
L’italiano è una lingua complessa, ricca di regole e forse per questo così bella e affascinante. Molte di queste, tuttavia, si dimenticano, altre non vengono proprio insegnate e la moda della lingua “settentrionale” non ha fatto altro che torturare il suono delle parole, i loro significati e il loro corretto utilizzo.
Gli errori più frequenti
- Ad esempio, in italiano i plurali delle parole di provenienza inglese non hanno la –s finale, per cui Vasco Rossi ha incontrato i suoi fan e non i suoi *fans e dunque si dirà anche ho postato il concerto nelle mie Instagram story (non *storys) oppure durante la conferenza sono intervenuti molti manager (non *managers).
- Le parole derivanti dal francese, invece, conservano la pronuncia originaria, per cui depliant, champignon, collant, mignon, cognac seguono le regole d’accentazione linguistica francese e si leggono depliànt, champignòn, collànt, mignòn, cognàc.
- Un altro aspetto, spesso ignorato, è quello dato da due fenomeni per cui molti costrutti ammettono la grafia sia scissa che univerbata. Ad esempio le forme a capo e accapo, da capo e daccapo, a ciò che e acciocché, se non che e senonché sono allo stesso modo accettate e corrette; eccezioni sono rappresentate da a fianco che prevede soltanto la forma scissa come anche d’accordo, o davanti o apposta che contano solo quella univerbata.
- Frequenti e diffusi sono i casi di rietimologizzazione errata. La parola *areoplano non esiste così come è sbagliato dire bisogna far *areare la stanza. *Areoplano e *areare nascono dalla forma metatetica di aria ma derivano dalla base latina aer-, quindi sono corrette le forme aeroplano e aerare; un analogo discorso va fatto per la parola meteorologo e non *metereologo.
La questione di “piuttosto”
Una parola oggetto di molti soprusi è piuttosto. A tutti dovrebbe essere noto il suo uso avversativo e comparativo e non disgiuntivo ma spesso, nel parlato quanto nello scritto viene adoperato con il significato di oppure anche da parte di figure piuttosto autorevoli. Piuttosto equivale a «o meglio» e indica “una preferenza accordata a un elemento rispetto ad un altro” quindi in una frase del tipo preferirei andare al cinema piuttosto che alla festa sta a significare che l’ipotesi del cinema è più probabile rispetto a quella della festa e che quindi non sono due alternative equivalenti.
Analogamente, ma in maniera opposta, in pochi considerano l’uso disgiuntivo di ovvero con il significato di oppure e non soltanto quello esplicativo equivalente a cioè.
Pronomi e congiunzioni
Anche i pronomi personali gli e loro, con la funzione di complemento di termine, si distinguono per singolare e plurale, ma molte volte il loro utilizzo genera fraintendimenti: in una frase in cui il complemento di termine è plurale deve essere impiegata soltanto la forma loro. Ad esempio vorrei regalare dei cioccolatini ai nonni diventa vorrei regalare loro dei cioccolatini. Quando, invece, il complemento è singolare, è corretto utilizzare gli: porta a Marco i miei saluti ovvero portagli i miei saluti.
- Quale così come tale non presentano l’apostrofo in quanto non si tratta di elisione (come avviene in po’ da “poco”). In questi due casi avviene un fenomeno detto troncamento dal momento che qual esiste come parola autonoma. Attenzione, però, perché scrivendo qual’erano, bisogna segnalare l’apostrofo poiché si tratta della forma elisa di quali.
- Qualcuno, ciascuno, alcuno, nessuno si comportano come l’articolo indeterminativo uno: per cui, davanti a nomi maschili che iniziano per vocale, qualcuno subisce un troncamento (es. qualcun altro), davanti a nomi femminili si verifica l’elisione (es. qualcun’altra).
- Qualunque è un indefinito che spesso introduce una proposizione relativa con sfumatura concessiva (es. qualunque sia la tua valutazione, io la accetterò) e a volte si associa a verbi al plurale (*qualunque siano le tue valutazioni, io le accetterò). In questa circostanza va bene l’utilizzo con verbi al singolare ma non è possibile, in alcun modo, l’accordo con verbi al plurale. La sola soluzione lecita è utilizzare l’espressione sciolta quali (che) siano le tue valutazioni, io le accetterò.
Espressioni particolari e curiosità
Altra espressione usata diffusamente a mo’ di locuzione avverbiale è settimana prossima/scorsa (es. Settimana prossima ci sarà la riunione). L’omissione dell’articolo determinativo davanti al sostantivo settimana è dovuto all’influenza delle espressioni avverbiali in cui si utilizzano i nomi dei giorni della settimana, come ad esempio giovedì scorso sono stato a Roma. Tuttavia l’espressione richiede, tanto nel parlato quanto più nello scritto, l’uso dell’articolo anche nel caso in cui l’aggettivo prossimo/scorso preceda il sostantivo: la prossima settimana concluderemo il progetto così come la settimana prossima concluderemo il progetto.
Una curiosità. Nel linguaggio burocratico è frequente ritrovare in calce la data secondo questa forma: Roma, lì 20 gennaio 2018. È bene sapere che lì nasce da un errore: si tratta dell’antico articolo determinativo maschile plurale li associato al giorno, quindi nella forma esplicita stava per Roma, (l)i 20 (di) gennaio (del) 2018. Successivamente, i fenomeni linguistici avvenuti nel corso del tempo hanno fatto sì che quel lì venisse interpretato come avverbio di luogo e tale forma errata si è conservata nella scrittura.
Sara Carenza
(In copertina Sven Brandsma da Unsplash)
Per approfondire: Guida all’uso ad un corretto uso della lingua italiana (un articolo di Sara Carenza)