Sono passate in sordina, qualche giorno fa, alcune clamorose dichiarazioni rese dal boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano: questi, all’ergastolo per il suo coinvolgimento in diverse stragi di mafia, tra cui quella di via D’Amelio (fu lui, in particolare, ad azionare la bomba che uccise Paolo Borsellino e quasi tutta la scorta), ha sostenuto di aver incontrato nel 1993 Silvio Berlusconi a Milano, per affari.
Affermazioni prontamente smentite dall’avvocato dell’ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, che le ha bollate come “destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie “. Tale testimonianza, però, non fa che aumentare i dubbi circa i legami tra Berlusconi, figura notoriamente controversa, e la mafia, descritti con chiarezza nella sentenza del processo Dell’Utri. Ombre incredibili, per uno dei protagonisti indiscussi per vent’anni della scena politica italiana.
La sentenza Dell’Utri, e non solo
Marcello Dell’Utri, ex senatore e storico collaboratore di Berlusconi già ai tempi di Fininvest, è stato condannato in via definitiva nel 2014 a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Nella sentenza si legge che nel 1974 il futuro Presidente del Consiglio, timoroso per l’incolumità sua e della sua famiglia (erano gli anni di piombo), chiese e ottenne protezione a Cosa Nostra; Vittorio Mangano, già schedato dalle forze dell’ordine per la vicinanza alle cosche siciliane, fu così assunto come garante della sicurezza e gestore delle proprietà di Berlusconi, andando a vivere nella sua villa di Arcore. Dell’Utri fu il mediatore dei rapporti tra l’allora giovane imprenditore e i boss, consegnando loro, periodicamente, il compenso per l’attività di tutela.
Altre indagini ci forniscono ulteriori elementi interessanti: lo scorso settembre, infatti, è emerso che il leader di Forza Italia risulta indagato nell’inchiesta sugli attentati del 1993. Più di un mafioso lo ha annoverato tra i cosiddetti “mandanti occulti” di tali stragi, nell’ambito della trattativa stato- mafia: tra questi, Giuseppe Graviano.
Cosa ha detto Graviano
Proprio Graviano, interrogato nel processo “Ndrangheta stragista“, ha recentemente rilasciato dichiarazioni molto importanti. Il boss di Brancaccio ha sostenuto di aver incontrato Berlusconi nel 1993, insieme ad altre persone, per l’ingresso (in seguito fallito) di alcuni soci nelle società immobiliari del futuro premier: in particolare, a detta di Graviano, egli sapeva perfettamente del suo status di latitante. L’uomo in seguito ha continuato dicendo che il Cavaliere chiese “un appoggio in Sicilia” in occasione del suo ingresso in politica, e infine lo ha definito “traditore” per non aver abolito l’ergastolo.
Dubbi scomodi
Naturalmente tali affermazioni, non avendo riscontri oggettivi, sono tutte da verificare: ad ogni modo, non fanno che aumentare i punti interrogativi su un personaggio così importante per la politica italiana. La storia di Silvio Berlusconi è piena di lati oscuri: dal Ruby-gate al processo Mills, fino alla sua presunta affiliazione alla P2. I suoi rapporti con la mafia, tuttavia, sono un fatto gravissimo. Cosa Nostra, negli anni, ha assunto sempre più le sembianze di uno stato nello Stato, minando la credibilità dell’Italia e imponendo un altissimo tributo di sangue: è quindi inaccettabile che politici di questa caratura abbiano avuto contatti con tale realtà.
Ma ancora più grave è l’assordante silenzio di larga parte della stampa e degli schieramenti politici, anche fuori dal centrodestra. Un’indifferenza intollerabile per il nostro paese: la storia di una Nazione costituisce le sue fondamenta e, per il bene della sua vita civile e politica, è necessario fare i conti anche con le sue pagine più nere. Senza paura.
Riccardo Minichella
(In copertina immagine di radioradio.it)
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