
La seconda intervista a Helena, una ragazza polacca di 14 anni che ci ha raccontato la situazione in Polonia. Tra tensioni e progetti di legge contestati, il recente lockdown ha esasperato una situazione di odi e contrasti più o meno espliciti.
La seguente intervista, la seconda realizzata a una giovane ragazza polacca di quattordici anni che abbiamo chiamato Helena per proteggerne l’identità, è da intendersi come supplemento alla prima con qualche dettaglio in più sui diritti della comunità LGBT+ in Polonia. A causa della vastità del materiale da inserire e del poco spazio a disposizione, abbiamo deciso di dividere la “questione polacca” in tre temi principali:
- Intervista 1: La rivolta delle donne in Polonia [con Helena] (di Davide Lamandini e Leonardo Marino): emergenza Coronavirus, situazione generale nel paese, politica e tentativi di abolire il diritto all’aborto;
- Mi scusi Professore 22: Lo sbiadito arcobaleno polacco (di Clarice Agostini): Family Card e battaglia del presidente Andrzej Duda contro la comunità LGBT+;
- Intervista 2: Quel che resta della Polonia [con Helena] (di Davide Lamandini e Leonardo Marino): situazione della comunità LGBT+ in Polonia, Rainbow Map 2020 e “LGBT Free Zones”.
Questa è la bussola per orientarsi all’interno dell’approfondimento che Giovani Reporter ha dedicato alla Polonia. Vi auguriamo una buona lettura da parte di tutta la redazione.
1. Secondo la Rainbow Map del 2020 Italia e Polonia sono praticamente allo stesso livello di accettazione della comunità LGBT+ e dei diritti umani noi al 23%, voi al 16%. Cosa ne pensi? Quali sono i problemi principali nel tuo paese per chi è omosessuale?
Direi che i problemi principali nella vita quotidiana siano cercare un lavoro e farsi nuovi amici. Ad esempio, se i tuoi colleghi scoprono che hai una relazione omosessuale, non ti accettano e ti isolano. Nei casi peggiori, rischi anche di perdere il lavoro. Soprattutto se non nascondi la tua sessualità o se le persone iniziano a far girare delle voci.
Anche trovare degli amici è difficile: voglio raccontarvi la mia esperienza a scuola, perché per giovani come me la situazione è davvero pesante. I miei compagni di classe non fanno che utilizzare la parola “gay” come insulto, e si dimostrano sempre ostili nei confronti di chi è diverso da loro. Un ragazzo che conosco è bisessuale ma cerca di sembrare etero perché ha paura. Ma questo è niente…

2. Questa situazione è diventata violenta anche nei fatti o per adesso si è limitata alle parole?
Purtroppo, ogni giorno la situazione diventa più tesa. Le “LGBT Free Zones” stanno diventando sempre più numerose. Molte persone su Facebook dicono di avere bisogno di case sicure e di voler cambiare città perché non si sentono protette. Le cose si fanno sempre più pericolose: la gente ha iniziato a ad alzare le mani, ad essere aggressiva. Per contro, la polizia può fare ciò che vuole, senza che nessuno la controlli.
Un terzo del paese è una prigione per i membri della comunità LGBT+. Se sanno in un qualche modo che ne fai parte, ti picchiano. E questo sta accadendo in questo momento, mentre il lockdown si sta lentamente allentando.
3. Nella scorsa intervista ci hai raccontato che fino a pochi mesi fa non potevate uscire di casa per protestare a causa della quarantena, e che il governo stava approfittando di quella situazione. Ora però e Tutti gli Stati europei stanno lentamente riaprendo. Cosa accadrà adesso?
Noi abbiamo combattuto durante la quarantena, da casa, e vogliamo combattere anche adesso. Nonostante ci siano le elezioni presidenziali, il governo è, e resterà, sempre lo stesso, ormai non ci sorprende più. Ma l’opinione pubblica… perché le persone devono essere così omofobe? Per questa ragione La Polonia non è e non diventerà, almeno a breve, un paese sicuro.
Noi vorremmo scendere in piazza e manifestare, in particolare a giugno, che è il “pride month”, ma non è sicuro con un clima come quello che regna nel nostro paese. La situazione è pesante perché, come abbiamo detto prima, stiamo parlando della nazione più omofoba d’Europa. Nel caso in cui si facesse, sarebbe molto pericoloso e non siamo sicuri che porterà davvero a qualcosa. Le persone non ci ascoltano.
4. Parlaci un po’ delle LGBT FREE ZONE.
Le chiamano “Libere dalla comunità LGBT+”, sono più di cento comuni in cui non è concesso essere omosessuali. Sono zone colme di persone che credono che l’omofobia non esista, e “semplicemente” non vogliono i gay. È un po’ come quando la gente dice: “Non ho nulla contro i gay, basta che facciano le loro cose a casa loro”, ma più in grande.

Nella cartina della Polonia qui sopra, la parte rossa è “libera da comunità LGBT+”. Si tratta di circa un terzo del paese, o poco più. In più, molti politici stanno cercando di sminuire la faccenda, dicendo che l’odio non è affatto così diffuso. Ma i loro sostenitori sono le stesse persone che bullizzano una ragazza perché lesbica.
5. Credi che siano più frequenti i casi in cui i ragazzi vengono accettati, oppure quelli in cui vengano buttati fuori di casa o, addirittura, uccisi?
Credo che siano più numerose le famiglie che amano i propri figli. Quel genere di famiglia che ha la mentalità aperta, che sostiene i ragazzi durante la crescita e che li accetta per come sono.
Però la situazione in generale nel paese non è sicura. Se protesti, (per qualunque motivo, dai diritti della comunità LGBTQ+, a quelli delle donne) ti possono rapire e, in certi casi, uccidere. E la polizia non fa niente per evitarlo: “Te la sei cercata”, è la risposta più frequente.
Una volta, stavo tornando a casa da scuola, quando un uomo ha iniziato a seguirmi. Allora io, presa dal panico, sono subito corsa a casa. Nei giorni successivi ne ho parlato con i miei, con la psicologa della scuola, le ho raccontato di come avesse tentato di stuprarmi. Però non potevo andare dalla polizia. Loro mi avrebbero dipinta come colpevole, magari, usando come capro espiatorio la lunghezza della mia gonna.
6. Pensi che la maggior parte delle persone sappia che stanno ferendo altre persone?
Credo di sì. Credo che lo sappiano e che sia esattamente il loro scopo. Non si “limitano” agli insulti o alle botte, arrivano anche a uccidere. E tutto questo perché amiamo, perché siamo innamorati, in un modo diverso da quello che la maggioranza ritiene giusto. Ma se voi visitaste la Polonia, come turisti, non lo notereste. A molte persone poi non interessa, semplicemente continuano a camminare. E non vedono.
Intervista e traduzione dall’inglese di Davide Lamandini e Leonardo Marino