Il silenzio con cui parte dell’aula ha accolto la proposta di istituire una commissione contro l’odio, il razzismo e l’antisemitismo, avanzata dalla senatrice a vita Liliana Segre, la dice lunga sulla via che da ormai troppo tempo ha imboccato l’Italia. Quale persona non porterebbe rispetto nei confronti di un sopravvissuto alla Shoah che fino alla fine della sua vita lotta per fare in modo che eventi del genere non si ripetano, che non dimentica e non vuole che gli altri dimentichino? Probabilmente, qualcuno che non ha mai saputo.
Il seme dell’ignoranza
Ecco come l’ignoranza influenza la vita di chi, privo di punti di riferimento e memoria storica, ondeggia tra un’opinione e l’altra, lasciandosi trasportare da sentenze che non può giudicare, criticare, comprendere. E accanto a coloro che si fanno abbindolare da queste parole vuote, c’è chi le pronuncia e le diffonde, consapevole o meno del male che sta producendo, delle mine che sta disseminando nella società.
Nella moderna realtà frammentata e incoerente, dove ognuno pensa a se stesso ma vuole controllare le vite degli altri, solo la rabbia e l’odio possono tenere insieme le coscienze individuali che altrimenti si smarrirebbero al cospetto di una scheda elettorale. Non a caso, Hitler stesso ha riconosciuto che “l’odio è l’unica emozione che non vacilla“. Perché quando il germe dell’intolleranza si forma nella mente di un uomo, in poco tempo ne avvolge ogni pensiero, ogni senso, ogni sentimento.
Alimentato dall’esterno e dall’interno, come edera rampicante stringe l’esistenza dell’uomo in una morsa di insoddisfazione, vendetta, rabbia ed egoismo. L’esasperazione di un individualismo che porta a credere che solo il proprio io abbia un valore, un sentimento autoreferenziale che diffida delle opinioni altrui, soprattutto di quelle che propongono una visione alternativa del mondo. L’odiatore si rifugia così tra i suoi simili, e le azioni degli uni finiscono per fomentare quelle degli altri. Insieme si sentono forti, invincibili, perché possiedono un’arma che sa ferire le persone nel profondo delle loro anime.
Il nemico dell’odio
Eppure, radicati nei loro valori, sanno che l’unico modo che possiedono per sopravvivere è diffondere il loro odio nei cuori degli altri, per fare in modo che questa reazione a catena non si interrompa. E sanno che questa loro opera di diffusione è minacciata dalla cultura. E così ostacolano ogni scintilla di sapere, iniziando con l’opporsi a ogni iniziativa di condivisione della consapevolezza e passando poi a bruciare librerie.
La loro paura è palpabile, ma credono di poterla nascondere dietro a un dito. Se ne sono convinti perché nessuno fa nulla per fermarli. O meglio, qualcuno ci prova, qualcuno che ne ha passate così tante nella vita da non aver più paura di nulla. Ma non tutti sono disposti a finire sotto scorta pur di far valere i propri ideali. Non tutti riescono a sopportare insulti e minacce, anche se i mittenti non hanno neppure il coraggio di uscire dal quasi anonimato del web, di mostrarsi nella loro natura corrotta.
Spezzare la catena
Degli odiatori seriali, così come sono stati definiti, non devono spaventare le minacce in sé, ma il potenziale che ogni frase, ogni post racchiude: una mina vagante che può allungare la catena di un ulteriore anello. Ormai questi anelli sono molti, troppi, e così spessi che romperli risulta difficile anche per chi, come la Segre, ha ancora il coraggio di alzarsi in piedi e guardare l’odio negli occhi.
L’unico modo per spezzare la catena è costruirne una ancora più lunga e solida, tenendosi per mano e arginando l’ondata di intolleranza che rischia di travolgerci tutti. È questo un appello che ha molteplici destinatari: l’Italia, il mondo, l’umanità intera; quella passata che ha vissuto realtà migliori, realtà peggiori, contesti di pace e contesti di guerra, climi d’amore e climi d’odio; quella futura che, se continuiamo così, non avrà più scelta tra le due alternative.
Clarice Agostini
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