Il personaggio di Peter Parker e del suo alter ego supereroistico, Spiderman, è ormai acclamato e riconosciuto in tutto il mondo come pilastro portante della storia del fumetto, e lo è stato fin dal suo esordio nel 1962, quando venne creato da Stan Lee e Steve Ditko. La sua figura ha inaugurato la fase dei “supereroi con super-problemi”, ovvero personaggi dotati di superpoteri, ma non invincibili, non predestinati, non già pienamente formati dal punto di vista psicologico: persone a tutti gli effetti, come tutte le altre, che devono ritrovare se stessi e capire quale sia il loro ruolo nel mondo, i cui problemi non si limitano solamente a combattere il crimine, ma si spostano anche nella vita quotidiana, ripercuotendosi a loro volta nell’attività sotto copertura.
Lo Spiderman protagonista di questo film non è però Peter Parker, che rappresenta comunque il motore degli eventi, bensì Miles Morales, appartenente all’universo fumettistico “Ultimate”. Miles è un ragazzino di origine afro-ispanica che vive a Brooklyn e che fatica ad integrarsi nel nuovo college in cui è stato iscritto e a mantenere alte le aspettative che i genitori hanno nei suoi confronti.
Una sera, quando si trova in una zona abbandonata della metro con lo zio Aaron Davis per dare sfogo alle sue ansie, viene morso – allo stesso modo di Peter – da un ragno radioattivo che gli conferisce dei superpoteri. L’indomani, quando si accorge di ciò che è successo, tenta di contattare lo zio ma, non ricevendo alcuna risposta, si dirige nell’antro in cui è stato la sera prima. Lì però lo attende qualcosa di inaspettato: Spiderman sta cercando di fermare Kingpin, leader malavitoso di New York, il cui obiettivo è aprire un varco dimensionale per ricongiungersi con la moglie e la figlia, perse entrambe molto tempo prima. Ad assistere il supercriminale c’è Green Goblin che, facendo sovraccaricare il varco, riesce a fermare Peter Parker, dando l’occasione a Kingpin di ucciderlo, ma non solo: per un attimo il portale è stato aperto e ha condotto nella dimensione di Miles altre versioni di Spiderman che formeranno con il ragazzo afro-ispanico un’improbabile, seppur solida, alleanza per fermare il villain.
Il film, diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman su soggetto di Phil Lord e Christopher Miller, è stato presentato con una clip dopo i titoli di coda del film di Venom, ed è stato molto acclamato dalla critica specializzata specialmente per quel che riguarda l’aspetto grafico, tanto che è candidato agli Oscar 2019 ed è già vincitore del premio BAFTA e del Golden Globe nella categoria “miglior film d’animazione”.
Lo Spiderman che è stato trasposto in questa pellicola si può considerare il più immaturo di tutti quelli che abbiamo conosciuto fino ad ora nelle diverse trasposizioni cinematografiche: infatti, ciò che cerca di trasmettere il film non è tanto la lezione “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, quanto piuttosto una vera e propria presa di coscienza che Miles deve attuare per prendere il posto di Peter Parker nel proprio Universo. Infatti, a differenza dell’Uomo Ragno interpretato da Tobey Maguire, ormai giunto in un’età matura; o quello di Tom Holland, che ha già una certa dimestichezza con il proprio ruolo da vigilante; Morales ha paura dei suoi nuovi poteri e non sa come gestirli, fa fatica a entrare nell’ottica che il dono ricevuto dal morso del ragno non lo rende invincibile e che a ciò che ha a disposizione va affiancata prontezza nel risolvere le situazioni più difficili.
Per quanto riguarda le versioni di Spiderman provenienti dagli altri universi, i personaggi sono stati scelti in maniera assai variegata e in modo tale che ciascun componente del gruppo fosse funzionale al completamento della missione per salvare New York da Kingpin: si spazia da Spider-Gwen, alter ego di Gwen Stacy nell’universo in cui non è stato Peter Parker a ricevere i super-poteri; a Peter B. Parker, dell’universo denominato Terra 616, ovvero la primissima versione di Spiderman creata nel 1962 da Lee e Ditko, e che, non a caso, funge da mentore per Miles. Inoltre, la coesistenza di più versioni è stata fatta per cercare di elevare la figura del supereroe: l’Uomo Ragno non è semplicemente un’alter ego, ma una vera e propria identità che in ogni dimensione possibile ha il dovere di difendere gli innocenti e che qualcuno deve sempre interpretare.
Ma la parte che più ha ricevuto gli elogi sia dalla critica che dal pubblico è stata sicuramente la tecnica d’animazione con cui è stato realizzato il film: infatti lo stile si trova a cavallo tra il 2D e il 3D, con ritocchi che rendono la pellicola un vero e proprio fumetto su schermo, con tanto di onomatopee nel caso in cui è presente un rumore o un suono forte. Grazie al plauso generale, la Sony ha deciso persino di brevettare questa tecnica per film futuri: prima di tutto, gli animatori hanno costruito digitalmente il modello di ciascun personaggio e degli oggetti che fanno parte dello scenario e solo in seguito hanno disegnato le ambientazioni e gli effetti di ciascuna scena.
Insomma, ciò che i produttori del film hanno cercato di fare – ovvero dare una forma tutta nuova all’amichevole Spiderman di quartiere – è riuscito alla perfezione, raggiungendo risultati che possono tenere testa a un qualunque film della Disney o della Pixar. E ora non resta che aspettare la fatidica notte degli Oscar.
Leonardo Bacchelli