Andrea Camilleri – L’ultimo grande maestro siciliano
Il 17 luglio dello scorso anno ci lasciava Andrea Camilleri, padre del celeberrimo commissario Montalbano. Le sue opere letterarie sono state tradotte in almeno 120 lingue e da molti è stato consideratoviene ritenuto un “nobel mancato”. Senza ombra di dubbio, il Mmaestro verrà ricordato dai posteri come uno dei più grandi autori della nostra letteratura. Memorabile è stata una delle sue ultime apparizioni pubbliche presso il Teatro Greco di Siracusa, in cui, nel giugno del 2018, l’autore ha messo in scena la sua opera Conversazione su Tiresia. Recitando come unico protagonista, nei panni del mitologico indovino greco Tiresia, Camilleri ha così proclamato il suo testamento spirituale.
La vita e il successo
Camilleri nasce nel 1925 a Porto Empedocle, località marittima in provincia di Agrigento. Dopo la maturità al liceo classico della sua città natale, si iscrive alla facoltà di filosofia senza però portare a compimento i suoi studi. Vive duramente l’esperienza della seconda guerra mondiale in “una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento“, come riportato dalle parole dello stesso scrittore. Già a partire dal 1942 inizia a lavorare come regista teatrale, e pubblica i suoi primi racconti e poesie. Conclusi gli studi all’Accademia nazionale d’arte drammatica, cura la regia di numerose opere teatrali, principalmente di Pirandello, considerato da lui stesso il suo più grande maestro.
Dopo anni di successi nel mondo del teatro e della recitazione, verso la fine degli anni 70′ esordisce nella narrativa. La sua fama raggiunge il culmine relativamente tardi, a metà degli anni 90′ quando inizia a produrre romanzi e racconti sulle indagini del commissario Montalbano. La trasposizione televisiva della serie parte nel 1999 e dopo oltre vent’anni è una delle trasmissioni di maggior successo del palinsesto RAI. Basti pensare che, dopo anni di repliche, anche gli episodi più vecchi del commissario Montalbano ottengono ancora buona parte dello share televisivo.
C’era una volta Vigata…
Gran parte delle opere narrative prodotte da Camilleri sono ambientate a Vigata, una cittadina immaginaria che nella fantasia dell’autore corrisponde alla sua città natale Porto Empedocle. Qui sono collocati tutti i romanzi storici scritti da Camilleri, che, come lui stesso ha più volte sottolineato, sono una parte fondamentale di tutta la sua produzione letteraria. I più conosciuti sono La mossa del cavallo, La stagione della caccia e La concessione del telefono. Tutti e tre hanno dato vita a dei film trasmessi dalla RAI negli ultimi due anni.
Ambientati nei decenni successivi all’unità d’Italia, questi racconti sono un ottimo spaccato sulla società siciliana dell’epoca. Costante è il riferimento agli usi e i costumi di quel periodo, rievocati con ironia. La nascita e lo sviluppo di quelle che sono state le prime “organizzazioni mafiose” è sicuramente uno dei temi più ricorrenti. Sullo sfondo sono presenti le rivolte e i movimenti sovversivi di stampo socialista tipici di un’epoca in cui lo squilibrio tra Nord e Sud Italia minava fortemente alla stabilità della nazione.
Il commissario Montalbano
Scontroso, suscettibile e a volte irascibile, Salvo Montalbano è il personaggio più vivace e allo stesso tempo geniale prodotto dalla penna di Camilleri. Oltre che essere un investigatore formidabile, degno del Maigret di Georges Simenon (a cui l’autore si è ispirato), Montalbano è prima di tutto un uomo fatto di lodevoli pregi ed imbarazzanti difetti. Amante della buona tavola e della sua Sicilia, il dottor Montalbano è un investigatore atipico. All’apparenza freddo e distaccato ma dotato di qualità umane sopraffine, è spesso protagonista di indagini che non sono dei semplici “gialli”. Grazie al suo personaggio più celebre, Camilleri riesce a sondare la natura più profonda dell’animo umano. Tutti gli altri personaggi che ruotano attorno a Montalbano infatti offrono un chiaro quadro di tutti gli stereotipi umani, ben noti a noi italiani.
Quando si legge un romanzo del commissario di Vigata si resta prima di tutto rapiti dalla molteplicità e dalla complessità degli intrecci ideati da Camilleri, mai banali. La sensazione che più colpisce è però la percezione straordinaria di essere letteralmente traghettati in Sicilia. Leggendo Montalbano si possono sentire le onde del mare che si infrangono sulla battigia davanti al villino del commissario. Si può percepire il profumo degli arancini, appena sfornati, di Adelina, la domestica di Montalbano. Si entra letteralmente in un mondo reale in cui diventa difficile distinguere le fantasie da ciò che finzione non è.
