La nostalgia fa parte della vita come ne fa parte la memoria, della quale la nostalgia si nutre sulla scia dei ricordi che non dovremmo mai dimenticare, e che ci aiutano a vivere
Eugenio Borgna, La nostalgia ferita, Einaudi, Torino 2018
Che ci aiutano a vivere.
Sarebbe molto più conveniente concordare con il pensiero di Borgna e affermare che sì, i ricordi da cui scaturisce la nostalgia, quelli che “non dovremmo mai dimenticare”, ci aiutano a vivere. Ma, forse perché nella mia vita è uno di quei periodi in cui il dolore che scaturisce dalla nostalgia è così forte da annientare ogni tipo di buon proposito, forse perché all’età di diciannove anni si è ancora bagnati da quella simpatica stupidità che deriva dal non sapere ancora niente della vita vera, io non la penso così. Non voglio pensare, – non riesco a pensare – che la nostalgia ci aiuti a vivere. Proprio in tempi recenti ho avuto la poco piacevole rivelazione che la vita non è lo scorrere dei giorni. Quello che è passato non è passato. Quello che hai chiuso dentro un cassetto, torna fuori sempre. Per questo motivo esistono le rughe: troppe cose da gestire, troppe emozioni da contenere, come fossimo una gabbia che cerca di imprigionare la luce.
La nostalgia fa parte della vita. E non si parla di quella nostalgia che hanno i bambini quando sono lontani da casa, ma di quella che deriva dalla perdita di qualcosa, qualcosa di importante. Qualcuno. E sì, Borgna parla anche della memoria in relazione alla nostalgia, la definisce “la sua sorgente”. Penso che non ci sia nulla di più vero, penso che non ci sia condanna peggiore. La vita è sofferenza, immagazzinare esperienze, crescere con quelle brutali, quelle che segnano nel profondo un taglio così importante da modificare il tuo pensiero. È rendersi conto che non si è ciò che si vuole, cercare di cambiare. È continuare a inciampare su errori, nostri e degli altri, e soffrire, soffrire come cani. È qui che un ragazzino – anzi, non ho l’egocentrismo di estendere il mio pensiero a tutta la categoria dei ragazzi, che non hanno bisogno di ulteriori interpretazioni pseudointellettuali sulla natura del loro agire e pensare -, è qui che io mi chiedo: a cosa serve tutto questo percorso? A cosa serve soffrire con la consapevolezza che sì, si migliora, ci si forma, ci si costruisce, ma il mondo rimane lo stesso, non evolve, nonostante ogni singola persona stia seguendo il suo percorso di miglioramento personale?
Va bene, la vita è una gran fregatura e la memoria lo è ancora di più. Perché tutti gli errori, tutte le buone volontà finite nel cestino, tutte le possibilità perse, tutte le inutili lotte contro il cambiamento per mantenere il rapporto con una persona speciale, tutto, è dentro di noi. Allora forse è tutto questo che ci imprigiona. E come si può, Borgna, continuare a vivere bene, vivere felici, godersi tutto ciò che ci si presenta con la consapevolezza che c’è qualcosa dentro di noi che ci può distruggere da un momento all’altro? Come posso vivere bene quando c’è qualcosa che mi fa stare male e che non posso eliminare? Quando c’è nostalgia, l’unica cosa che il tempo non trascina via con sé, l’unica cosa che deriva da ricordi belli e da ricordi brutti?
Non tutti sono così forti da imparare dai propri errori. Alcuni si soffermano sulla memoria, alimentano la nostalgia. E cosa c’è di più triste di chi alla fine della sua vita arriverà pieno di nostalgia per ciò che è stato e di consapevolezza che il periodo è passato e non tornerà più? Come ci si può rassegnare al buon vecchio “non essere triste perché è finita, ma sorridi perché c’è stata”?
Allora sì, concordo con Borgna, la nostalgia fa parte dell’esistenza, forse Schopenhauer la considererebbe una delle più grandi manifestazioni di attaccamento alla vita, voglia di vivere. E scaturisce dalla memoria dentro di noi; ma è davvero positiva una cosa che arreca dolore e che rimarrà in noi per sempre? Forse la risposta più comune a tutte queste domande è che per sentirci vivi, per mantenerci vivi, il dolore è indispensabile, è il motore della nostra volontà.
Ma come può anche solo esserci una soddisfacente realizzazione di me stessa, se sento che nel profondo mi manca qualcosa?
Elettra Dòmini