Domani verrà annunciato il vincitore delle Elezioni USA 2020 e il confronto è serrato tra il Repubblicano Donald Trump e il Democratico Joe Biden. Tuttavia le elezioni non sono solo il Presidente, è importante anche la maggioranza al Senato. Quali sono gli Stati più importanti e più incerti nei sondaggi?
Le elezioni 2020 degli Stati Uniti
Le elezioni americane ormai incombono su di noi. Biden e Trump, i due candidati alla presidenza, si sono attaccati, criticati, insultati in una campagna infuocata. Mai prima d’ora una simile mobilitazione è avvenuta per un’elezione negli Stati Uniti. Celebrità, attivisti, gente comune, di qualunque idea e schieramento, hanno condiviso tutti un solo messaggio: “Andate a votare“. Un messaggio così permeante che è comparso in varie inserzioni promozionali sui social media anche qui in Italia, nonostante la nostra ovvia impossibilità a seguire il consiglio. Ma non tutti sanno che, insieme alle presidenziali, ci saranno altre elezioni che dovremmo considerare per capire che cosa accadrà nel gigante d’oltreoceano.
Sia la Camera dei Rappresentanti sia il Senato sono destinate ad accogliere nuovi schieramenti di deputati, che influenzeranno l’andamento del loro paese nei prossimi anni. Ed è proprio sul secondo di questi su cui intendiamo soffermarci. Il Senato degli Stati Uniti ha poteri esclusivi e molto importanti. Approva le nomine dei componenti del governo, i giudici della Corte Suprema e delle corti federali, e conduce i processi di impeachment. Oltre, ovviamente, a decidere se approvare o declinare i disegni di legge approvati dalla Camera. Chi controlla il Senato, controlla la nazione. Può paralizzare il governo di un presidente non gradito, o può permettergli di agire come vuole.
Questo è quello che è avvenuto negli ultimi cinque anni, dove la maggioranza repubblicana guidata da Mitch McConnell ha prima reso Obama un’anatra zoppa nei suoi ultimi anni al potere, e poi dato a Trump il potere di influenzare gli Stati Uniti a fondo, anche dopo che i democratici avevano riconquistato la Camera nel 2018. È dunque imperativo ora per entrambi i partiti conservare o prendere il controllo del Senato.
Ma come è fatto il Senato?
Ci sono tre punti fondamentali da tenere a mente per capire il suo funzionamento e le sue dinamiche:
- Il Senato è fatto per rappresentare gli stati, non il popolo. Per questo ogni singolo stato ha due senatori, indipendentemente dalle dimensioni delle popolazioni che risiedono in ogni stato. La California coi suoi quasi 40 milioni di abitanti ha tanti senatori quanti ne ha il Wyoming, che di abitanti supera di poco il mezzo milione. I senatori vengono eletti tramite un’elezione su tutto lo stato di provenienza, secondo modalità decise dallo stato stesso.
- I senatori servono un mandato di 6 anni tra un’elezione e l’altra. Non vengono eletti tutti nello stesso momento; esistono tre classi, composte da un terzo del totale ciascuna, che vanno ad elezione a turno ogni due anni. La classe di queste elezioni è la numero 2, eletta nel 2014. Nelle mid-term del 2018 era la classe n°1, eletta nel 2012. Alle prossime midterm nel 2022, ad andare sotto lo scrutinio del popolo saranno i senatori della classe n°3, eletta nel 2016. E così via.
- Nel caso di morte o dimissioni di un senatore, il suo mandato non viene considerato estinto. Il governatore del suo stato di provenienza nomina un sostituto, e in genere se l’elezione di quel seggio non è prevista nella tornata elettorale più vicina, viene organizzata una cosiddetta elezione speciale per decidere democraticamente chi porterà a termine il mandato.
Essendoci naturalmente tendenze politiche che favoriscono un partito o l’altro in molti stati, oltre alla popolarità personale che un senatore può avere, molte delle elezioni che stanno accadendo non sono interessanti. Sappiamo già che i democratici manterranno il seggio del Massachusetts, così come i repubblicani manterranno quello del Tennessee. Le elezioni che ci interessano sono quelle che vedono una seria possibilità di un cambio di mano, quelle dove il candidato del partito in carica rischia veramente di essere sconfitto dal suo avversario. Abbiamo selezionato per voi dieci di queste elezioni, dieci elezioni “calde” da seguire. Dieci elezioni che decidono chi controlla l’America. Potete navigare tra di esse qua sotto, cliccando sui banner per aprire o chiudere le descrizioni.
GLOSSARIO DELLA POLITICA AMERICANA
Incumbent: colui che ricopre la carica interessata al momento delle elezioni.
Midterm: elezioni tenute a metà del mandato di un presidente, vengono eletti rappresentanti alla camera e una classe di senatori.
Bipartisan: col supporto di membri di entrambi i partiti, democratici e repubblicani.
Liberal: tendente a sinistra, specialmente in ambito sociale. Lo spettro politico americano è spostato più a destra rispetto a quello europeo, perciò ci può essere un po’ di confusione.
Hawk/falco: sostenitore di interventi militari e di un grande budget per la difesa.
Purple state: stato dove repubblicani e democratici hanno un’influenza circa uguale; questo perché i repubblicani vengono identificati con il rosso, e i democratici con il blu.
PACs: gruppi di interesse che finanziano le campagne elettorali dei candidati che apprezzano. I SuperPACs sono accusati di essere un tramite per le grandi corporazioni di influenzare la politica.
Lobbismo: attività da parte di alcuni gruppi per far sentire il proprio parere e/o i propri bisogni ai legislatori. Ritenuto un tramite per le grandi corporazioni di influenzare la politica.
1) ALABAMA
Il cuore di Dixie, la “dolce casa”, il nucleo del Deep South. Qui Rosa Parks rifiutò di cedere il suo posto sul bus a un bianco, qui “Bull” Connor attaccò manifestanti non-violenti per i diritti civili con idranti, cani feroci e manganello, qui Martin Luther King guidò le marce di protesta che segnarono un’epoca, qui George Wallace pronunciò il famoso discorso “Segregation now, segregation tomorrow, segregation forever”. L’Alabama è uno stato che incarna perfettamente lo spirito del Profondo Sud, una società rurale che si presenta affabile e genuina, con case bianche munite di verande ombreggiate e una brocca di tè freddo dolce da offrire agli ospiti, ma con molti scheletri nell’armadio e una tendenza ad ignorare i tassi di disuguaglianza economica e di consumo di droghe ed il forte disagio sociale presente. L’Alabama è uno stato molto conservatore, dove l’eredità del vecchio sistema politico nato per preservare la segregazione razziale ad ogni costo è molto forte. Il Partito Repubblicano domina questo stato da quando la Southern Strategy fu implementata negli anni ‘70, portando all’interno del partito tutta quella classe politica del sud conservatrice che aveva appena perso la battaglia sulla segregazione con la leadership del partito di cui aveva sempre fatto parte, il Partito Democratico.
Doug Jones (D), incumbent
Moderato eletto nell’elezione speciale tenuta nel 2018 per sostituire Jeff Sessions, allora diventato Procuratore Generale dell’Amministrazione Trump. Questa vittoria è stata però dettata dalla natura del suo avversario repubblicano, Roy Moore. Sostenitore di politiche così conservatrici da causare ripensamenti anche agli eredi dei Dixiecrats (per esempio, la promulgazione dei Dieci Comandamenti come principi base della legge, al di sopra perfino della Costituzione), la goccia che fece traboccare il vaso fu l’accusa di stupro e molestie da parte di decine di donne, alcune delle quali minorenni all’epoca dei fatti. Jones riuscì a vincere così l’elezione per 22000 voti, e diventare senatore. Risulta dunque chiaro come il suo successo sia più legato alle circostanze attorno al suo avversario che a un serio cambiamento delle abitudini politiche nello stato, e così solo due anni dopo Jones anche se incumbent, risulta sfavorito.
Tommy Tuberville (R)
Leggenda del football universitario, fu coach dei Tigers della Auburn University, una delle squadre più popolari dello stato dell’Alabama, per quasi un decennio. Politicamente Tuberville ha assunto il profilo medio del repubblicano dell’Alabama; contro l’aborto e convinto sostenitore di Trump (anche se non a un livello maniacale). La leadership repubblicana nello stato sembra dunque avere imparato dal disastro Roy Moore, e ha trovato quanto di più vicino ci sia al candidato ideale alla situazione. Questo lo rende il grande favorito.
La nostra previsione
Come già evidenziato nelle descrizioni dei candidati, Jones è senatore praticamente per caso e Tuberville è un candidato forte in uno stato che un repubblicano generico vincerebbe con ampio distacco di solito. Secondo noi, questo seggio passerà sicuramente ai Repubblicani.
2) ALASKA
La frontiera selvaggia degli USA, dove l’indipendenza è chiave e le libertà individuali sono sacrosante, al di là delle canoniche linee di partito fra Dems e Reps. L’Alaska vota chi più incarna le sue idee quasi libertarie e chi si sa dimostrare più consapevole delle piccole realtà locali e territoriali in questo enorme stato perennemente innevato.
Dan Sullivan (R), incumbent
Incumbent, Sullivan fu un oppositore di Trump durante le elezioni del 2016, ma negli ultimi 4 anni si è estremamente allineato all’esecutivo coi suoi voti, e ha votato per l’assoluzione durante l’impeachment del presidente. È un negazionista dell’impatto delle attività umane sul cambiamento climatico, e dichiara che non vi è un consenso unanime nella comunità scientifica al riguardo. Possiamo dire senza troppi problemi che Sullivan sull’ambiente è sulla parte diametralmente opposta dello spettro rispetto a Greta Thunberg. In termini di politica estera è un forte sostenitore di Israele, e uno dei più accaniti oppositori della Corea del Nord, fin da quando la ricerca in ambito missilistico di Kim è riuscita ad ampliare il range dei missili balistici nordcoreani fino all’Alaska.
Al Gross (Indipendente, supportato dai Democratici)
Al Gross è il figlio di un importante procuratore generale degli anni ‘70, un medico e un pescatore. La sua candidatura indipendente ha vinto anche le primarie democratiche, comportando l’endorsement dem alla sua campagna. Gross è molto attento alla salvaguardia della democrazia e all’ingerenza da parte di lobbisti, PACs e potenze straniere nel processo elettorale. È un indipendente, con idee spesso assimilabili alle aree liberal del partito democratico, ma vergendo a volte su posizioni più moderate o estranee a quelle aree politiche. È leggermente “hawk”, sia per l’importanza economica delle forze armate e del settore della difesa in Alaska sia per la convinzione che l’apertura dello scenario geopolitico dell’Artico dovuto allo scioglimento dei ghiacci polari voglia dire che gli USA non siano più un santuario intoccabile; sostiene gli investimenti in energie rinnovabili nello stato dell’Alaska e a livello federale, ma anche di continuare a investire in petrolio e gas durante la transizione: da notare che per l’Alaska questa è una posizione liberal poiché l’industria degli idrocarburi è la principale voce di bilancio nel PIL dello stato, quindi un totale abbandono degli investimenti sui combustibili fossili non è politicamente attuabile. Per varie ragioni Gross è estremamente impegnato nella lotta alla violenza domestica e sessuale, e ha un piano di estensiva riforma del sistema di giustizia penale per sostenerla.
La nostra previsione
L’Alaska è uno stato imprevedibile, quest’anno come spesso in passato i Repubblicani sembrano i favoriti, ma Gross potrebbe sorprendere tutti. Alla luce di tutto ciò, riteniamo che la sorte di questo seggio sia troppo incerta per fare una previsione.
3) ARIZONA
Uno degli stati principali del Sud-Ovest, e quello più restio all’ascesa del Partito Democratico nella regione dopo la roccaforte repubblicana dello Utah; è storicamente uno swing state, ma ha in tempi recenti ha eletto spesso legislatori repubblicani e non vota dem alle presidenziali dal 1996, in contrasto con New Mexico (uno degli stati più safe dem della regione) e Colorado (anch’esso swing state, ma sempre più controllato dai Dem e che ha votato Obama due volte e Hillary). Demograficamente è uno degli stati dalla crescita più rapida della nazione, sia per la crescita economica che ha caratterizzato la regione negli ultimi decenni, sia per l’immigrazione clandestina dal Messico. Gli ispanici sono una minoranza importante, che arriva sino al 25-30% della popolazione.
Si tratta di un’elezione speciale; questo seggio infatti è di una classe che non dovrebbe essere sotto elezione quest’anno. Si tratta del seggio di John McCain, storico senatore repubblicano e avversario di Obama alle presidenziali del 2008, morto per un tumore al cervello nel 2018. Dopo essere stato rimpiazzato da un sostituto ad interim scelto dal governatore dello stato, si è deciso di fare un’elezione speciale per decidere democraticamente chi reggerà il seggio fino alla fine del mandato del defunto McCain (che avverrà nel 2022).
Martha McSally (R), incumbent
Sostituta di John Kyl (a sua volta sostituto di John McCain), che si è dimesso per ragioni personali dopo poco meno di un anno in carica. All’inizio della sua carriera politica, sedendo nella Camera dei Rappresentanti, si è costruita una fama di repubblicana moderata, mantenendosi generalmente neutrale sulla candidatura di Trump (descrivendo pure i suoi commenti verso le donne come disgustosi), ed estremamente attiva legislativamente, con una certa attenzione ai Veteran Affairs e alla Homeland Security, per via del suo passato militare. Ma dopo aver vinto la candidatura repubblicana al senato nel 2018, la McSally ha virato vistosamente a destra, abbracciando la retorica dell’alt-right e la politica anti-migranti dell’esecutivo. Ciò non ha portato al risultato sperato, vista la sua sconfitta a favore dell’avversaria dem Kyrsten Sinema. Dopo essere stata chiamata a sostituire Kyl è diventata una pasdaran di Trump, sostenendolo quasi in tutto. Questo sembra non piacere troppo alla popolazione dell’Arizona, dove il presidente sembrerebbe sempre più impopolare (nonostante la maggioranza ottenuta nello stato durante le elezioni del 2016).
Mark Kelly (D)
Astronauta della NASA di grande esperienza, e marito della ex-deputata Gabrielle Giffords, colpita da un attentato terroristico nel 2011 che l’ha lasciata gravemente ferita. L’esperienza ha portato i coniugi ha lanciare un gruppo di advocacy e lobbismo per il controllo delle armi, ad oggi tra i più influenti del Paese. Mark ha un fratello gemello omozigote, Scott, anch’esso astronauta. Questo particolare fatto ha reso Scott il perfetto soggetto per l’esperimento della ISS sulla lunga permanenza nello spazio e i suoi effetti sul corpo umano; Mark è infatti quasi identico al fratello, e restando a terra in condizioni normali ha fornito un perfetto doppio cieco per l’esperimento. Come è già stato detto, Mark Kelly è un forte sostenitore del controllo delle armi; non vuole rimuovere il 2° emendamento, ma crede che ci siano molte politiche per controllare efficientemente le armi e fermare la violenza che possono essere intraprese nei confini del diritto costituzionale.
La nostra previsione
Kelly risulta essere un ottimo candidato da parte dei Democratici, sia per via del fascino dell’astronauta, sia per il legame emotivo che molti abitanti dell’Arizona hanno con quanto successo a sua moglie. Mentre la McSally risulta poco carismatica, legata ad un presidente impopolare e poco coerente. Secondo noi, questo seggio passerà sicuramente ai Democratici.
4) COLORADO
Tra monti innevati e “mesas” aride, il Colorado è una meraviglia della natura, nel mezzo del quale risiede una popolazione di grandi dimensioni e tiene luogo un’economia florida. Purple state pare sempre più tendente al blu, e con una popolazione in forte crescita nell’ultimo decennio sembra destinato a diventare una roccaforte di grande spessore su cui le strategie elettorali del Partito Democratico potranno contare nei prossimi anni. Non vota infatti repubblicano alle presidenziali dal 2004, ma democratici e repubblicani giocano ancora ad armi pari per le cariche pubbliche locali.
Cory Gardner (R), incumbent
Uomo pieno di contraddizioni; uno dei senatori che tende di più a trovare soluzioni bipartisan di compromesso, sostenitore della legalizzazione della marijuana, piuttosto liberale sull’immigrazione ma allo stesso tempo legato a doppio filo con Donald Trump per tutta la tenuta del presidente, oppositore dei diritti LGBT (pur senza essere omofobo in modo particolarmente virulento), e difensore ad oltranza del secondo emendamento. Il suo sostegno per Trump è ciò che lo rende particolarmente in pericolo in questa tornata elettorale, visto che il presidente è diventato abbastanza impopolare nello stato.
John Hickenlooper (D)
Moderato, è già stato governatore del Colorado dal 2011 al 2019, ed era un candidato alla nomination dem per le presidenziali di quest’anno (con scarso successo). Sostiene il controllo delle armi, è uno dei governatori che hanno promesso di continuare ad onorare i termini dell’accordo di Parigi indipendentemente dalle decisioni del governo federale, ma allo stesso tempo sostiene l’industria degli idrocarburi e soprattutto sostiene veemente il fracking, tecnica di estrazione del gas naturale molto controversa per i possibili effetti sui bacini idrici. Inoltre è un cosiddetto fiscal conservative, restio all’ampliamento della spesa pubblica statunitense: ha infatti sostenuto che secondo lui gli americani non vogliano e non necessitino di un “bigger government” ma di un “better government”.
La nostra previsione
Hickenlooper è sopra Gardner nei sondaggi circa di una decina di punti, e questo viene considerato, anche da noi, il seggio che ha più probabilità di passare ai Democratici.
5) e 6) GEORGIA
La Georgia è uno degli stati più importanti del Sud. Uno dei membri del vecchio Deep South, la Georgia ha un southern heritage importante, con conseguente influenza di idee ultraconservatrici. Allo stesso tempo, la Georgia è lo stato più economicamente sviluppato del Deep South, e ha una percentuale della popolazione che vive in zone urbane molto superiore rispetto agli altri stati della zona. Questo, coniugato con la forte presenza di afroamericani (30% circa della popolazione), comporta la presenza di una base numerosa per la diffusione di idee politiche alternative, più liberal e di sinistra. La vecchia elite politica repubblicana conservatrice è cosciente di questo crescente problema, ed è dunque ancorata a sistemi di soppressione elettorale in piena tradizione Jim Crow. Le elezioni governatoriali del 2018, vinte per un soffio dal repubblicano Brian Kemp contro la democratica Stacey Abrams, videro un polverone enorme sollevarsi su report abbastanza chiari di trucchetti usati per non far votare determinati gruppi di persone che presentavano una certa propensione per votare la Abrams. Un’indagine recente ha scoperto che delle rimozioni avvenute negli ultimi anni dai voter rolls, i registri degli aventi diritto al voto (in America questo non coincide automaticamente con la cittadinanza), due terzi erano ingiustificate. Non vi è ancora modo di sapere se si è trattato di un tremendo caso di incompetenza amministrativa o se un dolo politico è presente dietro il fatto. C’è da specificare che il Segretario di Stato, a capo del sistema elettorale georgiano, era lo stesso Kemp.
Elezione regolare
David Perdue (R), incumbent
Ultraconservatore e tra gli uomini più fedeli al presidente Trump. È un anti-ambientalista, che nega l’influenza umana sul cambiamento climatico e sostiene l’abolizione dell’EPA. Si tratta di un un politico molto “trumpiano”, con idee in linea con la maggior parte di chi indossa un cappellino rosso con scritto “Make America Great Again”. Negli ultimi mesi ha gettato scalpore il suo operato sull’emergenza COVID-19; Perdue è infatti stato riduttivo sul pericolo che gli americani potevano correre dalla pandemia, mentre allo stesso tempo ha fatto diversi investimenti in borsa su aziende che era prevedibile sarebbero cresciute di valore durante la crisi sanitarie subito dopo il primo briefing al senato sul virus. Questo ha ovviamente generato un certo scandalo, per l’ipocrisia dimostrata e per l’evidente conflitto d’interessi.
Jon Ossoff (D)
Personaggio sicuramente interessante. Solamente 33 anni di età, Ossoff si è avvicinato alla politica praticamente da ragazzino, lavorando come stagista negli uffici del leggendario deputato John Lewis e poi agendo come aiutante e consigliere per la sicurezza nazionale nello staff del deputato Hank Johnson. Ha lasciato quest’ultimo lavoro per un master a Londra. In seguito è entrato nel mondo del giornalismo d’inchiesta, producendo dei documentari sui crimini dell’ISIS e di varie milizie in Africa orientale per la BBC. È tornato in politica nel 2017, per un elezione speciale alla camera dei rappresentanti nel sesto distretto della Georgia. Questo distretto è storicamente una salda roccaforte repubblicana; i repubblicani non perdevano il distretto dal 1976, e l’elezione precedente ha visto una vittoria del loro candidato del 62%. Ossoff è riuscito a costruire una campagna forte e convincente, raggiungendo anche una certa notorietà a livello nazionale, raccogliendo il supporto di personalità come Bernie Sanders e attirando abbastanza attenzione da scatenare una “corsa agli armamenti” sulle donazioni alla campagna tra i candidati in gioco fino a raggiungere un record assoluto all-time di soldi investiti in un singolo distretto congressuale per un’elezione. Alla fine venne sconfitto, ma di un margine del 2%. Questa vicenda portò grande notorietà al giovane politico, e l’ha portato a vincere le primarie democratiche e diventare candidato alle elezioni senatoriali di quest’anno. Ossoff è un progressista moderato, che intende lottare per cambiare le cose lasciando la struttura di fondo intatta. Vuole più controllo sulla diffusione delle armi da fuoco, ma senza toccare il Secondo Emendamento. Vuole permettere a chiunque di potersi permettere un’istruzione di alto livello ma senza eliminare del tutto il sistema di tasse universitarie e prestiti per studenti. Vuole una sanità che sia accessibile a tutti, ma basandosi sul sistema di assicurazioni sanitarie alla base dell’Obamacare. Una tematica particolarmente importante nel suo programma è il sistema di infrastrutture americano, che ritiene inadeguato e fondamentale per qualsiasi progetto per il futuro dell’economia e della società americana.
La nostra previsione
Ossoff è riuscito a costruire una base con la quale insidiare il controllo repubblicano dello stato. Ma sarà sufficiente? Per noi, la sorte di questo seggio è troppo incerta per dare un pronostico definitivo.
Elezione speciale
Questa elezione è stata convocata in seguito alle dimissioni dell’anziano senatore repubblicano Johnny Isakson, affetto dal morbo di Parkinson. Il suo mandato sarebbe dovuto scadere nel 2023, e dunque il Governatore Kemp ha nominato un sostituto che regga il seggio fino al voto.
La natura di questa elezione, definita una “Jungle Primary”, è inusuale: tutti possono competere liberamente, al di là delle linee di partito, e a meno che un singolo candidato non superi il 50% dei voti, si dovrà procedere ad un secondo ballottaggio a Gennaio. Fra le dozzine di candidati che si sono presentati, sono in tre a contendersi realmente questa elezione.
Kelly Loeffer (R), incumbent
La sostituta scelta da Kemp è Kelly Loeffler, quarantonovenne multimilionaria repubblicana, fondatrice di una compagnia di bitcoin e moglie del presidente del New York Stock Exchange (per intenderci, Wall Street). Loeffler è fervida sostenitrice di Trump e ha costruito la sua immagine attorno al suo status di ricca imprenditrice dalle origini rurali (nell’Illinois), affermando di “aver vissuto il Sogno Americano”; è inoltre fortemente critica del movimento BLM ed è stata al centro di uno scandalo quando, dopo aver assistito ad un briefing classificato sui possibili effetti dell’arrivo del Coronavirus in America, ha venduto le sue quote in molte aziende che sarebbero state più colpite dalla pandemia. Risultata innocente da un’indagine del Dipartimento di Giustizia (che ha archiviato il caso), Loeffler ha investito quasi 20 milioni nella campagna per essere riconfermata nella sua carica, candidandosi come Repubblicana.
Doug Collins (R)
Collins, ex-cappellano militare presso la Marina statunitense, si è distinto nella sua difesa accanita dei presidente Trump durante il suo impeachment, diventando uno dei suoi prediletti e guadagnandosi il suo endorsement personale per il posto che al tempo andò (per volontà del Governatore Kemp) alla Loeffler. Le sue idee politiche sembrano volersi porre alla destra di quelle della Loeffler, sebbene quest’ultima l’abbia accusato di essere uno dei Repubblicani più liberal. La loro sfida sembra essere improntata su chi si dipinge più fedele ai nuovi valori repubblicani più estremi e conservatori, con la Loeffler supportata da esponenti di QAnon e Collins forte del sostegno del Tea Party.
Raphael Warnock (D)
Contro di loro si schiera Raphael Warnock, pastore della Chiesa Battista Ebenezer di Atlanta, in cui Martin Luther King Jr iniziò tempo addietro la sua predicazione. Warnock ha una storia politica, è stato arrestato nel 2014 durante una protesta per l’estensione di programmi di sicurezza sociale ed è stato presidente del New Georgia Project, un’associazione volta ad aumentare il numero di votanti nello Stato. Proviene da una famiglia popolare di Savannah, Georgia, undicesimo di dodici figli e il primo a superare il college. La sua campagna ha avuto un inizio turbolento, con la sua reputazione messa in crisi dal divorzio dalla moglie, che lo aveva anche accusato di esserle passato sopra il piede con l’automobile, durante un acceso litigio; dopo un endorsement da parte di una pletora di importanti Democratici, tuttavia, e in particolare dopo quello di Barack Obama, la sua campagna è decollata, ed è ora dato come favorito alla vittoria delle “primarie giungla”: il suo team afferma che potrebbe anche vincere direttamente il seggio, con il 50% diretto, ma la presenza di altri candidati democratici lo renderà estremamente difficile.
La nostra previsione
I democratici sembrano in vantaggio, ma storicamente, i ballottaggi vedono una minore partecipazione democratica, e dunque Warnock è sfavorito rispetto al vincitore della lotta fra Loeffler e Collins. Secondo noi dunque questo seggio resterà ai Repubblicani.
