Mi scusi Professore, conosce l’Istituto superiore Laura Bassi di Bologna? Si tratta di un liceo linguistico umanistico che quest’anno ha deciso di festeggiare San Valentino con un’assemblea d’istituto particolare: oltre alla tradizionale consegna delle rose, l’ordine del giorno del 14 febbraio recitava “Quanto è importante parlare di amore e sessualità nel 2020: miti da sfatare, tabù generali e tanta disinformazione“. Oltre alle attività organizzate da studenti, non è mancata la partecipazione dei docenti e di relatori esterni come Spazio giovani AUSL, rappresentanti del Cassero LGBTIQ+ Center e Croce Rossa.
Un programma vario e articolato che si snodava tra educazione sessuale, identità di genere, sessismo nelle scuole, pride e safer sex, argomenti tenuti insieme dal grande abbraccio dell’amore tra le persone – tutte le persone. Non lo trova interessante, Professore? Non trova che la trattazione di questi temi possa portare maggiore consapevolezza e rispetto verso le diversità? Se la sua risposta è no, allora potrebbe trovarsi d’accordo con le denunce avanzate da Stefano Cavedagna, portavoce nazionale del movimento giovanile di Fratelli d’Italia, poi riprese dalla capogruppo Giorgia Meloni.
A dare fastidio sono espressioni quali “gay sex education” e “sessismo“, la presenza di alcune drag queen, la distribuzione gratuita di contraccettivi – da parte della Croce Rossa, ci tengo a precisare – e, in testa a tutto, l’obbligo di partecipare ad almeno una delle attività. E chi non fa presenza? Dal momento che le assemblee di istituto fanno parte della normale attività scolastica, gli studenti erano tenuti a giustificare l’assenza. È la legge. Nulla di anomalo, mi pare.
Che cos’è allora che allarma tanto Fratelli d’Italia? Perché Cavedagna ha scelto l’espressione “dittatura del pensiero gender a scuola” per descrivere l’iniziativa del Laura Bassi? Cosa c’è di pericoloso in temi come Amore, Sessualità e Affettività? Mi sembra, Professore, che questa reazione aggressiva non faccia che fornire un’ulteriore prova che in Italia la sessualità e la diversità restano un tabù. Riguardo a ciò che si tace, inoltre, non può che esserci disinformazione: esattamente come hanno dichiarato gli studenti del liceo nell’ordine del giorno dell’assemblea.
È forse questo che fa paura, l’informazione? È proprio tra i banchi di scuola che si imparano il rispetto, l’amicizia e l’amore: conoscere realtà diverse dalla propria porta ad estendere il raggio di questi sentimenti. Che la destra estremistica abbia timore che il proprio clima d’odio e di discriminazione possa essere abbattuto? Che non abbia un’alternativa valida alla xenofobia – nel senso lato del termine, ovvero paura del diverso – per far valere le proprie idee?
Comprendere, accettare e amare non significa cambiare se stessi. È proprio per questo che l’assemblea del 14 febbraio tutto è tranne che una dittatura. A mio parere, sono due le principali caratteristiche di un potere dispotico: il monismo e la violenza. Il primo si dissolve non appena si crea un dibattito, un confronto a cui partecipano opinioni diverse. La seconda si genera dalla disinformazione. Non noto alcuna violenza nel dialogo, mentre non posso non vederla nelle ricorrenti notizie di insulti e pestaggi contro chi si identifica nella comunità LGBTIQ+.
Mi scusi Professore, mi permetto di fare un paragone che riconosco esagerato: Barbara Mazzali, consigliera alla Regione Lombardia per Fratelli d’Italia, pochi giorni fa ha difeso fermamente la proposta dell’assessora all’istruzione e al lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan, di introdurre la caccia tra le materie scolastiche. Prima di insegnare a uccidere non bisognerebbe insegnare ad amare?
Clarice Agostini
Dittatura gender è l’ottavo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Clarice Agostini.