Rubrica che recensisce opere a tema LGBTQ+ pittoriche, cinematografiche e letterarie, perché, come detto da João Costa Menezes: “Il cinema (e le altre forme d’arte, NdR) è importante solo se usato per discutere di quelle cose di cui non vogliamo sentir parlare, altrimenti è solo uno strumento di vanità”.
La vita di Adele – Capitoli 1 & 2 è un film del 2013 diretto da Abdellatif Kechiche, adattamento cinematografico del romanzo a fumetti Il blu è un colore caldo di Jul Maroh. Il film si è aggiudicato la Palma d’oro al Festival di Cannes 2013, nonostante le critiche da parte delle attrici principali, dall’autore stesso della graphic novel e, più in generale, della parte del mondo queer interessata al libro.
La trama
La protagonista è Adele (Adèle Exarchopoulos), una ragazza liceale francese che conosce Emma (Léa Seydoux), una studentessa di Belle Arti dai capelli blu grazie alla quale capisce di essere lesbica e con cui inizia una relazione duratura.
Le due ragazze si lasciano a causa del tradimento da parte di Adele: la separazione porta la protagonista a condurre una vita piuttosto grigia e monotona, fino a che non rivede Emma in un bar. Tenta di riconquistarla, ma l’altra rifiuta. Il film si chiude con Adele che si allontana da una mostra della stessa Emma, senza farci sapere altro.
Le differenze fumetto-film
Il film presenta notevoli differenze rispetto al fumetto originale, a partire dal nome della protagonista, che nel libro è Clementine, una ragazza bassa, tozza e dai capelli scuri. La struttura narrativa, poi, è stata totalmente cambiata: originariamente entra in possesso dei diari di Clementine dopo la morte della ragazza e li legge nella sua stanza raccontando la storia attraverso i flashback. Nel film quindi il personaggio di Emma perde centralità, e diventa un qualcosa che “capita” alla protagonista.
Inoltre, Kechiche mette molto in rilevanza le disuguaglianze tra la famiglia di Adele, che vuole diventare maestra, e quella di Emma, artisti, raffinati e di una certa cultura. Un’altra differenza è la personalità della protagonista: mentre nel film è impulsiva e spontanea, senza porsi troppi problemi nelle questioni sessuali, nella graphic novel invece vive la scoperta della sua sessualità in modo tormentato e sofferente. Nel film viene rappresentata come una ragazza ingenua e vivace, contrariamente alla delicatezza e all’indecisione del personaggio iniziale. Film e libro assumono dunque una caratterizzazione completamente diversa.
Le critiche
Le principali critiche, mosse dall’autore del fumetto Jul Maroh, riguardano proprio la rappresentazione di ciò che riguarda la sfera sessuale.
È infatti arrivata ad affermare:
A me sembra che sul set mancasse una cosa: le lesbiche. Fatta eccezione per alcune sequenze, questo è quello che penso: è stata una rappresentazione brutale e chirurgica, esagerata e fredda, del cosiddetto sesso lesbico, che è diventato pornografia e mi ha fatto sentire molto a disagio.
Jul Maroh
Sulle le scene di sesso si sono espresse anche le attrici protagoniste: Adèle infatti ha raccontato al The Daily Beast che
Ci ha avvisato che dovevamo avere fiducia in lui – cieca fiducia – e dare molto, moltissimo di noi. […] Ma quando abbiamo iniziato a girare, ho capito che voleva davvero che dessimo tutto. La maggior parte delle persone non si osa neppure di chiedere le cose che lui ci ha chiesto e ha molto più rispetto. [Di solito, n.d.r.] durante le scene di sesso, vieni rassicurato. E le sequenze sono coreografate, cosa che desessualizza l’atto.
Adèle Exarchopoulos
La Seydoux si espressa con termini molto forti, parlando quasi di violazione:
A volte era umiliante, mi sentivo una prostituta. [Abdellatif Kechiche, n.d.r.] girava con tre telecamere e quando devi fingere un orgasmo per 6 ore… non posso dire che non sia stato niente.
Léa Seydoux
A queste critiche il regista ha risposto con una lunga lettera aperta pubblicata da Rue89 definendo l’attrice “bambina viziata” e accusandola di aver “cambiato atteggiamento” dopo averlo ringraziato per il ruolo datole. Kechiche è arrivato persino a rimpiangere l’uscita del film.
Le opinioni personali
Personalmente, ho apprezzato molto il film per il realismo e per il taglio originale e vero dato a molte scene. Credo però che questa caratteristica sia portata all’estremo in alcuni momenti, fino a risultare quasi imbarazzante.
Mi piace molto l’uso del colore – il blu che comincia a macchiare e a colorare l’esistenza di Adele, – anche se forse avrei preferito una resa meno evidente e più tenue. È interessante notare come, nonostante Adele via via che si inoltra nella relazione con Emma indossi molto il blu, questo colore non la pervada mai totalmente: la ragazza, pur attratta dal blu di Emma, che è un po’ la sua aura, si limita a copiarlo, senza farlo veramente suo. E infatti nel film la relazione non scende mai troppo in profondità, e lei finisce per indossare il blu senza convinzione, così come senza convinzione saranno le sue scelte di vita dopo la separazione.
La recitazione di tutto il cast, ma principalmente delle due attrici protagoniste, merita un applauso: mi sono ritrovata a riguardare alcune scene, come quella dell’incontro tra Emma e Adele, per cogliere meglio i dettagli delle espressioni e degli sguardi, profondissimi e densi di significati. Per quanto riguarda le scene di sesso, concordo con la critica e con Maroh, per quanto non condivida le tinte più forti delle loro argomentazioni.
Mi sarebbe piaciuto vedere uno sviluppo più maturo della relazione tra le due ragazze. È infatti incentrata praticamente tutta sul sesso: non c’è un momento più delicato o significativo, e quando ci sarebbe la possibilità di svilupparlo (come nella scena in cui Adele chiede ad Emma se vuole un caffè e quest’ultima non risponde) non viene portato avanti, ma lasciato lì senza cura di far capire agli spettatori/alle spettatrici i sentimenti dei personaggi.
Un altro dettaglio da notare è il cambiamento nell’arte di Emma: all’inizio, quando Adele era la sua musa, la sua arte aveva qualcosa di particolare e di ispirato, mentre successivamente diventa meno notevole, come evidenziato anche dai critici che discorrono con Emma dei suoi lavori.
La filosofia del film
Una delle possibili chiavi di interpretazione del film è la scena in cui, ad una festa a casa delle due protagoniste, parla uno degli artisti frequentati da Emma, un personaggio importante che si occupa di organizzare mostre: egli afferma che la donna prova più piacere dell’uomo, ma che questo piacere è rappresentato meglio dagli uomini.
Credo che effettivamente questo possa rappresentare bene la filosofia applicata da Kechiche nel realizzare il film: lo sguardo del regista è molto presente, e questo comporta un taglio negativo, quasi misogino nei confronti del mondo queer. La cosa si nota, ad esempio, nel destino riservato a Emma: fedele alla sua famiglia, con una moglie e il figlio di quest’ultima, senza però essere veramente felice.
Nonostante tutte le critiche che si possono fare a Kechiche, credo che il film sia molto bello e profondo, e che lasci il segno: non è un caso che sia stato, e che sia tuttora, molto discusso.
Emilia Todaro
(In copertina e nel testo scene tratte dal film La vita di Adele)
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