra loro da spaziatori di DNA di lunghezza fissa, che hanno funzione strutturale. La componente proteica del complesso è data dalla traduzione dei geni cas, raccolti in cluster all’interno del genoma.
Al momento dell’infezione da parte di un virus, l’RNA del complesso CRISPR-Cas si lega per appaiamento nucleotidico (una ventina) alla sequenza complementare sul genoma virale; dopodiché, i due domini endonucleasici della cas operano un taglio a doppio filamento sul DNA estraneo, portando alla sua degradazione.
Dai batteri all’uomo
Fin qui, tutto chiaro. Ma perché ci interessa tanto conoscere il modo in cui un batterio si difende da un attacco virale?
Vi rimbalzo la domanda: se vi dicessi che questo sistema può essere usato in un qualsivoglia organismo, incluso l’uomo, per modificare una precisa sequenza di DNA? Che sono già in corso trial clinici per curare malattie genetiche come l’anemia falciforme e che in futuro saranno estesi a malattie neurodegenerative come il Parkinson e la SLA? Che può persino combattere il riscaldamento globale aumentato la resistenza delle piante alla siccità? Vi vedo già più attenti.
Potremmo anche scegliere il colore degli occhi dei nostri figli? Sì. Potenzialmente.
Si è parlato anche di questo, nel podcast curato dalla redazione del New York Times: “Cambierei mai il colore degli occhi di mio figlio o di chiunque volesse usando il metodo CRISPR? Assolutamente no.“ – afferma la Doudna. “Come ogni nuova tecnologia, vanno valutati rischi e benefici”.
E ancora: “Quando ho pensato a questo tipo di utilizzo della CRISPR, mi sono opposta da subito: non posso credere ci siano persone che lo giustifichino“. Quindi no, non vedremo eserciti di persone con gli occhi azzurri impadronirsi delle città.
CRISPR: i margini di miglioramento ci sono
La grande sfida che la comunità scientifica dovrà fronteggiare dopo questo “regalo” da parte della Charpentier e della Doudna è proprio questa: scegliere bene i campi da approfondire, nella consapevolezza di avere tra le mani un tool in grado di fare praticamente qualsiasi cosa in materia di editing genetico.
La scienza deve mostrarsi unita agli occhi dell’opinione pubblica in ogni momento e su ogni argomento, a maggior ragione nel corso di una pandemia. Il rapporto tra le due parti non è mai stato idilliaco e non possiamo permetterci di incrinarlo ancora. Vi ricordate di He Jiankui, lo scienziato cinese tristemente noto per aver reso due embrioni (poi venuti alla luce) resistenti all’HIV?
Ebbene, He ha usato proprio il sistema CRISPR/Cas9, ma violando tutta una serie di leggi e normative etiche, omettendo il vaglio della comunità scientifica che gli avrebbe impedito di procedere con la pubblicazione. La Doudna ha raccontato le ore precedenti al discorso di He Jiankui al “Second International Summit on Human Genome Editing” presso l’Università di Hong Kong, nel novembre 2018:
“Io e il Comitato organizzatore ci siamo subito accorti che l’intervento di He avrebbe catalizzato l’attenzione internazionale e non in senso positivo, ma lui non sembrava curarsene. Non volevo condannarlo a priori, volevo che mi parlasse e mi dicesse cosa avesse fatto”.
Inutile dire come l’eco del suo discorso abbia sovrastato le molteplici condanne arrivate in seguito dalla comunità scientifica. La CRISPR/Cas è una tecnologia troppo preziosa per finire in mani sbagliate: è per questo che scienziati del calibro di Feng Zhang (MIT) e George Church (Harvard Medical School) hanno già approfondito l’argomento, pubblicando studi pionieristici che sono destinati ad ottimizzare un sistema di editing genetico già molto più efficace dei suoi predecessori.
Gabriele Boscagli
(In copertina Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna)