Cronaca

Il prezzo del latte in Sardegna

Sardegna, quante eccellenze e quanti tesori leghiamo a questa terra. Un’isola lontana, selvaggia, ricca di sorprese; un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e dove si rimane incantati dalla bellezza dei panorami che si manifestano ai nostri occhi: spiagge da sogno, mare cristallino, un immenso patrimonio storico, un complesso insieme di tradizioni secolari, dall’agricoltura e l’allevamento fino alla cultura popolare e al folklore; ma anche una terra minacciata, che vuole difendere le sue eccellenze e tutelare il suo immenso patrimonio; tra queste c’è anche la produzione del latte ovino e caprino, utilizzato per la produzione di deliziosi formaggi, come il pecorino e il fiore sardi, alimenti base di buona parte della straordinaria cultura gastronomica della regione. Un bene prezioso, che in quest’ultimo periodo è stato al centro di un dibattito molto acceso, un vero e proprio caos di natura sociale ed economica che nel giro di poco tempo ha captato le attenzioni del Governo giallo-verde e sul quale si prevedono in futuro sviluppi significativi.

Migliaia di pastori sardi, dai primi giorni di febbraio, per tutelare i propri diritti ed interessi in merito all’abbassamento del prezzo del latte ne hanno riversato litri nelle piazze e nelle strade dell’isola, latte che rappresenta il sangue, la linfa vitale di una terra che con questo prodotto tanto importante ha costruito non solo la propria eccellenza culinaria, ma anche una sua forte identità sociale. Le proteste sono state inizialmente isolate e limitate ad alcuni centri sparsi sull’isola, ma poi si sono allargate a macchia d’olio.

La ragione di questi tumulti è da attribuire al prezzo del latte, che, nelle ultime settimane, si è abbassato fino alla misera cifra di 60 centesimi al litro, una quota unitaria troppo bassa anche per coprire i costi di produzione minimi necessari per la realizzazione del prodotto; la causa di questo drastico abbassamento del prezzo sarebbe attribuita, secondo gli esperti di Confagricoltura, alla saturazione del mercato dei latticini e alla conseguente diminuzione dei prezzi per ridurre l’impatto fiscale.

I pastori hanno reagito con violenza e minacce, per difendere le loro posizioni in merito a questo delicato dibattito; nel corso dell’intero mese di febbraio si sono verificati episodi eclatanti in giro per l’isola: piccole aziende locali per la produzione industriale del latte sono state assaltate e migliaia di contenitori rovesciati; il culmine si è raggiunto qualche giorno fa, quando due uomini armati hanno intimato al conducente di un’autocisterna in viaggio su una strada del nuorese, verso il porto di Olbia, di accostare al margine della strada, sotto minaccia di armi da fuoco, per poi rovesciare l’intero contenuto, disperdendo a terra quasi 6 tonnellate di latte. In seguito a questo avvenimento il bilancio mensile è di quasi un milione di litri di latte dispersi per le strade, una quota che è destinata ad aumentare se non si attuano misure di controllo sull’analisi dei costi di produzione nelle piccole imprese sparse sull’isola.

I pastori e la delegazione Coldiretti della regione Sardegna si sono già recati inoltre a protestare a Montecitorio, per chiedere a gran voce una misura di controllo dei costi e dei prezzi più adeguata e più attenta; i diretti interessati hanno anche rivendicato l’adozione di un prezzo minimo d’acquisto del latte, pari a 70/75 centesimi al litro, tale da garantire una sufficiente retribuzione unitaria dei costi di produzione e mungitura del latte artigianale, effettuata dai pastori, che, stando al prezzo attuale, sarebbe pari alla ridicola somma di 5/10 centesimi al litro.

Le polemiche sono definitivamente esplose anche in un clima di forte incertezza, proprio alla vigilia delle elezioni regionali in Sardegna, dove la ridotta affluenza è stata giustificata anche dalla minaccia di boicottaggio sollevata dai pastori sardi.

Il crollo del prezzo del latte, oltre a mettere a repentaglio la sopravvivenza di molte piccole imprese che ne attuano tuttora la produzione artigianale, rischia di distruggere l’intero settore dell’allevamento sardo, per non parlare della ripercussioni a livello economico che molte famiglie rischierebbero di patire in seguito ad un ipotetico collasso della produzione, famiglie dove, da innumerevoli generazioni, il latte viene prodotto secondo tecniche tradizionali che per secoli hanno regnato e che gli garantiscono una qualità eccelsa e la sua classica genuinità; famiglie dove l’arte della sua produzione è diventata quasi un lavoro da certosini, un patrimonio artigianale da tutelare, non solo per ragioni economiche, ma anche sociali; un patrimonio che garantisce la coesione del popolo sardo e che ravviva ancora di più in loro l’amore per la propria terra e per le proprie tradizioni.

Stefano Maggio

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