La lingua di Camilleri
Quello che forse ha reso più innovativa l’opera di Camilleri è l’utilizzo di una lingua ibrida, a metà strada tra il dialetto siciliano e l’italiano corrente. L’autore ha inventato nel corso degli anni un vero e proprio linguaggio che viene fedelmente ripreso anche nelle trasposizioni televisive dei suoi libri. Prendendo “La forma dell’acqua“, primo romanzo in cui compare il commissario Montalbano, si nota facilmente che la lingua predominante è l’italiano con qualche aggiunta dialettale. A partire dai primissimi anni 2000 inizia ad essere sempre più forte il processo di fusione tra il siciliano e l’italiano, tanto che online è possibile trovare diversi siti nei quali viene riportato una sorta di vocabolario utile per la lettura delle opere di Camilleri.
L’esempio più lampante di tale evoluzione linguistica lo si trova in “Riccardino“, l’ultimo romanzo del maestro, pubblicato lo scorso 16 luglio. L’opera, edita da Sellerio Editore, presenta infatti due versioni del libro. La prima risale al 2006 mentre la seconda è del 2016. Per quanto riguarda la trama non c’è nessun cambiamento. Le principali differenze si trovano proprio nel linguaggio usato, a testimonianza del fatto che Camilleri nel corso degli anni ha, in un certo senso, da un lato modificato il suo stile e dall’altro portato a maturazione uno degli esperimenti linguistici più interessanti della nostra letteratura contemporanea.
L’ultimo atto
Il genio letterario di Camilleri si esprime in tutta la sua creatività proprio in “Riccardino”, che rappresenta la conclusione della saga di Montalbano. Già dopo aver scritto i primi romanzi e dopo il successo ottenuto, Camilleri si era posto il problema di come porre fine, prima o poi, al commissario. Farlo semplicemente morire o ritirare non sono mai sembrate a Camilleri soluzioni possibili. Molto famoso è il caso di Sherlock Holmes, investigatore privato di fine Ottocento, ideato dalla penna di Arthur Conan Doyle. Quest’ultimo infatti subito dopo aver deciso di far morire il suo eroe, venne letteralmente assalito dai numerosissimi lettori di Sherlock e fu “costretto” a resuscitarlo, scrivendo altri racconti su di lui.
Camilleri per sorprendere tutti ancora una volta, ha ideato con largo anticipo la perfetta uscita di scena del commissario Montalbano. Nel 2006 consegna infatti alla Sellerio Editore “Riccardino“, con la clausola che tale romanzo venisse pubblicato solo dopo la sua morte. Per anni la “fine” di Montalbano è rimasta chiusa in un cassetto, mentre numerose altre sue indagini hanno continuato a popolare gli scaffali delle librerie.
“Riccardino” è a tutti gli effetti uno splendido metaromanzo. Montalbano deve affrontare un’ultima intricata inchiesta nel corso della quale si sente troppe volte in difficoltà, ormai sopraffatto dall’età e dalla stanchezza. L’indagine fa da sfondo a quello che è il vero cuore del romanzo, cioè il dialogo tra l’autore stesso e i due Montalbano, quello televisivo e quello letterario. Sulle orme di Pirandello, Camilleri supera i confini della letteratura e diventa egli stesso protagonista del romanzo ed interlocutore diretto di Montalbano, che, tra l’altro, è palesemente disgustato dalla rappresentazione del suo alter ego televisivo.
Un maestro per tutti
Montalbano al termine del suo ultimo caso “scompare”, come già anticipato da Camilleri. Lascio ai lettori il compito di concludere per intero la lettura di “Riccardino“. Resta il fatto che, con questo epilogo, allo stesso tempo drammatico ed ironico, Camilleri si è dimostrato un maestro indiscusso. In ogni suo scritto si ritrova quell’umorismo piccante tipico della sua personalità ed è sempre presente quello sguardo attento e critico rivolto all’umanità. Emerge fortemente il suo impegno volto all’analisi diretta dei mali della società del nostro tempo. Costante, specie nei romanzi di Montalbano, è la riflessione sull’eterna contrapposizione tra la giustizia, come istituzione e ciò che è umanamente giusto. Benché sia scomparso da poco più di un anno, Andrea Camilleri ha già occupato il suo posto nello scranno dei più grandi maestri siciliani di tutti i tempi, quali Pirandello, Verga e Sciascia.
Diego Bottoni