L’inarrestabile ritorno del passato, la speranza in un futuro incerto, un gioco del destino, un amore proibito, la vendetta di una zingara e la gelosia di un conte; e, soprattutto, la dimensione del racconto, dove le vicende di streghe e cantastorie possono intrecciarsi e sfociare in un unisono collettivo. Il tutto circondato dalle atmosfere classicheggianti del Teatro Farnese e, fuori, quelle parmigiane delle pianure che furono ambientazione della vita del Maestro.
Anche quest’anno a ottobre ricorre l’anniversario della nascita di uno dei più importanti compositori del panorama operistico italiano, Giuseppe Verdi. E, come sempre, in occasione della sua memoria si tiene tra le città di Parma e Busseto il Festival a lui dedicato. A figurare nella locandina dell’evento è anche l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che già da diversi anni lavora in collaborazione col Festival Verdi e che per questa edizione ha portato in scena Il Trovatore, rappresentato ieri al Teatro Farnese di Parma nella versione in lingua francese – Le Trouvère. Debutta qui l’allestimento di Robert Wilson, mentre sul palcoscenico cantano nelle vesti dei personaggi principali Roberta Mantegna (Léonore), Giuseppe Gipali (Manrique), Nino Surguladze (Azucena) e Franco Vassallo (Le Comte de Luna), diretti da Roberto Abbado.
Dopo l’apertura del Festival giovedì scorso col Macbeth di Daniele Abbado, accolto con calore dal punto di vista del cast e un po’ meno da quello registico, e dopo Un Giorno di Regno, portato in scena venerdì a Busseto, ieri è stato appunto il turno del Trovatore. La reazione di fronte all’essenziale stile kabuki della ragia di Wilson è stata molto simile a quella manifestata di fronte a quella del Macbeth. Tuttavia i cantanti e l’orchestra sono stati abbondantemente applauditi. E, dopotutto, è innegabile il valore musicale di questa come di tutte le altre opere del Maestro.
Anni dopo la prima rappresentazione, basata sul libretto originale di Cammarano, Verdi riadattò Il Trovatore al libretto francese di Émilien Pacini per poter portare il melodramma anche all’Opéra di Parigi. Pertanto la particolarità e l’unicità dello spettacolo proposto sono dovute, oltre che alla lingua, ad alcune differenze rispetto alla versione italiana; motivi per i quali quest’anno è stata inscenata una delle versioni meno conosciute de Le Trouvère.
La trama dell’opera, ambientata in Spagna all’inizio del 1400, si risolve in quattro atti e circa due ore e mezza di spettacolo. I personaggi vivono nell’Altrove dei loro ricordi, dei loro desideri, dei loro racconti e vagheggiamenti, e tutti, in un modo o nell’altro, vengono travolti e trascinati verso il baratro dalla perfetta coincidenza di eventi in apparenza casuali: il fratello del Conte di Luna era stato rapito da bambino dalla zingara Azucena, che voleva vendicarsi sul padre. Costui infatti aveva mandato al rogo la madre della donna. L’intenzione della zingara era quella di uccidere il bambino; per sbaglio però lo aveva scambiato con il suo, e quando se ne era accorta ormai era troppo tardi. Per rimediare alla colpa la donna aveva allora deciso di allevare e amare come un figlio Manrico, appunto il fratello di quello che, al tempo in cui si svolgono gli episodi, è il Conte. Inoltre la donna promessa al Conte, Leonora, è innamorata di Manrico, che il Conte non sa essere suo fratello. Questa combinazione di fatti, dopo una serie di vicissitudini intricate, porterà alla morte sia di Manrico che di Leonora.
Il ritorno a galla della verità sull’errore di Azucena e sull’omicidio infantile, causa scatenante del moto vorticoso dell’opera, apre uno squarcio nella vita dei personaggi e sembra risucchiarli con la stessa violenza di una nemesi del fato. Chi è il colpevole? Sarebbe dunque stato meglio per tutti se Azucena avesse ucciso Manrico e non suo figlio? Il Conte non sarebbe stato accecato dalla gelosia e Leonora non sarebbe andata incontro alla morte; tuttavia non sappiamo nemmeno se ciò avrebbe risparmiato alla zingara i sensi di colpa. E in fondo, per quel che riguarda Manrico e la sua amata, non valeva la pena sacrificare la vita per quell’attimo di Altrove insieme? Non possiamo trovare una risposta. Ma le grandi opere d’arte non sono quelle che ci danno risposte, bensì quelle che ci lasciano spiazzati a riflettere di fronte al potere disarmante delle domande.
In ogni caso, Parma accoglierà repliche del Trouvère anche il 4, il 7, il 12, il 14 e il 20 ottobre. Per i prossimi eventi, fra i quali figura l’Attila diretto da Andrea De Rosa, il Festival Verdi si protrarrà fino al 21 ottobre: il programma è ancora ricco di occasioni di grande pregio artistico, per cui non ci resta che aspettare.
Elisa Ciofini