7) IOWA
Verdi colline, laghi, pianure e grandi fiumi azzurri. L’Iowa deve il suo nome all’omonima tribù indigena che viveva in perfetta armonia con la natura e conserva ancora oggi il fascino tipico del Midwest più rurale. L’agricoltura, assieme all’allevamento, è sempre stata la principale fonte di reddito finché, a partire dagli anni ‘80, hanno conosciuto un certo sviluppo anche il settore secondario e quello terziario. Oggi gli abitanti sono circa tre milioni, quasi tutti bianchi e tendenzialmente conservatori. Anche la società però si sta pian piano evolvendo, tanto che ormai possiamo considerare l’Iowa uno swing state tra i più imprevedibili. A parte che per la sua discreta ricchezza naturale e culturale, infatti, l’Iowa è noto per essere il primo stato in cui si tengono le primarie dei due grandi partiti. Ogni quattro anni, sulla piccola Des Moines si concentra l’attenzione di tutta l’America e non solo. Presidenti, ex presidenti, candidati giovani o anziani, giornalisti, sondaggisti e spin doctors, tutti consapevoli che le campagne presidenziali vincenti, molto spesso, partono da qui. Figura centrale della politica locale è il repubblicano Terry Branstad, governatore per ben 22 anni e poi ambasciatore americano in Cina scelto da Trump. I repubblicani quindi sono storicamente favoriti ma per questa elezione i sondaggi indicano un testa a testa, complice l’effetto negativo che la guerra commerciale di Trump ha avuto sugli agricoltori locali, che esportavano molto di quanto producevano in Cina.
Joni Ernst (R), incumbent
Veterana dell’esercito e trumpiana già prima di Trump, la senatrice uscente è considerata parte della destra interna ed è quindi una delle alleate più fedeli del presidente. Unico dissenso, seppur contenuto, riguarda la guerra commerciale con la Cina, i cui dazi hanno causato qualche preoccupazione ai contadini locali. Come senatrice, è al suo primo mandato, conquistato a sorpresa grazie anche a una controversa ma efficace strategia comunicativa. In uno spot andato in onda in televisione, Ernst, si diceva orgogliosa della propria esperienza nel castrare maiali, promettendo che avrebbe fatto “gridare” allo stesso modo anche “gli spendaccioni di Washington”. Conservatrice sia in campo fiscale che sui diritti civili, in particolare sull’aborto.
Theresa Greenfield (D)
Lavora nell’urbanistica e ha ancora meno esperienza politica rispetto alla sua avversaria. Nel 2018 si candidò alle primarie democratiche per la Camera ma dovette rinunciare perché il suo staff aveva raccolto firme false. Nonostante la falsa partenza non si è arresa e quest’anno, dopo aver vinto con un buon margine le primarie, ha un’ottima occasione di far decollare la propria carriera. Questo, infatti, viene considerato uno dei seggi decisivi per determinare la prossima maggioranza. Politicamente, è una progressista moderata, aperta sui diritti civili e favorevole all’espansione del Medicaid introdotta da Obama ma contraria al Medicare for All proposto da Sanders. Punta di raccogliere i voti dei contadini rovinati dalle politiche commerciali di Trump.
La nostra previsione
La Greenfield è riuscita ad avvicinare la sua avversaria repubblicana come non si vedeva ormai da molto tempo in Iowa. Ma nonostante ciò, crediamo che l’influenza del grande, vecchio partito sia ancora troppo forte. Secondo noi, questo seggio resterà in mano ai Repubblicani.
8) MAINE
Non lasciatevi ingannare dall’immagine di pericolo e crimine fornita dalla Signora in Giallo e dalla sua Cabot Cove che rivaleggia Caracas, Rio e la Gubbio di Don Matteo per il titolo di Capitale Mondiale dell’omicidio; il Maine è uno degli stati più placidi e tranquilli della nazione. Infatti, con scorci pittoreschi, grandi aree di natura quasi incontaminata e pure qualche monumento storico dovuto all’antica storia di questo stato, il cui insediamento risale fino alle Tredici Colonie britanniche, il Maine vede pure un turismo florido per famiglie e coppiette in luna di miele. Politicamente è uno stato tendenzialmente piuttosto liberal, ma ha l’abitudine di fare un po’ come pare a lui. I candidati indipendenti riescono infatti a raggiungere risultati che nella maggior parte del resto del paese sarebbero quasi impensabili. Ross Perot, il candidato al di fuori di Repubblicani e Democratici che ha avuto più successo di recente, nelle sue due candidature del 1992 e del 1996 ha ottenuto qui una percentuale di voti più alta che in qualsiasi altro stato. L’altro seggio in Senato è al momento nelle mani di Angus King, ex-governatore ed indipendente, l’unico insieme a Bernie Sanders.
