Han van Meegeren è stato uno dei più famosi falsari del Novecento. Morto nell’indifferenza generale, la sua figura nel tempo è stata rivalutata, e oggi viene considerato un eroe nazionale per aver difeso – seppur inconsapevolmente – il patrimonio artistico olandese.
Come abbiamo visto nell’articolo precedente, le scuole dei falsari furono molto attive durante tutto il corso del Novecento. Molte di queste erano nate con lo scopo di truffare la gente (in particolare politici o aristocratici), vendendo loro opere contraffatte. Altre, finirono per contribuire alla salvaguardia dei beni artistici durante la Seconda Guerra Mondiale.
È il caso di Han van Meegeren, il re dei falsari. Egli riuscì a recuperare (quasi involontariamente) più di duecento opere appartenenti alla Danimarca, vendendo al generale nazista Hermann Göring un finto Vermeer.
Gli esordi
Fin dalla tenera età Han van Meegeren mostra un’innata inclinazione per il disegno. Durante gli anni delle superiori il suo maestro di pittura, Bartus Korteling, nota il suo potenziale artistico e decide di diventare il suo mentore. Gli insegna tutto quello che c’è da sapere sulla pittura del XVI secolo, sui maestri e sulla tecnica. Gli mostra come produrre personalmente i colori dai minerali e come usare strumenti e supporti della tradizione.
Il padre, che prova disprezzo verso qualsiasi forma d’arte, costringe il figlio ad iscriversi all’università di architettura, sperando che questa “inutile fissazione” gli passi.
Van Meegeren, però, inizia a frequentare di nascosto il corso di Belle Arti e si iscrive ad una competizione – organizzata dalla città di Delft – dove vince il primo posto. Grazie al premio in denaro, organizza la sua prima mostra e riesce a vendere tutti i suoi quadri. Questo primo successo gli procura non solo notorietà, ma anche l’appoggio dell’alta società locale.
Inizia un lungo periodo di commissioni che in poco tempo lo porta alla perdita della sua reputazione artistica: la critica, infatti, trova i suoi quadri tecnicamente perfetti, ma privi di originalità ed è per questo che le sue tele possono trovare spazio solo nei salotti dell’alta borghesia.
Van Meegeren, deluso dai commenti negativi, decide di dedicarsi al restauro dei dipinti antichi. Un giorno gli capita tra le mani un Franz Hals (pittore olandese contemporaneo di Rembrandt) che consegna ad uno studioso dell’arte, Hofstede de Groot, per aiutarlo a trovare un cliente. La tela viene presentata al noto critico d’arte Abraham Bredius, che la ritiene un falso.
Non si sa con precisione se il quadro fosse effettivamente contraffatto, ma sappiamo che la parola di Bredius ebbe la meglio. Quell’episodio segnò la fine di van Meegeren come pittore e l’inizio della sua carriera da falsario.
I Vermeer italiani
Van Meegeren, deciso a vendicarsi della critica che lo aveva deriso, si sposta tra la Francia e l’Italia dove, per cinque anni, studia lo stile e le tecniche di Vermeer e di altri pittori olandesi della tradizione. Dopo aver costruito un laboratorio di chimica e dopo aver fatto diverse prove, nel 1937 presenta il suo primo falso, il Cristo a Emmaus.
La scelta di questo tema non è casuale: a Vermeer si attribuivano ufficialmente solo ventotto opere e i critici concordavano che dovessero esistere delle tele appartenenti ad un ipotetico “periodo religioso italiano” andate perdute.
Uno dei maggiori sostenitori di questa teoria era proprio Bredius, al quale un collaboratore (ignaro) di van Meegeren mostra la tela. Il critico, entusiasta della “scoperta”, redige un attestato di autenticità senza seguire ulteriori verifiche e ciò permette al falsario di vendere l’opera al museo di Boymans per una cifra considerevole.
Due anni dopo van Meegeren prova a ripetere l’episodio del Vermeer, ma a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale i contatti con l’Olanda sono diminuiti. Costretto, dunque, a tornare in patria, tesse nuovi rapporti con mercanti d’arte e possibili acquirenti – privati, non più musei – che gli consentono di avere una notevole circolazione di denaro.
L’affare con Göring
Nel 1942 van Meegeren, ormai cinquantaduenne, produce falsi sempre meno curati: non raschia totalmente la pittura sottostante, compra colori in tubetti e disegna le tele frettolosamente.
Viene a sapere che uno dei suoi ultimi quadri, Cristo e l’adultera, è stato venduto ad un acquirente appartenente all’ambiente nazista.
L’opera sarebbe finita nella collezione privata di Hermann Göring, collezionista d’arte e braccio destro di Hitler.
Van Meegeren cerca in tutti i modi di fermare la vendita, ma l’operazione questa volta è gestita dallo Stato olandese, che chiede la restituzione di duecento opere rubate dai nazisti durante l’invasione.
Nel 1945, dopo la fine della guerra, inizia da parte degli Alleati una lunga ricerca riguardante le opere trafugate dai nazisti, e tra i vari archivi spunta il nome di van Meegeren.
Il falsario viene interrogato e arrestato lo stesso anno con l’accusa di collaborazionismo. La sua reazione non è delle migliori: si chiude nel silenzio della sua cella, si rifiuta di aiutare nelle indagini e inizia a sentire gli effetti della mancanza di morfina, droga di cui aveva altamente abusato durante gli anni della guerra.
Ma nel 1947 la situazione cambia drasticamente quando, nel corso di un processo in cui rischiava l’ergastolo, van Meegeren inizia a urlare: “Non ho venduto nessun grande tesoro nazionale. L’ho dipinto io stesso!”.
Inizia, così, a raccontare di tutti i dipinti che aveva prodotto e venduto spacciandoli per dei Vermeer e, per sostenere la sua causa, si propone di crearne uno “nuovo”. Nei due mesi successivi, mentre le opere indicate da van Meegeren sono sottoposte a radiografie e test chimici, vede la luce il Cristo tra i dottori (conosciuto anche come Cristo nel tempio), presentato al processo di novembre.
Il riscatto di van Meegeren
In quei mesi il “caso van Meegeren” diventa di dominio mondiale. Giornalisti da tutto il mondo accorrono per vedere il falsario che era riuscito ad ingannare la nazione e i nazisti, costruendo intorno a lui un personaggio che va al di là della persona. Han van Meegeren è stato un truffatore o un genio? Bisogna colpevolizzarlo o applaudirlo?
In ogni caso, durante il processo di novembre, l’imputato si dichiara colpevole di aver prodotto quadri contraffatti e riesce ad evitare l’ergastolo ottenendo un solo anno di prigione. Raggiunge così il favore popolare; la gente inizia a vederlo come un eroe, salvatore del patrimonio artistico nazionale e ciò lo fa rientrare nella lista degli uomini più graditi del paese.
Van Meegeren, però, muore il mese successivo. I suoi quadri tuttavia iniziano ad acquisire valore come opere originali e non come copie. In questo modo Han, dopo un’intera vita passata alla ricerca di un riconoscimento in campo artistico, ottiene finalmente dal popolo olandese la gloria che i critici gli avevano negato.
Emerlinda Osma
Han van Meegeren e i Vermeer “perduti” è il secondo articolo della serie I falsi dimenticati, di Emerlinda Osma.