Di certo sarà capitato a tutti di aver utilizzato un computer arroventato. La tipica situazione che provoca un discreto disagio: iniziate a lavorare al PC e, dopo pochi minuti, lo ritrovate rallentato, con la ventola che urla dalla disperazione e per di più incandescente.
Cercando un colpevole
È una faccenda particolarmente fastidiosa. Soprattutto se state lavorando ad un importante progetto da ore, e il computer si spegne in preda ad una febbre cibernetica. Il fenomeno fisico che porta al surriscaldamento del PC, invece, è ben più interessante.
Si chiama effetto Joule, ed è stato scoperto da James Prescott Joule nel 1848. Come stiamo per vedere, questa legge si applica a un generico conduttore elettrico attraversato da corrente elettrica.
Come funziona?
All’interno del conduttore, gli elettroni (i cerchi blu) vengono spinti dalla forza elettromotrice (ad esempio della batteria del portatile). Tuttavia non sono liberi di muoversi. Questo perché il conduttore ha una conformazione interna microscopica detta reticolo cristallino (i cerchi rossi).
I continui urti tra gli elettroni e questo reticolo provocano una perdita di energia da parte delle particelle, che si trasforma in calore. Il nostro computer è pieno di collegamenti metallici, quindi l’effetto Joule viene considerevolmente amplificato, determinando un forte innalzamento della temperatura del PC.
Va comunque detto che i componenti principali di un computer sono costruiti per lavorare al meglio intorno ai 40-50 gradi Celsius, che al tatto è una temperatura insopportabile.
Per esperienza personale, se si utilizza un computer portatile, l’impiego di un supporto, magari munito di ventole può davvero fare la differenza.
Gianluca Gentile
(in copertina foto di Kaitlyn Baker da Unsplash)
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