Susan Collins (R), incumbent
Senatrice fin dagli anni ‘90, la Collins è stata per molto tempo l’archetipo del Repubblicano moderato, dimostrando una grande indipendenza dalla linea di partito. Durante l’Amministrazione Obama è risultata la repubblicana che ha votato di più a favore delle misure dell’esecutivo, e si è trovata spesso a proporre disegni di leggi a supporto bipartisan. Si è spesso posta dunque come un’appeaser, sempre pronta a trovare il compromesso tra le due parti politiche. È una dei pochissimi legislatori repubblicani al Congresso a difendere la scelta della donna nel dibattito sull’aborto (solo altre due senatrici repubblicane condividono la sua posizione), e questo l’ha spesso portata a votare contro il suo stesso partito. Un’altra posizione tipicamente “liberal” che ha sempre sopportato è quella dei diritti LGBTQ+, che ha difeso fin dalla sua entrata nelle aule del Senato negli anni ‘90. Questa posizione molto a sinistra rispetto al repubblicano medio e, ovviamente, questa sua indipendenza è sempre piaciuta molto agli elettori del Maine, che l’ha rieletta con maggioranze schiaccianti ad ogni fine mandato. Ma poi, nel 2016, Donald Trump è stato eletto Presidente. E qui qualcosa è cambiato. Certo, la Collins si è opposta più volte all’esecutivo: ha votato contro l’annullamento dell’Obamacare, ha difeso il diritto dei transessuali di servire nelle forze armate, si è opposta alla revoca delle protezione ambientali messe da Obama e all’indebolimento dell’EPA. Certo, si era allineata alla linea presidenziale di più con Obama di quanto abbia fatto con Trump. Ma è indubbio che la sua indipendenza dal Partito Repubblicana si sia ridotta notevolmente; così come è indubbio che abbia supportato il presidente anche in situazioni dove ciò significava tradire quello per cui ha sempre lottato. Ha approvato la stragrande maggioranza degli aspiranti giudici scelti dall’amministrazione, anche diversi candidati anti-abortisti e anti-LGBT. Ha approvato la controversa nomina di Brett Kavanaugh, anch’esso manifestante idee contro l’aborto. Infine, ha votato per l’assoluzione di Trump durante l’impeachment, nonostante le diverse prove di comportamenti illegali del presidente e la leadership repubblicana del senato avesse condotto il processo in maniera scandalosa, impedendo addirittura l’ascolto dei testimoni. Le motivazioni presentate sono risultate abbastanza deboli, e non sembrano aver convinto gli elettori del Maine, sempre più contrariati dal suo andamento nell’ultimo mandato. La Collins ha provato a ritornare sulla sua solita via votando contro l’approvazione della nomina alla Corte Suprema dell’ultraconservatrice Amy Comey Barrett, ma è da vedere se sarà abbastanza per recuperare il supporto perso.
Sara Gideon (D)
Speaker della Camera dei Rappresentanti del Maine in carica, la Gideon è una progressista, che sostiene fortemente l’ampliamento delle coperture sanitarie per permettere anche ai meno abbienti di permettersi le cure di cui hanno bisogno, e per combattere la crisi degli oppiacei, tematica troppo spesso ignorata dai politici americani e di cui la candidata democratica si è già occupata nella sua esperienza nella legislatura del suo stato. La sua campagna ha raggiunto una certa attenzione nazionale, ottenendo endorsements da personaggi ed entità importanti, quali l’ex Presidente Barack Obama e la Human Rights Campaign, uno dei gruppi di lobbismo LGBTQ+ più importanti degli Stati Uniti, che da quando Susan Collins è entrata in Senato ha sempre preferito lei ai suoi avversari.
La nostra previsione
La luna di miele tra il popolo del Maine e Susan Collins sembra essere giunta al capolinea; secondo noi, la repubblicana saluterà il Senato dopo più di vent’anni, e il suo seggio passerà ai Democratici.
9) MONTANA
Ci sono due immagini nella mente di chiunque quando si parla di Far West: pericolosi pistoleri che cavalcano in uno scenario desertico tra rocce rosse e vegetazione sparsa, e cowboys che guidano mandrie enormi per praterie sterminate. Il Montana è figlio della seconda visione; buona parte dello stato è una sezione delle Grandi Praterie che occupano il Midwest degli Stati Uniti, prestandosi particolarmente all’allevamento di bovini. I “ranch” e in generale il settore dell’allevamento sono stati una sezione fondamentale dell’attività economica dello stato per molto tempo. Ma il settore che ha aiutato di più la crescita del Montana e che ancora oggi è centrale nell’economia del luogo è sicuramente il minerario. Nell’ovest dello stato passa infatti una parte delle Montagne Rocciose, la catena montuosa più grande del Nord America, e vi risiedono grandi giacimenti di molte materie prime usate in industria (carbone, argento, rame…). Altri settori ad oggi di grande rilevanze sono l’industria del legname e il turismo, che è forte grazie ai parchi naturali e in generale gli scenari mozzafiato che le pianure sconfinate e le grandi montagne presenti possiedono. Il Montana è dunque uno stato di contadini, di minatori e di allevatori. Ha una delle densità abitative più basse della nazione, il che vuol dire che i suoi abitanti tendono a vivere in piccole comunità. Politicamente, il Montana è abbastanza peculiare. La sua natura di stato di frontiera conquistato dal “self-made man” americano e la sua società atomizzata per tutta l’enorme superficie farebbero pensare ad uno stato piuttosto conservatore. Si tratta di un’assunzione corretta, ma storicamente infranta più volte. Il Montana ha eletto la prima deputata donna nella storia degli Stati Uniti ai tempi della prima guerra mondiale, ed è stato uno stato dove i nascenti movimenti socialisti a cavallo tra ‘’800 e ‘900 erano particolarmente forti, per via dell’inevitabile espansione dei sindacati tra i minatori dell’estensivo settore minerario montanano. Avvicinandosi ai giorni nostri, la politica del Montana risulta alquanto bipolare. Dal 1952 ad oggi Bill Clinton nel 1992 resta l’unico candidato alla presidenza non Repubblicano ad aver vinto nello stato, ma per le elezioni locali democratici e repubblicani se la giocano in modo più o meno equilibrato.
Steve Daines (R)
Daines è un repubblicano conservatore, molto legato a Trump. Si oppone ai diritti degli LGBTQ+ e a qualsiasi forma di controllo sulle armi. Non crede nell’origine antropica del cambiamento climatico, ed è stato un sostenitore convinto della scelta del presidente di ritirarsi dagli accordi di Parigi. È un “falco”, supporter di Israele e sostenitore della politica estera e militare dell’esecutivo. Tutto sommato, Daines rientra perfettamente nel profilo del politico repubblicano medio del 2020.
