
Il kinetoscopio è il primo mezzo con il quale il grande pubblico si è relazionato comodamente alle immagini in movimento e al cinema: ideato da Thomas Edison nel 1888, consiste in una cassa con un oculare sulla sommità e una manovella che lo spettatore gira, facendo muovere la pellicola. Si tratta del primo mezzo di riproduzione video accessibile a tutti.
I kinetoscopi avevano caratteristiche molto simili alle sale cinematografiche odierne, caratterizzate da stanze di proiezione, pubblico e biglietto, ma potevano essere usati da solo una persona per volta. Grazie a questa invenzione Edison riscosse un discreto successo, iniziò a vendere i suoi apparecchi negli Stati Uniti e nel 1894 il kinetoscopio venne premiato a Londra durante la Fiera della Scienza, evento che diede visibilità alla sua invenzione e ne permise una veloce diffusione in Europa. L’apparecchio però, nonostante la sua popolarità e il nuovo medium che proponeva non esplose. La rivoluzione avvenne l’anno successivo, il 28 dicembre 1895, data in cui i fratelli Lumière mostrarono il loro cinematografo al pubblico con uno spettacolo a pagamento. Le proiezioni Lumière colpirono come mai nulla aveva fatto la cultura popolare diffondendo il nuovo proiettore a macchia d’olio.
A distanza di più di cent’anni kinetoscopio e cinematografo sono tornati a scontrarsi. Oltre alla televisione, l’unico mezzo di riproduzione video che non coinvolge necessariamente la visione collettiva sono i servizi di streaming: essi permettono, grazie a una libreria titoli vastissima, di guardare un film in qualsiasi luogo ed a qualsiasi ora senza doversi preoccupare di altri spettatori o limiti dovuti alle dimensioni.
Da molte statistiche è emerso che i giovani preferiscono le serie ai lungometraggi, affidandosi spesso a distributori privati, cosa che ha portato i produttori cinematografici ad adattarsi al metodo di fruizione più utilizzato. Infatti le serie non sono pensate per figurare in sala, ma per essere viste sul divano di casa propria. Questa è la differenza che c’è tra un film e un episodio di Black Mirror, lo dimostra il fatto che l’8 settembre 2018 Roma, film visibile al cinema e su Netflix, ha vinto il Leone d’oro del Festival di Venezia. La stessa cosa è successa con Sulla mia pelle, il film sugli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi. Entrambe erano opere di altissimo livello e la maggior parte degli spettatori le ha guardate da casa.
I metodi di distribuzione di Sulla mia pelle e Roma sono la prova del modo in cui Netflix sta cambiando il mondo del cinema, basti pensare al fatto che la piattaforma aveva scelto di non presentare i suoi film al festival di Cannes, dopo che quest’ultimo aveva deciso di vietare l’accesso al concorso ai film per i quali non erano state previste proiezioni in sala. Il festival di Venezia invece considera il valore del cinema a prescindere dal suo metodo di fruizione.
Due anni fa il suo direttore, Alberto Barbera, dichiarò: ”Per me il cinema rimane un’esperienza legata alla sala cinematografica, ma non possiamo far finta di non sapere che, con l’arrivo di nuove piattaforme, non si torna più indietro e i festival non dovrebbero essere obbligati a prendere una posizione netta con o contro qualcosa”.
Egli fu successivamente criticato da ANEC (l’Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori) e ANEM (Associazione Nazionale Editori Musicali), associazioni che difendono gli interessi del cinema tradizionale. Poco prima dell’inizio del festival di Venezia comunicarono che: ”Pur riconoscendo l’affermazione del direttore Barbera che in Francia esiste una legge che vieta ciò, le modalità di distribuzione condivise finora tra le categorie hanno permesso lo sviluppo complessivo dell’intera filiera; al contrario, novità introdotte unilateralmente sembrano orientate a perseguire esclusivamente gli interessi di breve periodo solo di una parte, a danno degli altri attori”.
Nel comunicato Netflix non venne citata direttamente, ma era chiaro che ANEM ed ANEC volessero che Venezia facesse come a Cannes. Alla conferenza stampa di inizio festival Barbera rispose dicendo: ”Non vedo ragioni per cui escludere dalla competizione del festival un film di Cuaron o dei Coen [The Ballad of Buster Scruggs] solamente perché prodotto da Netflix. In Francia la legge è diversa per quello che riguarda le window, per fortuna qui non abbiamo questi problemi”.
Dopo la vittoria di Roma al festival, è arrivato un comunicato, firmato da ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) e da FICE (la Federazione Italiana dei Cinema d’Essai) in cui le associazioni hanno chiesto che il prossimo anno il Festival di Venezia cambiasse approccio e accusandolo di essere “veicolo per il marketing di Netflix”, invitando il ministro della Cultura a imporre regole simili a quelle francesi.
Barbera ha risposto usando le parole del regista David Cronenberg, che durante il Festival di Venezia aveva detto: “Tutte queste polemiche di oggi sulle trasformazioni che il cinema sta subendo sono solo effetto di una nostalgia, è invece importante guardare avanti”.
Cinema e streaming sono due universi in continuo avvicinamento dal punto di vista tecnico, lo streaming è a detta di molti il futuro del cinema e l’unica evoluzione sensata che questo possa prendere, conveniente agli spettatori per fruibilità e costi e perfetto per i produttori vista la facilità di distribuzione, tuttavia continuano a mantenere le loro unicità comunicando tra di loro senza sovrapporsi, l’approccio e l’attenzione che si pone ad un’opera vista al cinema e una vista su un piccolo schermo compongono due tipi di esperienze completamente diverse, è questo a rendere impossibile la scomparsa delle sale di proiezione: finché i due prodotti saranno diversi nessuno potrà prevalere null’altro.