Ripercorrendo l’evoluzione dell’antisemitismo dalle sue origini alla soluzione finale, sorge spontanea una domanda: noi sopravvissuti, perché siamo tutti sopravvissuti, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo incolpare chi fra tanti ha accolto e accompagnato il male, o elogiare chi tra pochi è riuscito a riconoscere il bene?
Non ci siete riusciti
Prima di iniziare ad analizzare le origini dell’antisemitismo, mi sento in dovere di dire la mia su una questione stupida, una questione a cui è stata data fin troppa luce, ma una questione che, nonostante quello che cerchiamo di imporci e tutte le canzonette che possiamo raccontarci sull’essere pacifici proprio per non essere confusi con chi fa uso di violenza, genera violenza. Genera odio.
Riporta tutti questi nodi, che abbiamo creato tra noi, che stiamo cercando di creare tra noi con difficoltà e a volte incomprensioni, a semplici lacci di scarpe.
Sulla porta del Liceo Marco Minghetti di Bologna sono state trovate delle svastiche disegnate con del gesso. Stento a credere che questo sia il gesto di una persona colta, di chi dà peso a ciò che lo circonda, alle cose che studia, alla vita stessa.
Un simbolo – neanche fatto nel verso giusto – con un significato così grande, così terribile, appoggiato quasi distrattamente al portone di un liceo classico. Del nostro Liceo. Di una scuola che non è solo di chi la frequenta, ma di tutti quelli che hanno bisogno di sentirsi parte di qualcosa che sia di più di semplici parole di pace, di promesse di un futuro rispettoso.
Noi amiamo questa scuola, questa casa, come tutti dovrebbero amare il luogo in cui, per tutta l’adolescenza, crescono, imparano, odiano, piangono, amano.
E sappiate, voi che pensate di aver fatto un dispetto, di aver ferito l’orgoglio con del semplice e cancellabile gesso, che quello che avete fatto, il significato che sta dietro a un simbolo, non è cancellabile. Ha lasciato il segno per sempre, e sempre verrà ricordato.
Ma il Minghetti perdona. Perdona in nome di chi è morto in una camera a gas, in nome di chi ha vissuto gli ultimi attimi della sua vita guardandosi il tatuaggio di un numero sul braccio, in nome di chi è superiore e lo sa, di chi attraverso una disgrazia ha scoperto se stesso.
Perdona chi non ha mai aperto un libro e pensa di poter parlare, chi ha paura di ciò che non conosce, chi evita il bene perché sa che scegliendolo si soffre inevitabilmente, ma non ha capito che la sofferenza porta a una gioia ben più grande.
Il Minghetti, gli studenti, le persone, tutti noi, vi perdoniamo. Perché non c’è punizione più grande per qualcuno, che convivere con il vuoto che ha dentro.
Le origini dell’antisemitismo
L’uomo primitivo odia ciò di cui ha paura
Hermann Hesse
Sì, lo ha detto proprio dell’uomo che ha marciato sulla paura degli altri, che ha odiato più di chiunque altro.
Che cos’è l’antisemitismo? Si tratta di una vera e propria avversione nei confronti dell’Ebraismo, che si manifesta attraverso lotte e persecuzioni.
Nonostante io abbia deciso di riportare una citazione che ricorda la più attuale e conosciuta persecuzione ebraica, l’odio che buona parte del mondo ha nutrito verso gli Ebrei ha radici molto più profonde; e punto per punto, com’è già stato fatto abbondantemente – per questo c’è da meravigliarsi se nel 2019 ancora qualcuno sfugge alla cultura e all’evoluzione – andrò ad analizzarle (o forse, più probabilmente, sono e saranno sempre loro a giudicare e analizzare noi, nel corso della storia).
- “Hanno crocefisso Gesù”
Io non sono qui per giudicare chi ride davanti a un’affermazione del genere o chi ci crede. Così dice la chiesa cattolica almeno, e lo afferma fin dai tempi… beh, da molto tempo.
Di fatto, nel corso degli anni, il rifiuto degli ebrei di convertirsi al cristianesimo venne visto come una delegittimazione della validità della fede stessa – Ahia – e di conseguenza la chiesa cattolica ha alimentato questa convinzione per eliminare la concorrenza religiosa.
Mi asterrò da eventuali commenti riguardanti la mia posizione, come il fatto che il mondo inizierà ad essere un posto migliore non quando saremo tutti atei (la gente ha bisogno di credere in qualcosa di buono), ma quando ognuno potrà professare la religione che vorrà senza aver paura di essere bruciato su un rogo, esplodere o perdere seguaci.
Mi asterrò dal dire che fino a quando i seguaci non si perdono su Instagram possiamo stare tranquilli; che nemmeno le streghe si meriterebbero di essere bruciate sul rogo, visto che già cadono loro addosso case portate da trombe d’aria; che le esplosioni fanno paura ai cagnolini.
