Cultura

Raccontare il sottosuolo – Dostoevskij e i labirinti dell’animo umano

Dostoevskij

Fëdor Dostoevskij, il più abile indagatore della natura umana nella storia della letteratura, è stato in grado di penetrare nel sottosuolo di desideri, ansie, emozioni viscerali degli uomini: miseria, solitudine, avidità, disagio, amore tormentato sono portati sulla scena dai suoi personaggi con un inquietante realismo. Una presa sulla realtà esito della personale esperienza di una vita inquieta e travagliata, a contatto con la violenza e la disperazione.


Fëdor Dostoevskij nacque a Mosca l’11 novembre 1821 ed ebbe una vita tormentata, dolorosa: molte furono le ombre che la offuscarono, poche le luci che la rischiararono. La sua terza moglie, la stenografa Anna Grigor’evna Snitkina, quando lo incontrò per la prima volta nel 1866, lo descrisse come infelice, abbandonato da tutti, offeso.

Quando andai via ero molto triste. Dostoevskij non mi era piaciuto, mi aveva lasciato un’impressione penosa.

Anna Grigor’evna Snitkina

E, in effetti, di difficoltà ne dovette affrontare tante, a partire da quando decise di sposarlo, lei appena ventenne, lui quarantacinquenne, lei appena affacciata sul mondo della gioventù, lui ormai vecchio, malato e assillato dai debiti di gioco. Lei una ragazza colta, moderna, desiderosa di libertà e indipendenza. Lui prostrato dalla convivenza con quelli che imparò a chiamare “demòni” del cupo sottosuolo che era il suo cuore.

Demoni come il genio artistico, che lo costrinse a mettere in secondo piano qualsiasi altro amore; come l’epilessia, il cui primo episodio si verificò dopo la morte del padre; come la dipendenza dal gioco, che prosciugò i suoi pochi risparmi; demoni come la solitudine, che lo accompagnò per tutta la vita, e dalla quale forse riuscì a salvarlo solo l’amore di Anna, conosciuta quasi per caso durante la stesura de Il giocatore.

Soltanto capendo e liberando questi demoni per imprigionarli sul foglio di carta riuscì a scrivere i suoi più grandi capolavori.

L’esperienza della prigionia

Se si analizzano le opere di Dostoevskij, ci si rende conto della netta cesura che divide la prima fase di scrittura dalla seconda: la differenza tra Le notti bianche e Delitto e Castigo, tra il periodo precedente alla prigionia e quello successivo.

Era la notte tra il 22 e il 23 aprile 1849 quando la polizia fece irruzione nel circolo socialista di Petrasevskij, che frequentava anche Dostoevskij, e ne arrestò i partecipanti. Lo scrittore venne imprigionato: l’accusa era di partecipazione attiva a una società segreta dagli scopi sovversivi. La pena, inizialmente fissata come condanna a morte, solo all’ultimo secondo, di fronte al plotone d’esecuzione, venne convertita in quattro anni di lavori forzati nella fortezza di Omsk, in Siberia.

Dostoevskij

Successivamente lo scrittore racconterà in Memorie da una casa di morti la disperazione di quegli ultimi dieci minuti, sul patibolo, in attesa dell’esecuzione, con la certezza assoluta della morte imminente.

La violenza della realtà nelle opere

L’esperienza fu devastante e lo segnò nell’anima per tutto il resto della vita, tanto profondamente che forse, senza di essa, non sarebbero mai nate opere come Delitto e castigo e L’idiota.

In questi due romanzi emergono chiaramente con forza gli elementi che caratterizzano l’intera produzione letteraria di Dostoevskij: l’interesse per gli aspetti più profondi della psicologia umana, il confronto con la miseria, il disagio dell’eroe moderno che si ritrova solo a dover combattere contro un mondo sempre più ostile e pericoloso dove le uniche dimensioni della realizzazione umana sono la ricchezza e il successo.

L’amore inteso come sentimento demoniaco, che spesso sfocia nell’ossessione e che si trova frequentemente al confine con l’odio. La solitudine che da sempre lo tormentava e che probabilmente non riuscì mai a sconfiggere definitivamente.

Dostoevskij

In quegli stessi romanzi vengono tratteggiati Principe Myškin e Rodion Romanovič Raskol’nikov, due dei suoi personaggi più famosi, che mostrarono la sua grande abilità nel capire l’intima essenza dell’uomo e rappresentarla nei romanzi non come semplici marionette nelle mani di Dio o del destino, ma come uomini e donne anticonformisti, vivi, padroni dei propri timori e dotati di passioni, talvolta anche violente.

Fu questo il sottosuolo di emozioni nascoste, impulsive, violente che imparò a tratteggiare per raccontare nei più minimi particolari la natura umana.

Davide Lamandini

(in copertina Perov, Ritratto di Dostoevskij. Olio su tela, 1872)


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Sull'autore

Classe 2000. Mi piacciono le storie, qualsiasi sia il mezzo che le fa circolare o la persona che le racconta. Credo nella letteratura, nel tempo che passa e nelle torte al cioccolato per le giornate più tristi. Aspetto con impazienza domani e, nel frattempo, leggo, scrivo e traduco qualche lingua morta persa in un passato lontanissimo.
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