Musica

Kanye West e il suo attesissimo Jesus is King

Jesus is king 2

Non è facile recensire un album di Kanye West, perché è quasi impossibile valutare la singola opera senza fare riferimento a quelle che l’hanno preceduta.

Il “più artista” di tutti

Da un certo punto di vista, Kanye non ha torto quando dichiara di essere “indiscutibilmente e indubbiamente l’artista più grande di tutti i tempi”. Di sicuro è il “più artista” di tutti, dal momento che ogni sua piccola azione, dichiarazione, progetto, o libro che legge fa parte di una sorta di grande opera totale dove lui è autore e protagonista, burattinaio e burattino, Dio e peccatore. E, come è facile immaginare, dall’altra parte della medaglia, tutto questo comporta anche dei lati negativi: l’artista vive di questa arte estrema e pervasiva, tanto che più di una volta ha rischiato di rimanerne folgorato.

Dunque non è possibile considerare Jesus is King come il disco della conversione senza aver ascoltato le decine e decine di riferimenti a Dio e alla religione presenti nell’intera discografia del rapper a partire dall’esordio, Jesus Walks nel 2004, fino alla spiritualità contenuta in 808 & heartbreak (2008), dalla mitomania irriverente di Yeezus a tutta la prima parte del più recente The Life Of Pablo. E dunque eccoci qui, a poco più di un anno dall’uscita di Ye, a parlare dell’ennesimo album (minore) di Kanye West.

Copertina Jesus is King, di Kanye West.

Il nono disco da solista

Jesus is King non è un disco gospel. E forse non è nemmeno un vero e proprio disco di Christian hip-hop. Questo è semplicemente un altro lavoro di Kanye West, il nono da solista (diverso da tutto ciò che ha fatto in passato) come del resto lo sono stati gli otto precedenti. Certo, in questo caso c’è un tema – Dio, la Religione, il Vangelo – che ricorre più spesso rispetto al passato e, per la prima volta nella sua carriera discografica non ha la targhetta Explicit Lyrics.

È un disco breve, questo Jesus is King: 11 brani per un totale di 27 minuti. Ma a differenza del materiale grezzo e dichiaratamente bipolare del precedente Ye, in questo c’è  un’idea di suono ben definito; del resto alla produzione, oltre allo stesso West, ci sono Timbaland, Angel Lopez e Benny Blanco, che hanno contribuito con un pesante lavoro sulle voci – anche quelle del coro – molto compresse, stretchate e con uno strano uso dei riverberi, al punto che ai primi ascolti può sembrare anche registrata male.

Le canzoni di Jesus is King

Per quanto riguarda le singole canzoni, ce ne sono alcune davvero notevoli, con certe idee e soluzioni che solo Kanye riesce ancora ad avere e a portare avanti: Follow God (videoclip ufficiale) sembra uscito da The Life of Pablo e infatti proprio da Father Stretch My Hands, Pt. 1. On God, invece, è un gran pezzo con questi synth spaziali. Everything We Need mette insieme l’atmosfera gospel-soul che si respirava nei Sunday Service insieme al rap di Ty Dolla $ign; mentre Selah riprende il mood di Yeezus e lo lega a questa fase gospel. Closed On Sunday è una canzone che tra pochi mesi mi aspetterei anche di trovare nella colonna sonora di un film. Il resto dell’album non è particolarmente convincente: non è nemmeno un problema di credibilità, ma alcune canzoni non hanno proprio grinta (ad esempio Water).

La conversione

Come dicevamo prima, è più un disco di Kanye West che un semplice disco di Christian Rap, anche per il clima che si respira: non c’è pace e serenità nei toni anche quando l’artista pronuncia parole di purificazione, e perfino il sax di Kenny G in questo contesto (Use This Gospel) suona sinistro e ambiguo.

Kanye West non è il primo e non sarà l’ultimo cantante che attraversa una fase di conversione – la storia della musica ne è piena, da Bob Dylan a Little Richard –, ma si tratta appunto di una fase che, vissuta dall’ego straripante di Kanye West al tempo dei social, assume una dimensione assoluta e gigantesca. Si tratta solo di una fase.

Quindi non crediamogli quando dice che non inciderà più canzoni secolari. Finge anche di fronte a se  stesso. Del resto, Kanye è uno dei migliori artisti presenti nella scena musicale e per questo, parafrasando Pessoa, è anche un “clamoroso fingitore”.

Giada Corso


Per approfondire, le altre recensioni di musica di Giada Corso.

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