Non sono qui per dire che è vero, il periodo di antisemitismo si è concluso, ma le questioni di razzismo e imposizione religiosa esistono ancora, nonostante il mondo si sia evoluto (ma se tutto questo odio persiste, questa evoluzione può essere considerata una cosa davvero positiva? C’è davvero sempre Sviluppo quando avviene il Progresso?).
- “Sono responsabili della peste”
Si parla della peste nera del 1348, di origine misteriosa. Si fece strada un’altra convinzione popolare, già demarcata dalla prima, anzi due, che vedevano similmente gli ebrei come protagonisti, di nuovo: il diavolo stesso aveva deciso di mandare l’epidemia attraverso i pozzi per colpire gli ebrei, o la popolazione cristiana, che con loro non era stata abbastanza dura.
La stessa popolazione che credeva e crede tuttora nella Bibbia, il libro della Verità suprema, che però parla di amore e rispetto nei confronti del prossimo – “Amerai il prossimo tuo come te stesso”
- “Sono avari e usurai”
Fu Papa Innocenzo III a dirlo per la prima volta, al Concilio Lateranense del 1215, e subito dopo vietò qualsiasi tipo di associazione professionale tra cristiani ed ebrei.
Questo portò ad una reazione a catena, per cui si introdussero leggi civili e religiose che li costrinsero a rinchiudersi – sì, letteralmente, non c’è bisogno di giustificare il termine – in ghetti.
Questo condusse il resto della massa, e parlo di massa quando voglio indicare persone che prendono le decisioni per gradiente di concentrazione, a credere e diffondere la convinzione che gli ebrei volessero isolarsi per non integrarsi con il mondo cristiano occidentale.
Mi astengo dal dire che trovo particolarmente strano e sospetto che qualcuno non voglia essere incluso in una civiltà che perseguita le persone diverse. Si arriva al 1938, con l’emanazione delle leggi razziali. Questo è l’inizio della chiusura.
La soluzione finale
È così strano dover associare la parola legge ad imposizioni talmente difficili da rispettare, da concepire, come il divieto di camminare in una parte di strada, di entrare in un negozio, di un matrimonio. Qualcosa di incredibilmente complicato (o qualcosa di inconcepibile?).
E allora, dopo tutti questi avvenimenti, non si parla più di Antisemitismo, si parla del fatto che l’umanità, da sempre, cerca un modo veloce per sentirsi al sicuro, la certezza nell’ignoranza, il facile in una cosa così complessa come la vita e tutto ciò che racchiude.
Vuole controllo, un capro espiatorio in cui riversare la ricerca di un equilibrio anche apparente, di una tranquillità sicura che porta alla scoperta di qualcosa di marcio da eliminare.
Si parla dell’uccisione di una bambina che voleva fare la scrittrice; probabilmente di un bambino che voleva fare il medico; di una donna incinta; di un ragazzo che voleva sposarsi; di una vecchia che non ha visto la fine di un incubo; di un uomo che magari non ha fatto assolutamente niente di utile o commovente nella vita, ma il diritto di viverla lo aveva tanto quanto un atleta con gli occhi azzurri e i capelli biondi.
Tutto questo per un uomo. Nemmeno biondo. Tutto questo per un’umanità che gli è corsa dietro come con una pubblicità, senza pensare (perché se le cose si dicono con solennità e fermezza nel tono di voce, non possono che essere giuste).
Si è trattato di una retrocessione dell’umanità, che ha incendiato chiese e sinagoghe, che ha distrutto cimiteri, che ha bruciato dei libri.
L’umanità oscilla tra Bene e Male, Bontà e Cattiveria, Odi et Amo. E tocca a noi scegliere se condannarla o salvarla, se comprenderla, e accettare che l’errore faccia parte del nostro essere, e che possiamo solo imparare da questo, o censurarci, non rassegnarci ai nostri sbagli, perché crediamo di essere destinati a qualcosa di più.
Forse siamo veramente destinati a qualcosa di più. Ma questo non è che un invito a perdonarci e ripartire da qui. Abbiamo solo perso la via.
Elettra Dòmini
Scopri il percorso tematico La Memoria su Giovani Reporter
- “Abbiamo solo perso la via“, di Elettra Dòmini.
- “Le macchine del Reich“, di Elisa Ciofini.
- “Dentro un campo di concentramento“, di Matilde Boni.
- “Con gli occhi di una bambina“, di Federica Marullo.
- “E venne il giorno“, di Stella Mantani.
- “Si impara in fretta a chiudere gli occhi“, di Arianna Solmi.
- “Come è lunga la notte“, di Davide Lamandini.
- “Democrazia e populismo“, di Andrea Bonucchi.
- “Alle radici dei totalitarismi”, di Luca Malservigi.
- “L’ultima lezione di Hannah Arendt“, di Davide Lamandini.
La prima parte di questo articolo è stata pubblicata su @claxon minghetti nel numero di gennaio 2019.
Questo articolo è stato pubblicato anche su @tessere, in data 22 gennaio 2019.