Steve Bullock (D)
Bullock è, senza ombra di dubbio, il candidato più forte che i Democratici potessero schierare in questa elezione. Governatore in carica, Bullock è un liberal moderato. Nella sua tenuta al comando dello stato è riuscito ad assumere una leadership forte, imponendosi sui legislatori repubblicani quando necessario ma ottenendo comunque leggi e misure importanti ad approvazione bipartisan. Ha salvaguardato i diritti delle comunità LGBTQ+ e espanso la copertura nel Montana di Medicaid, un programma federale per aiutare persone meno abbienti a coprire le loro spese mediche. Bullock ha l’ambizione di essere un conciliatore, vuole portare il suo “modello Montana” di una politica dove i due partiti siano in grado di collaborare di più per ottenere leggi utili ai cittadini. Questo non gli impedisce però di prendere posizioni su varie tematiche: è un grande sostenitore del diritto alla scelta personale nel dibattito sull’aborto, e da governatore ha bloccato qualunque proposta ledesse a questo diritto; si oppone strenuamente all’influenza del denaro delle grandi corporazioni nella politica americana e nel sistema elettorale, e non solo a parole, viste le cause perpetrate da lui in tribunale in opposizione alle leggi che permettono ai Super PACs di operare; è un alleato prezioso dei sindacati, e intende difendere i loro diritti da disegni di legge volti ad attaccare la loro capacità operativa, come ha effettivamente già fatto in Montana. Un punto su cui però Bullock risulta in contrasto con il suo partito è sicuramente l’ambiente. Riconosce perfettamente la validità scientifica del cambiamento climatico, e ha dichiarato che bisogna assolutamente prendere provvedimenti al riguardo, ma allo stesso tempo si è opposto più volte alle politiche energetiche di Obama e il loro impatto sull’industria del carbone. È facile capire le motivazioni della sua opposizione; il Montana è uno stato nel quale il carbone ha ancora un impatto economico importante, e il suo abbandono metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro nella regione.
La nostra previsione
Si tratta di uno scontro davvero ravvicinato, in cui è difficile capire chi ne uscirà vincitore. Ma se dovessimo scegliere su chi scommettere 10 euro, diremmo che questo seggio potrebbe passare ai Democratici.
10) NORTH CAROLINA
Compresa tra i Monti Appalachi e l’Oceano Atlantico, la North Carolina è dotata di una certa varietà paesaggistica che si contrappone ormai da molti anni alla stabilità politica tipica del Sud. Nacque come parte delle Tredici Colonie fondate dalla Gran Bretagna e si contraddistinse fin da subito come stato schiavista, motivo per il quale nel corso della Guerra Civile aderì alla Confederazione. In seguito rimase per quasi cent’anni una roccaforte democratica finché a partire da Nixon passò ai Repubblicani. Quattro anni fa, Trump vinse con un margine ridotto mentre ora rischia una sconfitta. Di mezzo, la strettissima vittoria democratica alle elezioni per il governatore, e soprattutto, le proteste di Black Lives Matter che stanno risvegliando la partecipazione della comunità afroamericana. Inoltre, di recente, la North Carolina sta vedendo crescere la propria popolazione e questo potrebbe alterare gli equilibri elettorali a cui siamo abituati da decenni. Per quanto riguarda il Senato, la sfida è stimata come la più costosa di sempre, con oltre 250 milioni di dollari spesi dai due sfidanti. Decisiva la partecipazione degli afroamericani che potrebbero dare un aiuto enorme per la maggioranza a Biden.
Thom Tillis (R), incumbent
Eletto anch’egli quattro anni fa, Tillis ha ricevuto l’endorsement da parte di Trump, a cui adesso è abbastanza vicino, ma si è scontrato con il leader del suo partito almeno due volte. La prima quando insieme ad altri 35 senatori repubblicani ha chiesto al presidente di mantenere in vigore il trattato commerciale NAFTA e la seconda quando si è espresso contro la dichiarazione di emergenza nazionale proclamata da Trump per sostenere la costruzione del muro ai confini meridionali. Un altro tema che lo differenzia dall’ala radicale del partito è quello ambientale. Tillis, da negare l’esistenza del problema, si è spostato su posizioni più mainstream, proponendo “soluzioni di mercato al cambiamento climatico”. Lo scorso mese si è ammalato di Covid ma è guarito in fretta e ha subito intensificato la campagna elettorale al fianco di pezzi grossi del calibro di Mike Pence, Ted Cruz e Nikki Haley.
Cal Cunningham (D)
Moderato e veterano di guerra, Cunningham presenta i caratteri tipici del candidato democratico chiamato a vincere in terra ostile prendendosi i voti dei repubblicani più centristi. Il primo incarico politico l’ha avuto vent’anni fa al senato statale, poi è stato assegnato dall’esercito in Iraq e Afghanistan. Un’immagine perfetta, rovinata negli scorsi giorni dalla rivelazione di un affare extraconiugale che potrebbe influenzare le sue chances di vittoria. Sui temi della lotta al cambiamento climatico e dell’espansione della copertura sanitaria si è espresso positivamente. Sulla proposta del movimento Black Lives Matter di togliere fondi alle forze di polizia si è detto contrario, preferendo una riforma nei metodi.
La nostra previsione
Questa è un’elezione molto combattuta. Cunningham sembrava avere la vittoria in pugno, ma lo scandalo personale che l’ha colpito ha rovinato un po’ il suo momentum. Secondo noi, Cunningham la spunterà e vedremo passare questo seggio ai Democratici, ma in una notte sul filo del rasoio.
Iacopo Brini, Lorenzo Bezzi, Federico Speme
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