
Dopo poco dall’uscita dello scorso album, Iridescence, il collettivo hip hop statunitense Brockhampton ha pubblicato Ginger, uno dei dischi più commerciali, probabilmente, fino ad ora, da ascoltare tutto d’un fiato.
Il pezzo di apertura della scaletta, solitamente fondamentale per capire la direzione del disco, è una NO HALO a base di beat gentile e arpeggio di chitarra acustica, intarsi di voci femminili e melodie riflessive. Una volta entrati nelle pieghe del disco, diventa evidente come Ginger riesca ad essere molto più coerente dell’episodio precedente. Non è un disco di banger, ma di mood. Mancano le GUMMY e le BOOGIE, certo, ma rispetto a SATURATION, di singoli-bomba qui l’accento è sulla maturazione. L’elaborazione del vuoto lasciato da Ameer Vann, che ha dovuto abbandonare il gruppo nel 2018, con tutte le problematiche sottese che ha portato a galla, è lontano dal suo compimento.
C’è una palpabile tinta dark che serpeggia lungo tutta la tracklist e che spesso si palesa in beat minimali, campioni haunted e synth distorti: è l’esaltante caso dell’assist tra la coda di ST. PERCY – un luminoso Merlyn (voce) su spigolosi bassi e coretti tagliuzzati – e l’attacco di IF YOU PRAY RIGHT (senza dubbio il singolo più riuscito insieme a BOY BYE, a mio parere), con un giro particolarmente inquietante prima che attacchi una banda di tromboni da marcia funebre grottesca.
Oppure le scarne crudités di HEAVENS BELONGS GO YOU e I BEEN BORN AGAIN, e anche quando le tinte diventano un po’ più morbide e riflessive l’urgenza di purificazione rimane ingombrante; è il caso della ballata r&b SUGAR o della seduta psicanalitica collettiva DEARLY DEPARTED (il video è eloquente). Esorcizzare una mancanza sembra essere il bisogno principe, sempre, sia essa quella dell’ex amico e compagno. Per quanto riguarda GINGER, BIG BOY e LOVE ME FOR LIFE non ho nulla da dire se non che sono pezzi ben riusciti, da ascoltare. VICTOR ROBERTS, ultimo brano dell’LP, è il più tranquillo, composto dal solo piano e voce.
Capitolo singoli membri della crew: se nella scorsa uscita lamentavamo un Matt Champion piuttosto insipido, a questo giro sembra essersi ripreso alla grande (strofa di NO HALO per credere) e insieme a Merlyn e Joba – quest’ultimo sempre capace di alternare una serie di registri – e di acconciature improbabili – è il mattatore assoluto del disco. Kevin Abstract sembra invece sempre più arroccato in una dimensione da curatore generale. Insomma, parliamo di un buon passo in avanti rispetto a Iridescence, che pur restava molto buono. Al quinto disco e con un Vann in meno, i Brockhampton restano comunque una delle band più interessanti in circolazione. Personalmente credo che questo, nonostante alcuni difetti, sia uno dei dischi più riusciti fino ad ora da loro pubblicati, il più orecchiabile e che sono riuscita ad ascoltare senza mai premere sul pulsante “pausa”.
Giada Corso