A Bologna da fine agosto fino a metà febbraio sarà possibile ammirare i quadri dei più importanti impressionisti presso la mostra allestita a Palazzo Albergati. Tra i nomi più importanti spuntano Degas, Renoir e Pissarro, oltre – naturalmente – a Claude Monet, maestro indiscusso della corrente.
Dal 29 agosto fino al 14 febbraio è possibile visitare la mostra “Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi” presso Palazzo Albergati di Bologna. L’esposizione è composta da 57 capolavori di Monet e di altri grandi artisti della corrente impressionista – quali Degas, Renoir, Morisot, Pissarro e molti altri – provenienti dalla collezione del Musée Marmottan Monet, che ha ceduto alcune opere per la prima volta dalla sua fondazione (avvenuta nel 1934).
La mostra, in realtà, doveva essere inaugurata il 12 marzo, ma è stata spostata a causa della crisi sanitaria mondiale. Sul sito del Gruppo Arthemisia troviamo la dichiarazione di Iole Siena, Presidente del gruppo, che recita: “l’apertura di una mostra eccezionale come Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi va in controtendenza rispetto al panorama internazionale ed emoziona più del solito, perché aprirla significa gettare il cuore oltre l’ostacolo, superare paure e incertezze e prediligere l’interesse del pubblico rispetto al proprio.”
Promuovere la cultura in un contesto storico così particolare è molto importante. Proprio per questo di seguito troverete alcune nozioni sull’Impressionismo e sul suo grande protagonista, Monet, così da poter apprezzare appieno la visita.
Impressionismo in pillole
L’impressionismo è probabilmente la corrente artistica che ha avuto più successo nella storia dell’arte: sono pochi, infatti, i movimenti che possono vantarsi di un così ampio consenso dopo secoli dalla propria nascita.
Ma a cosa si deve questa popolarità? La risposta si trova nel periodo storico e nel clima culturale in cui questa corrente inizia a svilupparsi.
L’Impressionismo nasce canonicamente a Parigi tra il 1860 e il 1870 grazie alle influenze del Romanticismo e del Realismo: dal primo eredita la concezione del soggettivismo, ovvero ogni tela racchiude le sensazioni personali dell’artista; dal secondo, invece, riprende la tendenza a rappresentare la realtà quotidiana.
La rottura con i movimenti precedenti, però, risiede nella scelta dei soggetti: grazie alla diffusione della fotografia, la pittura si allontana dalla sua funzione documentarista per concentrarsi sulle “impressioni” che gli artisti vogliono trasmettere. Ed è così che iniziano a popolare le tele paesaggi che cambiano durante la giornata e scene di vita quotidiana che non hanno alcun interesse politico o sociale.
L’artista, inoltre, grazie all’invenzione dei colori in tubetto, non è più chiuso nel suo atelier ma dipinge fuori, en plein air, osservando la realtà cambiare sotto i suoi occhi. I veri protagonisti dei quadri, comunque, sono la luce e il colore: si tende ad evitare l’uso di forti contrasti chiaroscurali, del disegno preparatorio e delle linee di contorno; si predilige, invece, l’accostamento di colori puri e complementari, stesi con pennellate veloci e fluide.
Le mostre
La prima mostra degli Impressionisti avviene il 15 aprile del 1874, quando il fotografo Félix Nadar cede gratuitamente i locali del suo studio al 35 di Boulevard des Capucines a un gruppo di giovani artisti, le cui opere erano state rifiutate dai principali Salons (esposizioni ufficiali d’arte) di Parigi.
L’esposizione presenta un totale di 163 opere appartenenti a pittori allora sconosciuti, come Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Camille Pissarro, Giuseppe De Nittis, Berthe Morisot, Paul Cezanne, Alfred Sisley e Edouard Monet che partecipa con nove opere, una delle quali è Impression, soleil levant. È proprio il titolo di quest’opera che ispirerà il critico Louis Leroy a dare a questo gruppo di artisti l’appellativo derisorio di “Impressionisti”.
