Musica

Ghemon, Scritto nelle stelle – Il coraggio che a volte ci manca

Ghemon

Una settimana fa è uscito il nuovo album di Ghemon, Scritto nelle stelle, un lungo viaggio in cui l’artista mostra una vita quotidiana che in questi giorni ci sembra anche troppo lontana.


Scritto nelle stelle non è solo un disco, è un dipinto, il ritratto di Gianluca, in arte Ghemon. Ha il sapore di un viaggio in macchina, in cui ci si siede sul sedile del passeggero e si ascolta qualcuno raccontare la propria vita, per certi aspetti simile alla nostra. È un racconto sorridente, con più flashback volti al passato ma con il presente che fa da protagonista. Allacciamo allora le cinture e intraprendiamo questo viaggio, a condurci sarà un destino che è proprio lì, Scritto nelle stelle.

Copertina dell’album Scritto nelle stelle.

Musica suonata

La prima cosa spontanea da fare in macchina con un disco del genere sarebbe alzare il volume. Bisogna goderselo, chiudere gli occhi (se non si è alla guida) e lasciare muovere la testa a tempo. Il basso e la gran cassa incollati costituiscono le basi di groove coinvolgenti, mentre i coretti Soul creano contorno armonico; tutte atmosfere che fanno di questo artista uno dei maggiori esponenti della musica Black in Italia.

È un album che accontenta tutti: convivono classici 4/4 da Hip Hop anni 90 con synth pad R&B, chitarre funky, colori Jazz, senza tralasciare bassi 808 tipici dell’odierna Trap. La voce di Ghemon, spesso stereofonica, riempie tantissimo, impossibile non esserne avvolti a 360 gradi.

Al suo fianco i componenti della band rivisitano grandi sonorità del passato. La maggior parte dei pezzi è prodotta ma ci sono alcuni brani, come Buona stella, dove si sente che la musica è suonata. Canzoni dove la componente elettronica serve ad integrare, non a sostituire; caratteristica che rende i pezzi autentici e che lascia spazio a musicisti degni di questa definizione.

Una Buona stella

Mentre la musica ci travolge e ci fa muovere, Ghemon racconta. Descrive la sua normalità, il suo carattere e la vita con la persona che ama, che, nonostante tutto, è sempre in grado di farlo sentire In un certo qual modo. Ragionare giorno per giorno, è questa l’importante lezione della seconda traccia. Agire di pancia e lasciare che siano le emozioni a prendere il comando. Un bel quadro di quotidianità, indispensabile in un momento delicato come questo.

Videoclip del singolo In un certo qual modo, di Ghemon.

Nel brano Due settimane, molto profetico vista la situazione, ci racconta la quarantena di un’artista. Le giornate dedicate alla creazione di un disco, in cui tutto il resto si ferma e l’autore si chiude da solo per dare vita alla sua creatura. Il risultato è un lavoro maturo, posto alla fine di riflessioni e chiarimenti di un uomo che ha dovuto fare i conti con sé stesso. Magari è stata proprio la musica la Buona stella che canta nell’omonimo brano, colei che lo ha accompagnato nella dimensione in cui vive adesso.

Non mancano riflessioni più introspettive, che introducono il disco con Questioni di principio e lo chiudono con Un’anima e K.O. La prima e la penultima traccia sono dialoghi che l’artista fa con sé stesso, uno in prima persona e l’altro in seconda, uno convinto e l’altro fragile. L’ultima traccia, K.O, è invece una riflessione volta all’esterno: anch’essa in seconda persona, tratta delle difficoltà nel mondo dello spettacolo, del costo che hanno, in questo ambiente, coerenza e trasparenza.

Il peso del passato

Il viaggio prosegue, la strada è dritta davanti a noi, nessun ostacolo a parte qualche balzo causato da un asfalto non del tutto regolare. Sono i ricordi, il passato che a volte cerca di far sentire la sua voce e che ci costringe a lasciarlo parlare, perché se zittito la volta dopo griderà ancora più forte. Stappo una boccia di Champagne, per il pericolo scampato ci dice il ritornello della traccia Champagne. Insegna a non rinnegare il passato ma ad utilizzarlo come lezione. Bisogna crearsi gli anticorpi, fare i conti con ciò che eravamo ieri per trovare l’equilibrio oggi.

E, in fondo, non restano che istanti. Anni della nostra vita ridotti in briciole di momenti. Ce li portiamo dentro, in disordine, nell’attesa che un profumo, una parola o una musica li rievochi. Nel brano Cosa resta di noi l’istante è racchiuso in una radio che suona. Nel ritornello viene decritto questo ricordo, la voce è lontana rispetto alla musica, quasi fuoricampo, metafora di un qualcosa che è ormai distante, nel tempo e nello spazio.

I trascorsi che ci portiamo dietro possono essere molto ingombranti e per questo viaggio è meglio avere un bagagliaio vuoto.

Portiamo il peso del passato ma nessuno dice, che sarebbe meglio far saltare in aria le valigie / sei stata tu la dinamite che le ha alleggerite, la ricompensa che mi fa scalare le salite.

Ghemon, Io e te

Il coraggio che a volte ci manca

E, come un raggio di sole che attraversa il parabrezza al tramonto, il suono dolce di un flauto ci avvolge lentamente e regala l’atmosfera in cui vive un Inguaribile e romantico, aggettivi che danno il titolo alla sesta traccia. Una dedica sensibile, di un romanticismo che non ostenta l’amore, ma lo descrive per quello che è: condivisione, nel bene e nel male.

Tutto si può e si deve affrontare da soli, ma a volte i mostri ritornano e se ci lasciamo trascinare da loro nel buio abbiamo bisogno di qualcuno che ci tiri fuori. Una voce amica: che sia la persona che amiamo, un’amicizia, la musica; qualcuno o qualcosa che riesca a darci la spinta per affrontare le difficoltà, magari distruggendo i muri che noi stessi ci costruiamo attorno. La nostra Buona stella, che sia il coraggio che a volte ci manca.

Maddalena Ansaloni

Ascolta Buona Stella, di Ghemon:

Videoclip in quarantena del singolo Buona Stella, di Ghemon.

Per approfondire, le altre recensioni di musica di Maddalena Ansaloni.

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