È ufficiale, Matteo Renzi è uscito dal Partito Democratico e ha finalmente annunciato la nascita di una nuova formazione politica. Un’operazione che era nell’aria da almeno un anno, vista la chiara incompatibilità tra la classe dirigente renziana e quella che si ritrova ora alla guida del partito. L’ex premier, ad ogni modo, ha precisato che con quella che lui stesso definisce “manovra machiavellica” non intende mettere in difficoltà la maggioranza ma renderla più solida ed efficiente.
Un partito nuovo
Si chiamerà Italia Viva e l’obiettivo sarà “parlare alla gente che ha voglia di tornare a credere nella politica” con particolare attenzione per i giovani e le donne. L’idea gli sarebbe venuta alla scuola di formazione Meritare l’Italia organizzata quest’estate dai comitati di Azione Civile, lanciati dallo stesso Renzi alla fine dello scorso anno. Qui racconta di aver incontrato “ragazzi bellissimi, che non meritano di diventare leader di corrente”. È per questo che ha deciso di abbandonare il PD, definito un “partito novecentesco e ostaggio delle correnti interne”. In Italia Viva, infatti, “non importa con chi stai ma che cosa proponi”. Per quanto riguarda invece il peso della nuova componente in parlamento si prevedono già da subito 25 deputati e 13 senatori, con la probabilità che il gruppo si allarghi ulteriormente nelle prossime settimane. Tra i nomi più noti occorre menzionare i due neoministri Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, il sottosegretario Ivan Scalfarotto, il vicepresidente della Camera Ettore Rosato, l’ex ministro e braccio destro Maria Elena Boschi, il deputato Roberto Giachetti e l’economista Luigi Marattin.
A chi gli chiede quali siano i temi su cui si impegnerà il nuovo partito nei prossimi mesi, l’ex premier cita innanzitutto lo stop all’aumento dell’IVA, previsto per il 2020, qualora il governo non riuscisse a trovare i venti miliardi necessari previsti dalle clausole europee di salvaguardia. Le parole chiave del partito invece saranno tre: “crescita, educazione e futuro“. E a proposito di futuro, Renzi si dimostra molto ottimista sulla tenuta del governo: “garantiremo che la legislatura arrivi almeno fino all’elezione del Presidente della Repubblica, nel 2022 “.
Il rapporto con il PD
Intervistato da Bruno Vespa a Porta a Porta, Renzi ha spiegato di non ritenere il suo gesto una scissione (perché “la scissione è un’operazione di palazzo”) ma una separazione consensuale volta a mantenere, pur nelle reciproche differenze, un rapporto stretto con il Partito Democratico di Nicola Zingaretti. Il senatore di Firenze assicura di voler evitare le polemiche con il neo segretario, eppure gli lancia qualche frecciatina: “Perché devo continuare a essere un intruso nella Ditta?”. E ancora: “Si riprenderanno nei prossimi mesi D’Alema, Bersani e Speranza ma lo faranno senza di noi”. Il riferimento è alle continue voci di dissenso che si levavano dalla minoranza durante il suo mandato da segretario. A suo dire, già a partire dalla campagna per il referendum costituzionale del dicembre 2016, il “fuoco amico” avrebbe sabotato l’azione di governo e sarebbe stato determinante per i risultati poco brillanti ottenuti dal partito degli scorsi anni.
Le reazioni degli ex colleghi ostentano una certa freddezza. Secondo il sindaco di Milano Beppe Sala “le ragioni politiche della scissione di Italia Viva sono difficili da comprendere” e sarebbero dettate dal preferire “un sistema che risponda direttamente a lui”. Ma anche altri ex collaboratori di Renzi stroncano la sua mossa; l’ex vicesegretario Maurizio Martina parla di “errore grave” e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci commenta così: “Non credo nei partiti personali e le divisioni portano sempre male, i sindaci popolari aggregano, non dividono.”
Federico Speme
(In copertina Matteo Renzi)
Il dialogo firmato da Federico Speme e Duilio Rega su Italia Viva: