
Indescrivibile è il primo progetto cinematografico scritto e diretto da Alessandro Leo. Iacopo Brini commenta la visione del cortometraggio, cercando di capire cosa lo abbia così tanto colpito.
La sintesi del cinema
Che la sintesi sia una virtù da elogiare è una verità che un classicista spesso fa fatica ad accettare. I nostri esempi augusti e mai abbastanza celebrati di prosa antica ci mostrano come sia affascinante osservare il fiume interminabile di parole versato dall’autore che scorre inarrestabile nelle righe di inchiostro.
Per molto, molto tempo questa corrente (se mi si concede il gioco di parole) di pensiero ha dominato le menti di coloro che si proponevano di raccontare una storia, ma il cinema ha stravolto tutto con la sua venuta. L’arte della pellicola ha forse il suo più grande pregio nella capacità di usare la brevitas e di convogliare in tempi ristretti sensazioni, emozioni, pensieri ed azioni che su carta richiedono pagine, e su tela restano statici ed immobili. I cortometraggi sono l’apoteosi di questa filosofia artistica, ma proprio in virtù di questo loro grande potenziale sono a volte i più difficili da eseguire.
Alla scoperta di Indescrivibile
Bisogna assicurarsi che tutto ciò che deve essere convogliato appaia sullo schermo, che gli intenti siano chiari ove necessario e misteriosi allo stesso tempo, per accattivare l’attenzione dello spettatore. Il tempo ristretto non deve andare a incidere sulla trama, sugli eventi, che deve avere un suo senso interno, ma allo stesso tempo la storia non può essere talmente chiusa su se stessa da risultare ermetica dall’esterno. Indescrivibile di Alessandro Leo coglie nel segno ogni singolo punto fondamentale che ci si deve aspettare da un cortometraggio.
Confesso di essere rimasto sorpreso, alla prima visione, da quanto fossi riuscito ad immedesimarmi in un personaggio che avevo conosciuto e lasciato in neanche 13 minuti, di quanto mi avesse toccato nel profondo per quel poco tempo. Sarà forse che nella premessa ho trovato un correlativo oggettivo alla mia vita di cittadino bolognese, a cui spesso capita di incrociare, camminando sotto i portici, sguardi enigmatici e pieni di storie da raccontare.
Entrare nei personaggi
Sono abbastanza certo che non si tratti solo di quello, perché non è solo la capacità di appellarsi a una piccola parte dell’audience che rende quest’opera così speciale. Non è solo la premessa intrigante, né la trama che si svolge come un filo senza nodi lungo i dodici minuti. Non è solo il desiderio che si crea di voler sapere di più su tutti i personaggi che compaiono sulla scena, conoscerne le storie e le vite prima e dopo lo spezzone della loro esistenza che ci viene concesso di vedere.
Non è neanche la contentezza che proviamo nell’osservare solo quello spezzone, contenti di conoscere almeno una parte della vicenda e consapevoli che ci potrebbe bastare anche solo quella. Non è solo la straordinaria voce di Riccardo Rovatti, che difficilmente produce risultati diversi dall’eccellente e che attrae a sé lo spettatore come un bambino adagiato sulle gambe del nonno per sentirlo raccontare una storia.
Marina Bresciani in Indescrivibile. Alessandro Leo in Indescrivibile.
Non è nemmeno la sorpresa di sapere che quest’opera è la prima di Alessandro Leo, formato come attore e al suo debutto alla regia; un dettaglio che è impossibile estrapolare dal prodotto in cui egli stesso recita come protagonista. Non sono i commenti positivi lasciati sotto il video, o l’impressionante palmarès che il cortometraggio si è aggiudicato.
A dire il vero, devo confessare che non so davvero cosa sia, questo elemento. Posso solo definirlo dai suoi effetti, e di lui è chiaro solo come sia speciale, nascosto, potente. Indescrivibile.
Iacopo Brini