Sono trascorsi più di otto anni da quando la vita mi ha messo di fronte a una grande sfida. Era il 2 maggio 2012, e i medici mi diagnosticarono il diabete mellito di tipo 1.
Avevo solo nove anni, e non avevo mai sentito parlare di questa patologia. Dopo quasi un decennio di convivenza con il diabete ho imparato molte cose. Ma soprattutto, ho notato che, nonostante sia molto diffusa, questa malattia è poco conosciuta o del tutto ignota. È proprio per questo che ho deciso di raccontare la mia storia.
Cos’è il diabete mellito di tipo 1?
Il diabete mellito di tipo 1 è una malattia cronica e autoimmune del metabolismo che si manifesta prevalentemente nell’infanzia o nell’adolescenza, quando il sistema immunitario aggredisce le cellule del pancreas che producono insulina, un ormone indispensabile per il metabolismo degli zuccheri, determinandone una produzione insufficiente.
Vita da diabetica
In seguito all’attacco dal quale il mio pancreas non ha saputo difendersi, la mia solita routine è cambiata. Uno sconvolgimento non troppo drastico, ma nemmeno trascurabile.
Dal momento che il mio pancreas non produce più insulina, è mio compito fornirgliela. L’insulina è unicamente somministrabile per via iniettiva e deve essere assunta poco prima dei pasti. La dose di medicinale da iniettare si stabilisce in rapporto alla quantità di carboidrati del pasto e alla glicemia, ovvero il valore degli zuccheri contenuti nel sangue. Per determinare il valore glicemico si utilizza un glucometro, un apparecchio che preleva un’esigua quantità di sangue da un minuscolo foro, realizzato sul dito con uno strumento chiamato “pungi-dito”.
L’obiettivo della terapia, cioè mantenere dei buoni valori glicemici, a non sempre è possibile. Capita spesso che la glicemia assuma valori troppo alti (iperglicemia), oppure troppo bassi (ipoglicemia). Per ripristinare l’equilibrio glicemico, nel primo caso si può somministrare dell’insulina o (meglio) praticare attività fisica, mentre nel secondo è sufficiente assumere dello zucchero o degli alimenti che lo contengano.
Alcuni miti da sfatare
La vita da diabetica non prevede solamente controlli glicemici e iniezioni d’insulina, ma anche la capacità di mantenere la calma di fronte ad affermazioni come “Chi ha il diabete non può mangiare dolci”, “Se continui a mangiare così tanti dolci ti verrà il diabete”, “Non starmi troppo vicino, altrimenti mi attacchi il diabete”.
I primi miti che intendo sfatare riguardano il rapporto del diabete con i dolci. Essenziale per l’efficacia della terapia è seguire una dieta equilibrata, che non prevede alcuna totale rinuncia, in particolare dei dolci. Una persona con il diabete di tipo 1 può consumare liberamente dolci, basta evitare quantità eccessive.
Si ritiene poi, erroneamente, che lo sviluppo del diabete sia correlato a un’eccessiva assunzione di zucchero: il diabete è causato da fattori genetici e altri fattori che tendono a scatenare l’insorgenza della patologia. Per la medesima ragione il diabete non è una malattia contagiosa.
Un compagno di vita
A dire la verità non ho mai considerato il diabete come una malattia, e, soprattutto, ai miei occhi non ha mai costituito un limite. Per me rappresenta piuttosto un compagno di vita che mi ha aiutata e che continua ad aiutarmi a crescere, nel bene e nel male.
Mi ha insegnato, per esempio, ad essere indipendente: a nove anni, dopo tre giorni di ricovero, decisi di voler rilevare la glicemia e fare le iniezioni da sola. Da quel momento in poi ho gestito la mia patologia in totale autonomia.
Ho imparato anche a essere costante. La costanza è una qualità essenziale per il buon esito della terapia, che deve essere seguita scrupolosamente e che non ammette dimenticanze. Tutti gli errori commessi nell’esecuzione ricadono sulla persona e sulla sua salute.
Ed è per questo motivo che ho imparato a volermi bene: impegnarmi per l’efficacia della terapia è qualcosa che faccio per me stessa, per stare bene. Tuttavia, credo che l’insegnamento più grande sia non avere paura delle sfide che la vita ci mette di fronte: e se mi trovo a dover affrontare questa, significa che la posso vincere.
Giorgia Rossi
(In copertina Steve Buissinne da Pixabay)