
Adoravo guardare i cartoni delle principesse quando ero piccola. Mi piacevano perché ai miei occhi, gli occhi di una bambina che non può che cogliere differenze su differenze nel mondo guardandolo per la prima volta, ai miei occhi erano tutte diverse tra loro.
Solo dopo ho realizzato che erano tutte principesse, tutte bellissime, tutte così fortunate che avevano non solo una splendida dolce metà accanto, ma anche amici fantastici che avrebbero fatto di tutto per salvarle e aiutarle. Tutti questi privilegi nonostante facessero cose così straordinariamente inappropriate come lasciare il regno delle acque dopo aver visto un bell’uomo, prendere il tetano toccando un brutto ago appuntito e arrugginito, baciare un ranocchio sperando in un miracolo e accettare cibo dagli sconosciuti.
Nessuno, quando è piccolo, vuole vedere gli sbagli di chi è un modello di riferimento, semplicemente perché in confronto alla persona che è, quegli sbagli non sono che piccole imperfezioni dietro il marmo di cui è fatta la stima che gli attribuiamo.
Poi, è arrivata Mulan. Una ragazza da cui nessuno si aspetta assolutamente niente, perché è nata donna, è nata fragile, è nata inutile. Per aiutare le persone che ama, dopo una vita passata a deluderle non riuscendo a fare quello che era destinata a fare, Mulan decide di fare quello che può fare. E dopo averlo fatto, trasforma la principessa bellissima e dolce che viene salvata dal figo che arriva al momento giusto – per carità, una cosa che tutte le ragazze, anche quelle più femministe, sognano – nella donna che rigira un mondo chiuso, nel proprio mondo.
Nessuna principessa ha il DSA.
Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, il DSA è una condizione per cui vostro figlio, vostro fratello o un vostro amico può non essere per forza “l’asino” che prende brutti voti e che non capisce niente, ma avere una difficoltà nell’apprendere le cose che apprendono tutti, nel modo in cui tutti le apprendono.
Se questo è un concetto troppo difficile per voi, lo spiego meglio: un DSA, ha un problema di dislessia, disgrafia o discalculia, a volte anche tutti insieme. Questo vuol dire che se riesce a stare anche solo al passo con una classe normale, è un eroe. In realtà, per misurare le doti e le capacità d’intelligenza di una persona con il DSA, come mia sorella, bisogna attrezzarsi in una maniera non più semplice rispetto a quella degli altri, banalmente diversa. Bisogna che lavori il doppio degli altri, che gestisca gli attacchi di panico che la portano a non respirare, che abbia degli schemi fatti da lei quando ripete. Deve avere ogni singolo test o interrogazione programmato, deve avere caratteri più grandi quando magari affronta una versione di latino.
Ma la cosa più difficile da ottenere sembra proprio il rispetto dei suoi compagni, o delle persone che attorno a lei la guardano e la guarderanno sempre in modo diverso, perché “lei ha le interrogazioni programmate e noi no, è così ingiusto”, perché “lei ha una versione più corta della nostra, e non riesce nemmeno a prendere il massimo dei voti”, perché “lei deve inginocchiarsi davanti a noi e chiedere la nostra magnanimità quando vuole spostare un’interrogazione che abbiamo già deciso”.
Come si fa a spiegare a una ragazzina rossa di capelli che è cresciuta vedendo Ariel perdere la voce per sua scelta ed essere comunque considerata una ragazza speciale, che è una ragazza ancora più speciale di Ariel? Come si può pensare che i suoi compagni siano cresciuti con gli stessi cartoni che insegnano ad amare e rispettare la diversità, se l’unica cosa a cui pensano è rispettare i loro presunti diritti a scapito della persona a cui li stanno calpestando?
Nemmeno Mulan era una principessa, ma il suo posto è lì tra loro, perché ha dimostrato che se riesci a sfruttare le tue diversità contro un mondo che le considera dei difetti, vivi molto meglio di quelle persone che hanno bisogno di buttarti giù per sentirsi su.
È da quasi otto anni che mia sorella viene buttata giù da persone che lodano le principesse, che magari da piccole sceglievano quale essere in base al loro colore dei capelli e degli occhi, eppure, vedendola così fragile in questo mondo, so che tutte queste persone la stanno aiutando a costruirsi il suo. E questo le permetterà di avere una vita serena, in cui si conoscerà nei suoi limiti ma soprattutto nelle sue potenzialità.
Mi sembra la classica morale da fine favola della buonanotte, ma a quanto pare sarà meglio ripeterla ancora una volta per chi forse era troppo piccolo per capirla all’epoca: Mulan, nonostante il ritardo con cui è sbocciata, è il fiore più raro e più bello di tutti; e questo grazie alla potenza delle sue capacità, che si sono dimostrate l’opposto di quello che la società voleva da lei, ma proprio per questo di lei si ricorderanno tutti.
Elettra Dòmini
Nessuna principessa ha il DSA è il diciassettesimo articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.