L’età e la malattia non avevano spento la sua voglia di fare cinema, con quel suo stile elegante e allo stesso tempo chiaro, incentrato sui protagonisti della storia, a volte aristocratici, a volte gli ultimi della società. Questo ed altro era Franco Zeffirelli: per lui, un film doveva quasi essere un confidente, o addirittura una moglie per lo spettatore. Una persona cara accanto a cui camminare, e che doveva condurre attraverso il racconto di storie antiche, ma quantomai attuali. Il suo modo d’intendere il cinema da oggi ci accompagnerà dall’alto.
Ripercorriamo dunque il passato e la storia di questa magnifica figura del cinema italiano. Franco Zeffirelli, nato a Firenze il 12 febbraio 1923, si laurea nel 1954 in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Successivamente cura due regie di opere liriche per la Scala di Milano, La Cenerentola e L’elisir d’amore, entrambe di Donizetti. L’anno successivo, invece, si occuperà della regia de Il turco in Italia di Rossini.
La collaborazione con il celeberrimo teatro milanese proseguirà anche nei primi anni Sessanta, quando curerà le regie di Le astuzie femminili (1960) e Lo frate innamorato (nello stesso anno). In seguito passerà a Venezia, dove dirigerà per il teatro “La Fenice” l’Aida di Verdi. La svolta cinematografica arriva nel 1966, quando dirige il documentario dedicato all’alluvione che devastò la città di Firenze, causando la morte di decine di persone. Nel 1968 dirige Romeo e Giulietta, per poi tornare alla regia teatrale, per la quale cura Cavalleria rusticana al Metropolitan di New York. Qui dirigerà anche l’Otello nel 1972, e a Vienna il Don Giovanni di Mozart. Queste opere fanno da contorno, nello stesso anno, al suo primo vero capolavoro cinematografico: Fratello sole, sorella luna.
Nel 1976 arriva il successo televisivo, con la direzione di Gesù di Nazareth. Seguiranno quindi Il campione (1979), Amore senza fine (1981) e Il giovane Toscanini (1988). Dopo numerose regie teatrali nel corso degli anni ‘90, tra le quali Amleto e Il trovatore, nel 1999 dirige Un té con Mussolini, incentrato sulla sua vita durante la seconda guerra mondiale. Più tardi, nel 2002, riceve il David di Donatello alla carriera, e dirige Callas forever, ispirato alla vita della grande soprano ellenica.
Nel 2004 la regina Elisabetta II lo fregia del titolo di commendatore al servizio dell’Impero Britannico. Nel 2007 dirige invece la prima de La traviata di Verdi, per arrivare all’ultima apparizione, nel 2012, con Pagliacci. Da sempre apertamente omosessuale, viene ricordato anche per le sue salaci critiche ai Gay Pride, che definiva “una strumentalizzazione dell’omosessualità greca e romana”. Da sempre accanito tifoso della Fiorentina, riservò commenti molto duri per la Juventus, acerrima rivale della sua squadra.
Franco Zeffirelli, in definitiva, è stato un personaggio a tutto tondo, dotato di poliedricità e versatilità straordinarie. Fu soprattutto capace di trasmettere uno sguardo quasi paterno allo spettatore, che si sentiva attirato alle sue opere come da un magnete. Uno sguardo di cui percepivamo già l’assenza, ma che da oggi ci mancherà un po’ di più. Ciao, maestro. Ora puoi inquadrare le nostre vite da lassù.
Gianluca Dozza