La pandemia da Coronavirus ha cambiato tante, troppe cose. Ha bloccato il mondo e con esso i progetti di una generazione ormai priva di certezze, costantemente in cerca di fondamenta da dare al proprio futuro.
Viviamo in un periodo strano. Il boom tecnologico ci ha portati nel giro di cinquanta anni dalle lettere scritte a mano alle videoconferenze di gruppo usando telefoni che, fino a poco tempo fa, pensabili solo in serie come Star Trek. Eppure, con tutta questa tecnologia futuristica la nuova generazione, la mia generazione, nella maggior parte dei casi brancola nel buio. Un’oscurità creata dalla crisi economica che dilaga da anni nel nostro paese.
Aspettative diverse
Pochi decenni fa vi erano delle certezze: ti trovavi un lavoro ben remunerato, poi una compagna con la quale dividere una casa, una macchina e dei figli. E più o meno a questo punto si era realizzati. Fine. La laurea era fuori portata per la maggior parte delle famiglie operaie, ma non era un problema. Rimboccarsi le maniche dava risultati, non era necessario null’altro che una buona dose di volontà e sacrifici.
Oggi le possibilità di istruzione e lavorative si sono ampliate, eppure la maggior parte dei miei coetanei, me compreso, vive ancora coi genitori. Nel periodo critico della cosiddetta “età adulta” ci si ritrova obbligati ad accettate lavori sottopagati e insoddisfacenti, sicuramente con scarse possibilità di avere un posto proprio da chiamare casa. Viviamo in una società opprimente che obbliga le persone a formare una coppia o a trovare coinquilini se si vuole lasciare la dimora dove si è cresciuti e vivere in autonomia.
Non tutti però sono disposti ad accartocciare la laurea tanto sudata e i propri propositi per colpa della situazione economica senza abbattersi. C’è chi apre una propria attività, chi viaggia all’estero in cerca di opportunità differenti e chi anela a posizioni lavorative migliori.
Speranze sospese
Tutto molto bello. Da marzo la situazione cambia. Come un’era glaciale improvvisamente abbattutasi sul globo, a causa della pandemia da Coronavirus, ci ritroviamo barricati nelle nostre case. Per chi, come me, stava cercando di gettare le fondamenta per il proprio futuro è stato uno shock, come quando il bulletto di turno prendeva a calci il castello di sabbia che con tanta cura stavi costruendo.
Ad esempio, io stavo per partire per gli Stati Uniti e fare lì tre mesi di studio; mentre ora non so quando riapriranno le frontiere. Molti miei amici sono in cassa integrazione e alcuni di loro hanno attività che non sanno come portare avanti. Perché se non lavori, hai comunque qualcosa da pagare. Che siano le rate della macchina o le bollette per il Wi-Fi. Alcuni sono anche costretti a rientrare a vivere coi genitori, perché senza stipendio non puoi sostenere l’affitto della casa in cui ti sei da poco trasferito.
Superare le avversità
A gettare sale sulla ferita aperta c’è anche l’isolamento. L’impossibilità a socializzare ti lascia da solo con quei pensieri che prima esorcizzavi passando una serata al pub con gli amici, fra due birre, delle chiacchiere e un piatto di carbonara. Adesso sembrano ricordi di un secolo fa, consapevoli che molte cose resteranno in stallo chissà per quanto.
Mi rivolgo a tutti quelli che non sanno come volgerà questa situazione: ristoratori, camerieri, baristi, artisti, musicisti, commessi, parrucchieri, proprietari di negozi, palestre e molti altri ancora. Io penso a luoghi a me cari come le palestre, i pub, il cinema.
Penso alla mia carriera e alle costanti avversità che molti dobbiamo affrontare e ripenso alle parole che ho sentito tempo fa dal comico Paolo Rossi: “In una qualsiasi storia, ci vuole un conflitto”. Senza difficoltà non esiste alcuna storia degna di nota, perché una storia senza prove da superare non è una storia degna di essere raccontata.
L’unica soluzione che ci resta quindi è adattarsi e trovare un modo per superare anche questa situazione, perché quando ti distruggono il castello di sabbia per cui hai lavorato tanto, l’unica soluzione che ti resta è ricostruirlo.
Riccardo La Barbera
(In copertina wired.it)