
Giornali, televisione, social network. Ogni giorno siamo bombardati da informazioni e notizie, molte delle quali non riusciamo a comprendere pienamente. Se solo ci fosse qualcuno, un Professore più sapiente di noi, a cui rivolgere i nostri interrogativi e con cui condividere le nostre riflessioni.

Lo sbarco di Silvia Romano
Mi scusi Professore, anche lei ieri verso le 14:00 del pomeriggio era attaccato allo schermo per assistere allo sbarco di Silvia Romano? Io sì, ero curiosa, e milioni di telespettatori lo erano insieme a me. Tuttavia, dopo qualche minuto, al momento degli abbracci commossi con la famiglia, mi sono sentita in colpa, come se stessi invadendo la sua privacy. Come tutti volevo vedere il suo viso, mi chiedevo il perché della sua veste, cercavo di leggere il labiale delle sue prime parole. Ma in fondo chi sono io per prendere parte a un momento tanto importante e intimo nella vita di queste persone? Cosa me ne faccio di tutte queste informazioni?
Alla fine ho spento la televisione e ho cercato di pensare ad altro, a qualcosa che mi riguardasse. Impossibile: da subito la notizia ha dominato i social, e questa mattina era in prima pagina su tutti i giornali. Comprendo, Professore, che sia un avvenimento importante. Capisco coloro che vogliono parlarne, che ne sentono quasi il bisogno: darle il benvenuto, farla sentire a casa, finalmente al sicuro. Purtroppo, però, non è questo che vedo. Leggo commenti offensivi, volgari, accusatori – e il più delle volte sgrammaticati; sento giudizi, sentenze, teorie complottiste secondo le quali Silvia stessa avrebbe organizzato tutto per ricevere i soldi del riscatto e poi tornarsene con i jihadisti.
La bellezza negata
Non abbiamo nulla in mano, se non le poche dichiarazioni che Silvia ha rilasciato. Non sappiamo cosa abbia sofferto né l’esatta dinamica dei fatti. E credo proprio, Professore, che la verità assoluta non si saprà mai. Eppure, invece di gioire per una ragazza che torna a casa con il sorriso e afferma di non aver subito violenza, la attacchiamo. Quanto male ci deve essere nell’uomo per non riuscire a provare felicità per le gioie degli altri? Non tutti possono avere lo stesso coraggio e la stessa passione di Silvia nel lasciare la comodità della propria casa e andare là dove per la vita bisogna lottare. Credo però che tutti dovremmo, dal comfort delle nostre quattro mura, riconoscere e onorare il valore di queste azioni. Dopotutto siamo dotati di empatia, aspetto comune in tutti gli animali, e soprattutto di ragione, caratteristica specifica dell’uomo.
Ho l’impressione, Professore, che non vada mai bene niente. Non va bene se li aiutiamo a casa nostra, non va bene se lo facciamo a casa loro. Un rapimento senza violenza non è un rapimento, una conversione improvvisa deve essere necessariamente forzata. La ragione che ci ha portati a dominare il mondo ora tende a distruggerlo, a negare tutta la bellezza che racchiude. L’insoddisfazione sta in ognuno di noi, e dovrebbe essere quella che ci spinge a fare di più, a migliorarci. Invece, per reprimerla, tendiamo a sminuire la condizione degli altri, a cui dovremmo al contrario ispirarci. Ma, Professore, negare la bellezza altrui può davvero elevare la nostra? Non c’è nulla di comparabile al tenere una persona prigioniera per mesi, ma l’odio di chi non sa vedere la bellezza intorno a sé ci si avvicina in modo inquietante.
Clarice Agostini
Il difficile ritorno di Silvia Romano è il diciottesimo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Clarice Agostini.