Domenica 23 febbraio, ore sei del pomeriggio: si annuncia la chiusura delle scuole per la prima volta. Sappiamo tutti il motivo, l’emergenza Coronavirus ha iniziato ad avere un peso concreto nelle nostre vite, all’inizio con la maschera di un’inaspettata vacanza e poi, giorno dopo giorno, si è fatta sempre più strada nella nostra quotidianità. Passiamo tutti una settimana tranquilla perché in fondo – diciamocelo sinceramente – abbiamo preso la situazione sottogamba. Usciamo e vediamo gente come se nulla fosse, ma rigorosamente con il disinfettante in tasca.
Chi si ferma è perduto
Dopo questa prima settimana, si prolunga la chiusura di scuole e università fino al 15 marzo e da lì il panico; cominciano le domande, sempre senza risposta, frequentissime e cariche di preoccupazione verso il futuro. Professori tecnologici come uomini delle caverne, in condizioni normali a stento in grado di accendere una LIM, si mobilitano per tentare collegamenti via computer. Alla prima lezione mi sono persino sorpresa felice a vedere i loro faccioni stampati sul monitor in formato digitale.
La seconda settimana inizia bene e finisce malissimo: in data 8 marzo viene proclamata ufficialmente la quarantena e al terrore celato che già si era innestato nelle nostre menti si aggiungono la confusione e un insostenibile senso di vuoto. Adesso si fa sul serio. Niente bar, centri sportivi, feste e passeggiate.
Che si fa ora? Viviamo in una società in cui tutto si muove alla velocità della luce; fermarsi non è mai stato contemplato. Sin da bambini ci hanno insegnato che la mattina si va a scuola, il pomeriggio si fanno sport, corsi, progetti… così ora che siamo cresciuti soffriamo tutti di horror vacui, la paura del vuoto e del silenzio. Chi si ferma è perduto. Non siamo più in grado di stare bene da soli con noi stessi e siamo dipendenti dagli altri.
Combattere la noia
La noia è il nemico numero uno della nuova generazione. I nostri nonni hanno vissuto guerre e patito la fame e noi ci lamentiamo perché dobbiamo passare le giornate sul divano: a tratti siamo pietosi, perché ovviamente non reggiamo il confronto. Ma questo paragone oltre a farci sorridere deve costringerci a riflettere, che nulla è perduto e che la noia è ben più sopportabile di dolore e fame. Tuttavia non dobbiamo sottovalutarla, ma provare, come abbiamo sempre fatto, a riempirla. Occorre solo cambiare tipo di hobby.
In conclusione, auguro a tutti che questo periodo di pausa dalla vita che abbiamo sempre conosciuto ci faccia apprezzare dieci volte di più ogni singolo abbraccio e carezza, la gioia di ritrovarsi sempre allo stesso bar e le passeggiate nei parchi delle nostre città. E, soprattutto, che impariamo a parlare di più, non con gli amici, ma con noi stessi.
Federica Marullo
(In copertina Cosmic Timetraveler da Unsplash)