La mostra, infatti, si dimostra essere un vero e proprio fallimento: Leroy stesso, osservando il quadro di Monet, scrive “una carta da parati al suo stato iniziale è più rifinita di questa marina”.
A questo primo insuccesso seguono, poi, altre sette mostre che riescono pian piano ad attirare l’attenzione di un pubblico internazionale: grazie al contributo del mercante d’arte Durand-Ruel e della pittrice americana Mary Cassat (che espone i suoi dipinti nel 1877, durante la terza mostra) le opere impressioniste iniziano ad essere conosciute non solo in Europa, ma anche oltreoceano, dove riscontrano un immediato successo.
L’ultima esposizione si ha nel 1886 e rappresenta, in realtà, un ponte tra Impressionismo e Postimpressionismo: tra i 17 artisti che presentano le proprie opere, ad accompagnare i pochi “pionieri” – la Morisot, Degas e Pissarro – ci saranno Gauguin, Seurat e Signac, che mostrano fin da subito i loro tratti distintivi e originali.
Claude Monet, il maestro degli Impressionisti
Non è un caso che la mostra si intitoli Monet e gli Impressionisti. Il nostro percorso, infatti, inizia e termina con un quadro del pittore.
La prima opera in esposizione è Campo di Tulipani in Olanda, dipinto nel 1886 durante il suo secondo soggiorno nei Paesi Bassi. Come la maggior parte dei dipinti di Monet, questa fa parte di una serie che presenta lo stesso paesaggio – un mulino e due case circondati da un campo di tulipani e un canale – visto da angolazioni e momenti della giornata diversi. In particolare, qui troviamo in primo piano il corso d’acqua affiancato dai tulipani piegati dal vento, mentre le abitazioni sono poste all’orizzonte circondate da un cielo azzurro, che trasmette allo spettatore un senso di pace e tranquillità.
Continuando il nostro percorso, passiamo attraverso uno splendido corridoio di specchi (il punto ideale se si vuole scattare qualche foto) dove vengono proiettati tre quadri animati: il Campo di Tulipani, Le Ninfee e un particolare del suo Giardino Giapponese.
L’esposizione del piano terra è poi dedicata prevalentemente agli altri artisti. Sono presenti quadri che, come accennato prima, vengono esposti per la prima volta al di fuori del Marmottan Monet: Ritratto di Berthe Morisot distesa (1873) di Manet, Donna con ventaglio o Il ballo (1875) di Berthe Morisot, Fanciulla seduta con cappello bianco (1884) e Ritratto di Julie Manet (1894) di Renoir.
Il primo piano, invece, è dedicato quasi ed esclusivamente a Monet e alle Ninfee dei suoi ultimi anni. Dal 1914, dopo aver perso la moglie Alice e il figlio Jean, l’artista decide di ritirarsi dalla vita pubblica e di passare gli anni della sua vecchiaia a dipingere particolari del suo giardino.
Questa attività si trasforma quasi in un’ossessione, tanto da scrivere: “Sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. […] Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire”.
Le ultime opere
Nel 1920, l’artista si ammala di cataratta e nel 1923 si sottopone ad un intervento per rimuovere il cristallino. Gli effetti di questo evento sui suoi quadri sono evidenti: la malattia, infatti, non gli permetteva di riconoscere i contorni e l’effettiva tonalità dei colori. Così Ponte Giapponese (1918-1924) e Lo stagno delle Ninfee (1919) diventano vere e proprie opere astratte, dove emergono toni del marrone e del rosso, in totale contrapposizione ai colori pastello usati nelle prime versioni.
A chiudere la mostra, infine, abbiamo uno degli ultimi quadri dipinti dall’artista: la grande tela Le Rose (1926). Ritroviamo qui un ritorno ai colori tenui, che strizzano l’occhio alle sue opere precedenti, ma il tratto è caratterizzato da quella velocità, da quel nervosismo tipico dei suoi ultimi lavori.
Emerlinda Osma
(In copertina e nell’articolo foto dell’autrice)