Patrick George Zaky, studente egiziano trasferitosi a Bologna per un master sull’omosessualità e la differenza di genere, è stato arrestato, interrogato e torturato all’aeroporto del Cairo. Cos’è successo veramente? Esistono legami tra la sua vicenda e la tragedia di Giulio Regeni?
I fatti
Patrick George Zaky, ventisettenne di nazionalità egiziana, si era trasferito a Bologna lo scorso agosto per un master sull’omosessualità e la diversità di genere. A febbraio aveva deciso di tornare nel suo paese natale, Mansura, per andare a far visita ai suoi cari, ignaro del fatto che quel viaggio gli avrebbe portato solo angoscia e paura. Dopo essere atterrato all’aeroporto del Cairo, Zaky trovò delle guardie ad attenderlo, e di lui, per le successive 27 ore, non si seppe più nulla.
Sabato 8 febbraio, l’Egyptian Iniziative for Personal Rights (EIPR), l’ONG per la quale lavorava lo studente, attiva nel campo dei diritti umani in Egitto, diede il triste annuncio dell’arresto del giovane. Zaky sarebbe stato arrestato, interrogato, torturato e incriminato. I capi d’accusa: pubblicazione di notizie false, incitazione contro l’autorità pubblica, supporto al rovesciamento dello stato egiziano, uso dei social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, istigazione alla violenza e al terrorismo. L’arresto sarebbe avvenuto, inoltre, dopo l’emissione del mandato di cattura del 23 settembre 2019. Tuttavia, EIPR sostiene che questa sia una notizia falsa.
La testimonianza di Amr
Stesso tragico destino è toccato ad Amr, ventinovenne egiziano che da qualche anno viveva e lavorava a Berlino, amico di Patrick. “Le forze di sicurezza statali mi hanno rapito e interrogato per 35 ore. Non ho subito elettroshock ma mi hanno picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo”. Questa è la testimonianza di Amr, costretto a vivere la stessa situazione dell’amico Zaky.
L’interrogatorio subito da Zaky durò circa 17 ore, durante il quale erano ricorrenti torture, minacce di morte, elettroshock, pugni e calci allo stomaco e alla schiena. Una degli avvocati di Patrick Zaky, Hoda Nasrallah, ha riferito che il suo cliente avrebbe chiesto di essere visitato da un medico legale per poter mettere agli atti le tracce della tortura subita. Inoltre, l’avvocato ha confermato che Patrick è stato picchiato e sottoposto a scosse elettriche, ma in maniera da non rendere visibili i segni delle torture subite sul suo corpo. Il giovane adesso si troverebbe in una camera di sicurezza del commissariato di polizia Mansoura-2 insieme a due criminali.
Patrick Zaky e Giulio Regeni
I familiari dello studente hanno dichiarato, in un’intervista a Repubblica, che questo disumano interrogatorio aveva lo scopo di indagare i legami di Zaky con l’Italia e con la famiglia di Giulio Regeni, giovane dottorando a Cambridge rapito e ucciso il 25 gennaio 2016 al Cairo. Patrick, però, non sapeva nulla dei presunti legami che la sua famiglia avrebbe potuto avere con Regeni, e di conseguenza subì un trasferimento dal Cairo a un carcere di Mansura.
Intanto, a Roma, sulla Salaria, è comparso un commovente poster, realizzato dalla street artist Laika, raffigurante Giulio che abbraccia da dietro Zaky, sussurrandogli: “Stavolta andrà tutto bene“. E, in arabo, campeggia la scritta “libertà”. Questo poster si trova proprio sul muro di cinta di Villa Adda, presso l’ambasciata egiziana.
I genitori di Regeni sono voluti intervenire su questa vicenda: “Auspichiamo che ci sia per Zaky una reale, efficace e costante mobilitazione affinché questo giovane possa essere liberato senza indugi. Chiediamo alle istituzioni italiane ed europee di porre immediatamente in essere tutte quelle azioni concrete mai esercitate per salvare la vita di Giulio o per pretendere verità sul suo omicidio. Siamo empaticamente vicini ai familiari e agli amici di Patrick dei quali comprendiamo l’angoscia e il dolore. Noi sappiamo di cos’è capace la paranoica ferocia egiziana: sparizioni forzate, arresti arbitrari, torture, confessioni inverosimili estorte con la violenza, depistaggi, minacce. Patrick, come Giulio, merita onestà e determinazione, non chiacchiere imbarazzanti e oltraggiose”.
Ester Alma Romiti
(In copertina una foto dalla manifestazione di Bologna per “Patrick Zaky Libero”)