Dopo la California, la Siberia e la Spagna è stata l’Amazzonia a cadere sotto i colpi furiosi degli incendi dolosi che hanno investito le foreste di tutto il mondo, portando morte e distruzione. Si calcola, infatti, che siano andati a fuoco 72.000 ettari di foresta solo in Brasile nel corso dell’ultimo anno e che, di questi, la metà siano nella foresta amazzonica, che produce, grazie ai suoi alberi, il 25%dell’ossigeno.
Il dato più preoccupante è che gli incendi sono incrementati dell’83% solo quest’anno e di oltre il 700% negli ultimi quindici. Inoltre, secondo una prima stima fatta da uno studio brasiliano via satellite, nel solo mese di luglio, in Amazzonia, sono andati bruciati 2.254 chilometri quadrati di alberi, che corrispondono ad un incremento del 278% su base annua. Questa statistica, eclatante e sconvolgente, viene resa ancora più atroce dal fatto che si tratta della peggiore deforestazione che si sia vista in trent’anni.
Ma si sa, Jair Bolsonaro, ex generale dell’esercito ed esponente dell’ultradestra reazionaria e conservatrice, nonché trionfatore delle ultime elezioni in Brasile, (dove ha posto fine al governo quindicennale di Luiz Lula, già in carcere dopo essere stato allontanato per impeachment dopo essere stato condannato a venticinque anni di reclusione con l’accusa di corruzione), ha a cuore l’Amazzonia poiché la considera il fulcro fondamentale della costruzione dell’autostrada che porta dal Brasile al Suriname, come era stato promesso dallo stesso presidente in campagna elettorale, dove ha saputo fare leva su una comunicazione semplice e diretta, basata su concetti che sono arrivati al cuore della gente, in buona parte senza un grado di istruzione adeguato per poterlo contrastare.
Questo potere (quasi) assoluto lede la libertà della popolazione indigena, che si troverebbe così costretta ad emigrare, lasciando la loro terra. Il metodo di comunicazione, tanto becero quanto efficace, è stato denunciato anche da Democracia Abierta, un noto giornale online in lingua spagnola. Attraverso alcune slides, il giornale tende a sottolineare come Bolsonaro abbia grandi capacità oratorie, tali da manipolare le persone e poterle così rassicurare da ciò di cui hanno paura. Questo compito, poi, è ulteriormente facilitato da una comunità internazionale, che, seppur indignata, ha fatto ancora poco per l’Amazzonia.
Stando a Jonathan Watts, giornalista del The Guardian, si dovrebbe creare una campagna di sensibilizzazione e di impegno civile per contrastare questo scempio che sta creando una danno e una catastrofe da tutti i punti di vista, con finanziamenti in favore della tutela ambientale, come in parte è già stato fatto dalle ONG. Queste ultime si sono mosse con la creazione di un fondo, che viene finanziato attraverso donazioni del cittadino, il cui ricavato andrà direttamente alle associazioni impegnate in difesa della foresta amazzonica.A questo va aggiunto il pressing fatto dai paesi del G7 che si è tenuto recentemente a Biarritz.
Durante la riunione, dove, tra gli altri temi, si è parlato anche dell’Amazzonia, per la quale Emmanuel Macron ha auspicato una pronta soluzione per quella che ha definito “la nostra casa”. Ha, inoltre, auspicato per il Brasile l’intervento di una figura di rango istituzionale superiore rispetto a quella attuale, dopo gli insulti che la moglie aveva ricevuto sui social da parte dello stesso Bolsonaro e l’accusa, rivolta ai paesi membri del G7, di pensare solo al Brasile e non alle loro economie, salvo poi una frettolosa retromarcia fatta poco dopo.
Questo gesto lascia intendere una presa di coscienza di Bolsonaro, nonostante resti da capire il modo. Intanto, l’Amazzonia continua a bruciare, a causa di politiche suicide che hanno portato ad una catastrofe annunciata. E noi, impotenti, possiamo raccontarne solo la cronaca.
Gianluca Dozza
(In copertina “Cronaca di una catastrofe annunciata”, immagine di skeeze da Pixabay)