
“Arte è ogni attività umana regolata da competenze tecniche, precetti e regole e basata sull’esperienza e sullo studio. Il concetto comprende sia la nozione di mestiere, inteso come attività manuale frutto di esperienza e di pratica, sia di professione, intesa come attività lavorativa di tipo intellettuale”. – Lo Zingarelli 2012
In questa definizione di arte possiamo includere anche il medium videoludico? Possono i videogiochi essere considerati arte alla stregua della poesia, della pittura, della musica? Intorno a queste domande, nel corso del tempo, si è sviluppato un acceso dibattito tra due opposte correnti di pensiero: la prima, costituita prevalentemente da gamers, sostiene che i videogiochi siano arte in quanto uniscono in loro, come il cinema, scrittura, disegno e musica; la seconda invece asserisce che i videogiochi non siano arte perché il loro scopo principale è quello di divertire – e costituirebbero pertanto una semplice forma di svago.
Ma qual è la funzione dell’arte, che ruolo essa gioca nella società? Si può dire che il fine ultimo dell’arte sia quello di trasmettere o ricreare un’idea; senza l’idea non c’è – né ci può essere – arte.
Nell’arte, inoltre, sono presenti quattro elementi fondamentali per compiere il fine: l’artefice, colui che realizza l’idea; l’opera, ciò che trasmette l’idea; il mezzo, il modo con cui si costruisce l’opera; e infine il pubblico, che riceve ed elabora l’idea. Anche nei videogiochi sono presenti questi quattro elementi: l’artefice corrisponde allo sviluppatore o al team di sviluppo, l’opera al videogioco in sé, il mezzo alla console e il pubblico ai videogiocatori. Questa ripartizione, però, non è sufficiente per dare una soluzione al nostro quesito. Indaghiamo allora lo sviluppo storico dell’industria videoludica, nella speranza che questa ricerca diacronica si riveli ricca di risposte.
Da semplice intrattenimento a cantastorie
Il videogioco, in un lasso di tempo compreso tra i 50 e i 60 anni, si è evoluto, sia a livello tecnico che concettuale, ad una velocità repentina: infatti è nato “solo” nel 1961, quando sei ragazzi del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno creato Spacewar! riuscendo a far muovere a comando dei punti luminosi sullo schermo di un computer modello PDP-1.
Da quel momento in poi, l’evoluzione videoludica ha seguito di pari passo le nuove tecnologie: sono nati così i primi cabinati da sala, tra i quali i ben noti Space Invaders, Pac Man, Dragon’s Liar, Arcanoid, Centipede e il celeberrimo Donkey Kong, padre del futuro Super Mario. Ma ciò che ha permesso la diffusione su larga scala del videogioco è stata la nascita delle console domestica, come il Magnavox Odyssey, l’Atari e il Commodore 64.
L’epoca d’oro dei videogiochi è invece cominciata quando l’azienda giapponese Nintendo ha presentato al pubblico il Famicom, o NES: da quel momento le immagini in movimento non sono più state semplici poligoni e punti luminosi, ma vere e proprie figure complesse su sfondi ben definiti.
Con la nascita della prima Playstation e la possibilità tecnologica, nata in precedenza sul Nintendo 64, di creare non più videogiochi strutturati su livelli, ma su un unico mondo aperto, il medium è stato utilizzato in maniera ben diversa. Con la possibilità di aggiungere dialoghi, creare atmosfere più elaborate e caratterizzare i personaggi, hanno visto la luce le prime saghe non prive di una dimensione intellettuale al di là del semplice passatempo, come Final Fantasy, Metal Gear, Shenmue, Silent Hill, Resident Evil e Grand Theft Auto.
In questo modo i videogiocatori hanno potuto immergersi in storie diversificate tra di loro, in grado di scaturire emozioni grazie a personalità ben approfondite e oramai divenute iconiche: non si è più trattato di una semplice sfida di abilità, ma si è reso necessario aguzzare l’ingegno e riflettere sulle situazioni che, passo dopo passo, permettevano di addentrarsi in trame sempre più complesse. Per la prima volta il videogioco, da forma di intrattenimento, si è trasformato in un vero e proprio cantastorie, creatore di mondi in cui i protagonisti del racconto erano i giocatori stessi.
Il futuro su un gamepad
Negli anni più recenti il mondo dei videogiochi, grazie al suo sviluppo, ha permesso la nascita di una community composta da milioni e milioni di videogiocatori che hanno potuto condividere le proprie passioni, ma anche da aziende che hanno colto le potenzialità del mezzo. Infatti, con l’avvento del Wi-Fi e del gioco online, è stato possibile permettere a persone molto distanti di giocare tra loro, e conseguentemente si sono sviluppate le prime competizioni videoludiche che, seppur presenti già in passato, solo negli ultimi anni hanno acquisito grande popolarità.
I videogiochi potranno dunque mai entrare nell’olimpo dell’arte, al fianco di illustri e più antiche sorelle come la scrittura o la musica? Questo solo il tempo ce lo potrà dire. Quando smetteremo di considerarli semplici passatempi, e vedremo in essi prodigiosi veicoli di idee capaci di comunicare con un vastissimo pubblico, solo allora potremo davvero parlare non più di divertissement, ma di arte.
Leonardo Bacchelli
(In copertina foto di digitalskennedy da Pixabay)