Hanno sollevato molte critiche le parole del ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, che ha prospettato un intervento statale per raggiungere le fasce sociali più vulnerabili messe in ginocchio dall’emergenza Coronavirus, anche chi ha un lavoro in nero.
Pensavo di aver viste tutte, ma mi mancava un ministro che chiede allo Stato di sostenere anche chi lavora al nero.
Roberto Calderoli
Queste le parole di Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, contro la proposta del ministro per il sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano, che in un’intervista al Corriere della Sera ipotizza: “se la crisi si prolunga, dobbiamo prendere misure universalistiche per raggiungere anche le fasce sociali più vulnerabili: le famiglie numerose, oltre a chi lavorava in nero”.
Le accuse al ministro non sono mancate e dalle opposizioni si eleva l’invito alle dimissioni ed è proprio la voce di Calderoli quella che con più forza accusa “Forse Provenzano lo ignora, ma chi lavora in nero ruba a tutti e usufruisce senza mettere un euro dei servizi finanziati da chi le tasse le paga e quindi ruba due volte”. Provenzano, con un post su Facebook, ha cercato di chiarire che “La quota di sommerso che esiste – non parlo di chi sfrutta il lavoro, ma di chi è sfruttato – ha dei riflessi nell’economia emersa, nell’economia reale, a partire dai consumi. Spesso ci sono quote di lavoro irregolare anche nelle imprese regolari, penso alla filiera del turismo, e bisogna averlo presente, anche per il dopo.”
Non chi sfrutta il lavoro, ma chi è sfruttato
Il botta e risposta rappresenta una discussione politica che avrà un peso molto rilevante sulla crisi economica che colpisce e colpirà il paese dopo l’emergenza Covid-19. Si tratta cioè di capire se lo Stato dovrà integrare gli investimenti per i lavoratori anche a chi risulta senza un impiego. Provenzano nel suo post dichiara che la strada da percorrere è “una forma di sostegno alle famiglie, specialmente a quelle più numerose, che affronti il dramma della povertà minorile, qualcosa che si approssimi all’assegno unico familiare e che accompagni le altre misure di carattere sociale.”
La disputa, finora senza riscontro, è perciò tra chi ritiene che sia indifferibile un aiuto a quel mondo che “avrà ancora più difficoltà di prima a mettere un piatto in tavola” e chi, sulla strada della giustizia sociale, tenderebbe ad investire esclusivamente su lavoratori e imprese regolari. Intanto la spada di Damocle pende inesorabilmente sul capo di coloro che riuscivano ad andare avanti grazie a un lavoro in nero. Nel frattempo, a Palermo i supermercati vengono presi d’assalto, con le forze dell’ordine costrette a presidiare gli ingressi dei principali centri commerciali. Il sindaco Leoluca Orlando, perciò, chiede a gran voce un reddito d’emergenza. Non sono peraltro mancate le notizie di persone che, nonostante percepissero il reddito di cittadinanza e riuscissero ad arrivare a fine mese grazie al lavoro in nero, ora si trovano in difficoltà.
La piaga del lavoro in nero
I ritardi del nostro paese a fermare o quantomeno ridurre la piaga di queste attività che formano la cosiddetta economia sommersa, rappresentante addirittura il 35% del prodotto interno lordo delle entrate ufficiali, si devono confrontare con uno stato d’emergenza che in linea con le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, richiede attuazioni che devono essere per forza di cose diverse da quelle che sono state realizzate finora.
Probabilmente nelle prossime ore si andrà verso aiuti a famiglie e non a lavoratori, in linea con le richieste di Provenzano, per cercare di sostenere la disastrosa situazione che l’emergenza sta portando in ambito economico e sociale. Intanto è la voce autorevole del Papa a schierarsi con chi in questi giorni è, sotto questo punto di vista, davvero in una situazione precaria.
Preghiamo per le famiglie che incominciano ad avere bisogno per la pandemia.
Papa Francesco
Alessandro Bitondo
(In copertina Jonathan Borba da Unsplash)