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Il Nuovo l’Antico – Quartetto Noûs

Quartetto Nous

Bologna è sempre stata una città profondamente legata alla cultura; una cultura in alcuni casi ancorata alla sfera dell’arte, in altri declinata attraverso le molteplici visioni del teatro e dello spettacolo, in altri ancora raccontata tramite romanzi o conferenze sul mondo antico, oppure filtrata dallo specchio della musica.

La sera del 18 settembre Giovani Reporter ha avuto il piacere – e di certo anche l’onore – di assistere al primo appuntamento della rassegna “Il Nuovo l’Antico“, promossa da Bologna Festival e eseguita all’interno della splendida cornice dell’Oratorio di San Filippo Neri. Il programma del concerto spaziava dal neoclassicismo moderno di Paul Hindemith alla dodecafonia di Alban Berg, con in mezzo le brevi Sei bagatelle di Anton Webern e l’Omaggio ad András Mihály, di György Kurtág. Gli artisti chiamati sul palco, invece, erano i componenti del Quartetto Noûs, che deve il suo nome al termine greco νοῦς, allo stesso tempo “mente”, “ingegno” e “ispirazione”: Tiziano Baviera, Alberto Franchin, Sara Dambruoso e Tommaso Tesini.

Apologia del quartetto 1

Il concerto faceva parte del progetto “Apologia del Quartetto” che, come l’ha definito il suo stesso curatore Mario Messinis, consiste in “un ciclo dedicato ai quartetti d’archi dalle Avanguardie storiche del Novecento a oggi“. Caratteristica che si vede tantissimo nella scaletta di questo primo appuntamento, apertasi con il Quarto Quartetto opera 32 (1923) di Paul Hindemith, simbolo stesso del tramonto del neoclassicismo, dove la crudezza politonale che caratterizza le composizioni dell’artista, in un certo senso avvicinabile alla tradizione di Bach e Mozart e contemporaneamente alla dodecafonia di Schönberg, costruisce un tentativo di definire una tecnica musicale originale e innovativa, in un mondo che era appena uscito dalla Grande Guerra e si avviava inesorabilmente verso le tenebre del secondo conflitto mondiale.

Risalgono a pochi anni prima, più precisamente al 1914, le Sei bagatelle opera 9 di Anton Webern, nelle quali il noto compositore austriaco in appena cinque minuti di musica riesce a condensare una tensione verso la purezza e una libertà espressiva notevoli, soprattutto se si pensa che anche il suo stile è stato fortemente influenzato dall’opera di Schönberg. Leggermente più lunghi – ma di pochissimo – sono i dodici microludi per quartetto d’archi facenti parte del già citato Omaggio ad András Mihály, composto tra il 1977 e il 1978 da György Kurtág, musicista ungherese la cui musica si può avvicinare in primis allo stesso Webern e poi al pianista Béla Bartók.

Ultimo nella scaletta – ma non ultimo nei fatti – il musicista austriaco Alban Berg, anche lui in un qualche modo riconducibile alla tecnica della dodecafonia. L’opera eseguita era la Lyrische Suite, composta nel 1925. Numerosi i riferimenti presenti in questa suite, tra i quali una dedica al direttore d’orchestra Alexander von Zemlinsky e il collegamento con il testo della poesia De profundis clamavi (tratta dai Fiori del male di Baudelaire), a corredo del movimento finale “largo desolato”; dove, tra l’altro è presente un’interessante citazione musicale al dramma Tristano e Isotta di Wagner.

Dopo l’applauso finale e l’inchino, il Quartetto Noûs ha eseguito un bis presentando un breve brano di Igor Stravinskij, per concludere degnamente un concerto dalla forte impronta neoclassica, controbilanciata dalle avanguardie mitteleuropee e dai più recenti contributi in ambito slavo.

Riferimenti:

A cura di Davide Lamandini, con la consulenza di Iacopo Brini.


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Sull'autore

Classe 2000. Mi piacciono le storie, qualsiasi sia il mezzo che le fa circolare o la persona che le racconta. Credo nella letteratura, nel tempo che passa e nelle torte al cioccolato per le giornate più tristi. Aspetto con impazienza domani e, nel frattempo, leggo, scrivo e traduco qualche lingua morta persa in un passato lontanissimo.
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