Le notizie di cronaca che sentiamo ogni giorno sembrano volerci convincere che l’unica strada possibile sia quella della paura, che i muri vadano alzati e le porte sbarrate. Il mondo vuole isolarsi, isolarci e chiuderci in una bolla di certezze assolute e dogmi inalterabili. Noi allora cerchiamo di costruire un’altra realtà, raduniamoci attorno al caldo di un camino e, come in tempi ormai lontani, esorcizziamo il male con delle favole, Storie contro la paura.
Donald Trump a Tulsa
Make America Great Again. Un uomo solo, al centro di un oceano blu di sedili: rappresenta alla perfezione quello che doveva essere e non è stato il primo comizio di Donald Trump in vista delle Elezioni del prossimo inverno. Il luogo era il Bok Center di Tulsa (Oklahoma), la data il 19 giugno.
Pochi giorni prima il presidente degli Stati Uniti annunciava con orgoglio un milione di richieste di partecipazione per l’evento e decine di migliaia di presenze sicure. Sembrava il riscatto, la conferma che il paese stava ancora dalla sua parte. Nonostante i recenti sondaggi in favore di Joe Biden, l’emergenza Coronavirus, il #BlackLivesMatter e tutti gli errori commessi negli ultimi tempi. Nonostante le promesse fatte e mai mantenute, e nonostante quell’America che doveva tornare ad essere “grande” e che improvvisamente si era ritrovata solo un po’ più povera. Sembrava.
E invece il giorno dell’evento, tra esterno e interno, del milione annunciato si sono presentate poco più di seimila persone. 6200. Il resto era un panorama desolante di sedili vuoti, un grande oceano blu che – ironico da pensare – ricordava molto il colore tanto caro ai democratici. Del rosso repubblicano poco o niente, tranne qualche striscione e qualche accanito sostenitore.
La rivoluzione sta arrivando
A fare la differenza, questa volta, sono stati i giovanissimi. Non i trentenni di Facebook, alla perenne ricerca di un lavoro che forse neanche esiste; e nemmeno i ventenni di Instagram, persi in quegli anni meravigliosi del passaggio dal liceo all’università. No, sono stati i più piccoli, i figli del nuovo millennio, nati con uno smartphone tra le mani e le LIM nelle aule delle elementari. I ragazzi che stanno combattendo da più di un anno nelle piazze di tutto il mondo al grido di “skolstrejk för klimatet”, insieme a Greta Thunberg. L’unica speranza che resta al nostro futuro.
Sono loro che si sono organizzati sul social del momento, Tik Tok, per prenotare quanti più posti possibili. Poco meno di un milione. E bloccare così in poco tempo le prenotazioni. Il giorno del comizio poi, non si sono presentati al Bok Center facendo a gara a trovare le scuse più divertenti per disertare.
“Mi ero scordata che devo passare l’aspirapolvere sulle pareti di casa”, ha scritto un’utente sui suoi social. “A quell’ora porto sempre a spasso il gatto, non riesco”, ha commentato un’altra. C’era chi doveva danzare con le fate e chi improvvisamente si ritrovava appuntamenti misteriosi con alberi. L’ispiratrice del movimento, la 51enne Mary Jo Laupp ha festeggiato il successo dicendo: “Ci sono adolescenti che credono che possono avere un impatto nel sistema politico di questo paese anche se ancora non sono abbastanza grandi per votare”. Anche sui social, anche su Tik Tok.
La macchina comunicativa di Trump si è messa subito in moto e il presidente ha cercato di screditare il suo avversario postando su Twitter una foto con scritto: “Joe Biden’s rally. ZERO enthusiasm!”, commenta. Eppure, la nuova corsa alla Casa Bianca di Trump sembra sempre più destinata al fallimento. Zero enthusiasm, come direbbe lui.
Lorenzo Bezzi
Donald Trump, Tik Tok e la politica nel nuovo millennio è il decimo articolo di Storie contro la paura, una rubrica di Lorenzo Bezzi.
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