A differenza di tutti gli altri articoli che sono solita urlare d’istinto, questa volta non ho intenzione di stigmatizzare né chi difende il premier Boris Johnson né chi invece vede in lui il classico inglese stereotipato – con la spina dorsale dritta, il labbro superiore irrigidito e quell’odioso ma straordinariamente affascinante accento pronunciato – che ha deciso di uscire dall’Europa sia politicamente che, a questo punto, anche sanitariamente.
Europei, facciamocene tutti una ragione. Dimostriamo che, indipendentemente dal legame economico su cui è basata l’Unione, non perderemo ciò per cui era un progetto così tanto bello, ossia l’umanità e la fratellanza che ci ha portati a 75 anni di pace: vediamo come va, spalleggiandoci sempre e comunque ed essendoci non solo per la nostra Europa, ma per tutti i cittadini del mondo, se ne avranno bisogno (un sogno per ora ancora irrealizzabile).
Molte famiglie perderanno i loro cari
Molte famiglie perderanno i loro cari.
Boris Johnson
Senza ombra di dubbio, questa dichiarazione è davvero forte e negativa. Perderemo i nostri cari, è vero. Alcuni di noi li hanno già persi, alcuni di noi li stanno perdendo. Il virus ha messo alla prova non solo i governi che cercano in qualsiasi modo di contrastarlo, ma soprattutto le persone e il loro modo di prepararsi, di reagire.
È difficile prendere decisioni per il bene del tuo paese, è difficile scegliere tra cercare di salvare più persone possibile, chiudendo tutto e distruggendo forse l’economia della tua nazione, o cercare di salvare l’aspetto economico lasciando che la vita prosegua come sempre, sacrificando però molte vite umane. È difficile guardare in faccia una persona in particolare e dirle guarda, tua mamma deve morire per favorire la selezione naturale che ci porterà a sviluppare gli anticorpi necessari a debellare questo virus senza far crollare l’economia.
È nettamente più facile prendere una decisione così importante senza guardare negli occhi nessuno, per non scoprirne la disperazione, la rabbia e l’incredulità. Ma nessuno, per il momento, può dire che sia la cosa sbagliata da fare. Non sappiamo cosa sia giusto fare, e soltanto il tempo ci dirà chi aveva ragione – i cinesi che hanno stroncato sul nascere il problema con un regime di quarantena inflessibile, gli italiani che hanno istituito una quarantena un po’ più morbida, i francesi che vogliono “puffare” il virus con degli assembramenti in cui ci si dipinge la faccia di blu, o gli inglesi che sperano di evitare al loro paese un collasso economico cercando di acquisire presto gli anticorpi.
È difficile per me, che sono una ragazza che non riesce a non vivere a pieno le proprie emozioni verso se stessa e verso gli altri, parlare di argomenti così freddi e metallici come l’apparente scelta fra economia e popolazione, salvare la vita o salvare il paese, ma il paese che tanto ci sta a cuore è formato dalla popolazione, quella popolazione composta anche da liberi professionisti che dopo due settimane di quarantena devono necessariamente lavorare altrimenti muoiono, diversamente, ma lo stesso.
Prima dell’Inghilterra cosa migliorare in Italia
A chi a questo punto può forse aver frainteso la natura di questo articolo, dico che non sto difendendo il modo in cui la Gran Bretagna ha deciso di fronteggiare il problema, perché tra i diritti umani il diritto alla salute è uno dei più importanti, ma vorrei solo far capire che nemmeno l’isteria di massa a cui siamo stati sottoposti in questo periodo (i medici di riferimento di Johnson hanno suggerito una strada, i nostri infettivologi quella opposta) è d’aiuto, e di sicuro, per quanto fieri del nostro splendido paese, anche noi abbiamo ancora molto da imparare.
In alcune zone d’Italia i pediatri che fanno ambulatorio (che stranamente non è stato sospeso dopo questa emergenza di quarantena in cui comunque le mamme si ostinano a portare i bambini al secondo giorno di febbre in ospedale) non hanno nemmeno ricevuto la mascherina filtrante, ma solo quella normale, che in parole molto povere non serve quasi a niente se non a tranquillizzare o agitare la gente.
Alcune sale operatorie di Bologna sono state chiuse soltanto ieri, ma il punto su cui vorrei soffermarmi di più, da adolescente che vive sui social, sono gli influencer che senza avere nessun tipo di titolo, diffondono notizie sentite da internet e sui telegiornali reinterpretate dalla loro intelligentissima – e a quanto pare laureata in medicina- persona.
A ognuno il suo spazio di competenza
In un clima di opinioni oscillanti che seguono la massa, la cosa più giusta da fare è informarsi senza scatenare il panico, e, con tutto il rispetto del mondo, che Eleonora Gaggero o chi per lei metta su Instagram la testimonianza di un’infermiera che parla di quanto sia tragico vedere le persone morire consapevoli, lucide e soprattutto sole (ovviamente è così) e che Chiara Ferragni continui a incitare tutti a stare a casa parlando di quanto “la situazione stia gravemente degenerando perché le sale di rianimazione non bastano” e il virus “It’s not a fucking flu \ Even young adults are dying”, non aiuta per niente, se non ad alimentare un’isteria e una paura collettiva che ci spinge sempre di più al collasso.
A questo punto abbiamo colto, e chi ha voluto capire che per la sicurezza generale è meglio stare a casa propria e non uscire per nessun motivo se non strettamente necessario, ha capito. Ma – aggiungo la mia inutile opinione a tutte le inutili opinioni di gente che non è chiamata a esprimerle perché non è competente – sarebbe meglio che le comunicazioni importanti, le uniche comunicazioni che servono, fossero solo da parte della Sanità e del Governo.
Soprattutto se, quando apro Instagram, vedo Fedez e la Ferragni – che forse pensano di essere gli unici ad avere a cuore l’argomento – indignarsi perché c’è gente che va a correre la mattina, cosa che è permessa dal decreto se effettuata in sicurezza. Il fatto che ci sia gente che crede di poter giudicare gli altri anche in base a cose non vietate quando la loro casa è uno spazio di 300 mq con terrazza e palestra interna, beh, fa già ridere così.
In conclusione
La scelta del premier inglese, che forse sta già cambiando idea, è pericolosa per qualsiasi popolo diverso dagli Spartani: è crudele, spiazzante, dura; che sia questa scelta, la nostra o un’altra ancora, chi morirà si sarà sacrificato per quelli che ce la faranno, e quelli che ce la faranno piangeranno chi invece non ce l’avrà fatta, in ogni caso, augurandosi che sia stata la strada giusta e che tutto non sia stato inutile.
La mia non è rassegnazione, ma solo consapevolezza che è stato così in passato e, qualsiasi sarà il modo di affrontarlo nel presente, questo è lo scenario che ci dobbiamo aspettare. Per questo, che sia Europa o no, Mondo, a dispetto del Corona uniamoci ancora di più.
Elettra Dòmini
Per approfondire, l’articolo Mai più a casa, di Clarice Agostini: