Mi scusi Professore, in questi giorni vissuti all’insegna del Coronavirus mi permetta di spostare l’attenzione su una questione che la stampa sta a dir poco ignorando: il caldo in Antartide, potenzialmente molto più pericoloso di una malattia infettiva. Il 6 febbraio scorso le stazioni meteorologiche hanno registrato la temperatura più alta mai riscontrata nella parte settentrionale della penisola antartica: 18,3°C. Questo triste record è stato battuto la settimana successiva, quando la colonnina di mercurio ha superato i 20°C.
Il sito della NASA Earth Observatory ha pubblicato due immagini satellitari, risalenti al 4 e al 13 febbraio, il cui confronto mostra con chiarezza ciò che rivelano i dati scientifici: a Eagle Island tra il 6 e l’11 febbraio si sono sciolti 106 millimetri di neve, una quantità pari al 20% dell’accumulo stagionale. E a noi cosa dovrebbe importare? L’Antartide è lontana e il massimo che potrà succedere è la comparsa di nuovi isolotti rocciosi, come quello che i ricercatori hanno già individuato nei pressi di Pine Island. È così, Professore? Davvero non abbiamo motivo di preoccuparci?
Eppure la neve sta cambiando colore: si tinge di rosso a causa del triste fenomeno della watermelon snow. All’origine c’è un’alga, la Chlamydomonas nivalis, che germina solo a temperature miti. La neve rossa accelera lo scioglimento dei ghiacci contribuendo a un maggiore assorbimento del calore e a una maggiore perdita d’acqua da parte delle formazioni glaciali. E ancora, gli orsi polari si stanno mangiando l’un l’altro, giunti alla fine della loro lunga corsa alla ricerca di cibo. I ponti di ghiaccio che collegano le varie zone dell’Artide – all’opposto nel globo rispetto all’Antartide – si stanno sciogliendo, e a questa specie già a rischio non resta altra alternativa che il cannibalismo. Tutto questo a cosa è dovuto, Professore?
A non tutti piace il caldo, soprattutto in quelle zone del mondo dove il caldo non ha mai messo piede prima d’ora. L’emergenza climatica bussa alle nostre porte da anni, e nessuno è ancora andato a vedere di chi si tratta. Abbiamo già abbastanza problemi in casa e non abbiamo intenzione di accoglierne di nuovi. Solo quando le città costiere saranno sommerse, la siccità seccherà le coltivazioni, la terra esaurirà le sue risorse e l’acqua diventerà un bene di lusso, solo allora ci degneremo di rispondere al citofono. Saremo ancora in tempo, Professore?
Clarice Agostini
A non tutti piace caldo è il decimo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Clarice Agostini.