Ormai nessuno più lo ignora: il Coronavirus è arrivato in Italia, e ora il nostro paese è terzo al mondo per contagi. Se l’Italia pensava che i coniugi cinesi ricoverati da alcune settimane allo Spallanzani di Roma fossero due innocui casi isolati, ora i cittadini si devono ricredere; l’emergenza è attiva e tutti noi siamo potenzialmente soggetti al contagio di questo misterioso virus, appartenente alla famiglia dei Betacoronavirus e probabilmente lontano parente dell’agente infettivo responsabile della SARS e della MERS, due gravi infezioni respiratorie, diffusesi a più riprese dal 2002 al 2008 tra il Sud-Est Asiatico e il Medio Oriente.
Ma andiamo con ordine, ricostruendo la storia del coronavirus in maniera puntuale e precisa a livello cronologico.
Venerdì 21 febbraio
Siamo nella piccola cittadina di Codogno, in provincia di Lodi, Lombardia, ad appena 5 chilometri dal Po. Nel primo pomeriggio all’ospedale della cittadina, si presenta un uomo di 38 anni con febbre elevata e forti difficoltà respiratorie; gli viene effettuato il tampone e risulta positivo al Coronavirus: si tratta del primo paziente italiano ad aver contratto il COVID-19. Il paziente viene subito ricoverato in terapia intensiva: le sue condizioni risultano essere molto gravi e nel piccolo comune si scatena il panico. I medici frattanto vengono a sapere della moglie (portata per accertamenti sanitari al Sacco di Milano e anche lei risultata positiva al tampone) che il marito aveva cenato circa due settimane prima con un collega 41enne un dipendente della Unilewer di Fiorenzuola d’Arda, tornato dalla Cina appena prima che il premier Conte deliberasse il blocco dei voli dal paese asiatico.
Inizialmente si pensa sia un caso isolato, una banale coincidenza che non modificherà radicalmente e in così breve tempo la vita, all’apparenza tranquilla di questo piccolo paese della Pianura Padana. Con il passare delle ore però i casi aumentano, in maniera improvvisa, cancellando l’ipotesi che si tratti di un focolaio isolato. Si comincia dai comuni limitrofi: Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Castiglione d’Adda e Pizzighettone, tutti paesi della provincia di Lodi o della vicina provincia di Cremona.
Nel tardo pomeriggio arriva una notizia del tutto inaspettata e preoccupante: nel piccolo comune di Vo’ Euganea, in provincia di Padova, a circa 120 chilometri di distanza dall’area del Lodigiano e del Cremonese, un anziano di 78 anni, Adriano Trevisan, ha cominciato a manifestare gravi sintomi influenzali e notevoli difficoltà respiratorie. Portato nell’ospedale di Schiavonia risulta essere anche lui positivo al Coronavirus, ed in condizioni gravissime, viene ricoverato in terapia intensiva: si spegnerà poche ore dopo, intorno alle 23. I casi continuano ad aumentare in Lombardia e in Veneto, raggiungendo la soglia della ventina intorno alla sera del 21 febbraio.
Sabato 22 febbraio
Il giorno seguente si apprende la notizia del secondo decesso: si tratta di una donna di Casalpusterlengo, isolatasi volontariamente nella propria abitazione: il tampone, effettuato post-mortem, conferma il contagio da COVID-19.
La missione del Sacco di Milano, centro di riferimento del focolaio lombardo, si sposta sull’individuazione del paziente zero, ossia dell’individuo che per primo avrebbe diffuso la malattia nei comuni del Lodigiano e del Padovano. L’uomo di 41 anni, che aveva cenato con il “paziente uno”, non risulta essere il portatore del virus, in quanto risultato negativo al tampone, aprendo un ventaglio di ipotesi sulla reale diffusione del contagio.
A fronte dell’aumento dei casi positivi riscontrati, comincia a circolare l’ipotesi di sospendere le attività pubbliche di carattere ludico-ricreativo e scolastico nelle aree della Lombardia e del Veneto toccate dall’epidemia, misure di prevenzione che in serata vengono adottate sulla totalità del territorio regionale.
Vengono sospese o limitate alcune importanti manifestazioni pubbliche: la gara Ascoli-Cremonese di Serie B viene rinviata a data da destinarsi su ordine del prefetto di Ascoli, per evitare possibilità di diffusione della malattia sul territorio marchigiano, in seguito all’arrivo dei tifosi dall’hinterland della città lombarda. Successivamente il premier Conte, in comune accordo con il Ministro dello Sport Spadafora, dichiara il rinvio di 3 gare di serie A, da disputarsi il giorno successivo nelle regioni a rischio (Atalanta-Sassuolo, Verona-Cagliari e Inter-Sampdoria).
I contagi non si arrestano e toccano il culmine di 76 individui positivi ai test del COVID-19 in tarda serata.
Domenica 23 febbraio
Nel corso della mattinata di domenica si riscontrano 3 nuovi casi in Piemonte: uno di questi è il manager di un’azienda con una filiale nei pressi di Codogno, comune epicentro del focolaio. Il ministro Spadafora decide il conseguente rinvio anche della gara di Serie A Torino-Parma, mentre nel comune di Ivrea viene annullato il pittoresco carnevale, caratterizzato dalla caratteristica “lotta delle arance”.
Per quanto riguarda altri eventi di carattere pubblico, a Milano vengono adottate misure drastiche, nel tentativo di prevenire l’esposizione al contagio da parte dei residenti: le sfilate di moda previste in mattinata dalle note marche di abbigliamento Laura Biagiotti e Giorgio Armani vengono limitate alla sola diffusione televisiva, mentre vengono chiusi al pubblico il Duomo e il Teatro alla Scala.
La situazione in Veneto, parallelamente, non è delle migliori. Il governatore Luca Zaia, a seguito di nuovi casi registrati nel comune di Vo’ e alcuni contagi isolati a Mira, opta per una decisione drastica e clamorosa: l’annullamento dello storico Carnevale di Venezia, una delle manifestazioni pubbliche più importanti e più amate dai turisti.
Nel corso del pomeriggio l’epidemia continua ad allargarsi in maniera preoccupante fino a raggiungere la soglia dei 150 contagi; si registrano i primi casi nel bergamasco e viene comunicata la notizia di un terzo decesso per Coronavirus all’ospedale di Cremona.
Una settimana di incertezza
Nelle giornate di martedì e mercoledì la situazione si aggrava, con la registrazione dei primi casi in Alto Adige (1 caso), Sicilia (3 casi, tutti turisti di una comitiva proveniente dalla provincia di Bergamo), Liguria (11 casi), Marche (1 caso), Puglia (1 caso) e Campania (1 caso); il ritmo dei contagi cresce di giorno in giorno, certificazione che l’epidemia è solo all’inizio e che ben presto toccherà il suo picco; al momento attuale si registra una media di quasi 70 nuovi contagi al giorno.
Nel momento in cui scrivo quest’articolo la diffusione del virus sembra non fermarsi nelle aree interessate: già da alcuni giorni è attiva la quarantena obbligatoria, senza possibilità di uscita dalle aree comunali, a meno di permessi speciali, per i residenti di 11 comuni del lodigiano interessati dal focolaio lombardo e per il paese di Vo’ per quanto riguarda il Veneto.
Siamo arrivati a più di 400 contagiati, con un bilancio di 12 morti. All’estero sono già state prese notevoli misure di sicurezza per impedire l’arrivo degli italiani e di visitatori nel nostro paese. Siamo i cinesi d’Europa. La Romania ha bloccato i voli e l’arrivo di persone dalle aree del contagio, mentre l’Austria ha annunciato l’ipotesi di sospendere i collegamenti ferroviari con l’Italia, in attesa dello sviluppo della situazione. Un volo Alitalia è stato bloccato alle Isole Mauritius dalle comunità locali, che hanno imposto ai passeggeri il rimpatrio immediato o lo stato di quarantena fino a nuove disposizioni, mentre a Tenerife sono stati trovati 8 italiani positivi al Coronavirus in un hotel e le autorità locali hanno predisposto la quarantena per tutti gli ospiti.
Mantenere la calma
Oltre a ciò la paura del virus sta causando una psicosi senza precedenti nella storia del nostro paese; la direttrice del laboratorio di Microbiologia del Sacco di Milano Maria Rita Gismondo invita a non sottovalutare il virus ma allo stesso tempo a non farsi prendere dal panico, “C’è un bombardamento di notizie che fomentano la paura, c’è stato un lavaggio del cervello collettivo”.
Anche il presidente Conte e il ministro della Salute Speranza raccomandano calma e sangue freddo nell’affrontare questa malattia. “L’Italia è un paese sicuro, molto più di altri”, dichiarazioni alle quali fanno eco anche le parole rilasciate dalla portavoce dell’organizzazione mondiale della sanità, Stella Kyriakides, che elogia l’Italia per le adeguate misure di prevenzione intraprese e raffredda i bollenti spiriti dei media e di buona parte dei cittadini: “La mortalità del virus è pari al 2%, in Cina addirittura dell’1%, con forte incidenza percentuale di anziani e individui con patologie pregresse”.
L’allarmismo può essere giustificato, ma al momento va guardato il bicchiere mezzo pieno; non si può parlare ancora di pandemia sul territorio nazionale, dal momento che ogni persona attualmente contagiata risulta aver avuto contatti con l’area della provincia di Lodi o del comune di Vo’, ma l’isolamento delle aree colpite dal focolaio, nella situazione attuale, appare l’unica soluzione possibile per contenere la diffusione del virus in aree circoscritte e comprendere da dove è scaturita l’epidemia.
La prevenzione rimane la migliore arma a nostra disposizione contro il coronavirus, nell’attesa che l’epidemia abbia un decorso rapido e che nei paesi del Lodigiano e a Vo’ ci si svegli da questo lungo incubo.
Stefano Maggio
Per approfondire le conseguenze del Coronavirus:
Mi scusi Professore – Ogni scusa è buona, di Clarice Agostini