Mi scusi Professore, lei ce l’ha Instagram? Anche Facebook o un qualsiasi altro social network dovrebbe andare bene per farsi una minima idea su quello che le sto per chiedere. Perché chiunque abbia navigato su Internet nelle ultime settimane non può avere ignorato la valanga di foto e post dedicati allo scontro tra Stati Uniti e Iran. Al posto delle notizie e delle fonti provenienti dai giornali, però, si è presto affermata, anche questa volta, la forma di comunicazione che spopola tra i più giovani: i meme.
Ne ho visti tanti, Professore, e ho riso della maggior parte di essi. Missili americani lanciati per sbaglio da Trump mentre parla con l’assistente vocale Siri, dita puntate contro la Germania “per abitudine”, Kim Jong-un che piange perché escluso dal conflitto. Video, immagini, disegni e chi più ne ha più ne metta.
Ci vuole fantasia, lo ammetto. Alcuni sono particolarmente simpatici, altri li definirei perfino significativi. Non dovrebbe però spaventare che, davanti agli albori di una catastrofe, le nuove generazioni reagiscano scherzando e ironizzando? Stiamo forse sminuendo la portata che avrebbe lo scoppio di un conflitto mondiale perché non abbiamo mai vissuto una guerra sulla nostra pelle?
L’esaltazione della guerra da parte dei giovani, per gran parte ignari o dimentichi del vero significato di ciò che stavano invocando, ha contribuito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Si può parlare di un fenomeno simile al giorno d’oggi? Sicuramente la tecnologia non stimola il nostro intelletto: più la realtà aumenta, più noi diminuiamo. Ci restringiamo nel microchip del nostro smartphone, nell’icona della nostra foto profilo, ci dimentichiamo di guardare il mondo direttamente e non sempre attraverso il filtro di uno schermo. La nostra ironia è però una reazione completamente negativa? È negazione, è menefreghismo, è ignoranza?
Non è piuttosto il nostro modo di approcciarci all’argomento, di affrontare il problema? Come dicevo, Professore, credo che sia ormai questa la principale forma di comunicazione della Generazione Zeta; di conseguenza, il fatto che il web strabordi di meme sull’argomento significa che esso non risulta affatto indifferente. Il mondo è dominato dai “grandi“, che hanno deciso e continuano a decidere per un futuro che non li riguarderà direttamente.
Credo, Professore, che i giovani di oggi possano sentirsi impotenti davanti a eventi che, probabilmente, non vogliono e non possono controllare. Non resta che scherzare e sperare che una risata porti più consapevolezza del completo silenzio.
Clarice Agostini
La guerra nell’era di internet è il quarto articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Clarice Agostini.